Le mani dell’Iran sull’America Latina: Hezbollah, droni e basi segrete in Venezuela e Brasile
- Postato il 14 luglio 2025
- Di Panorama
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La presenza dell’Iran e del suo proxy Hezbollah non è una novità in America latina, ma adesso, con un Medio Oriente incendiato, minaccia di ampliare la sua influenza. L’allerta è alta nella regione che non ha mai dimenticato due sanguinari attentati degli anni Novanta. 1992: i terroristi sciiti distrussero l’ambasciata israeliana a Buenos Aires causando la morte di 29 civili. 1994: un furgone carico di tritolo esplose nel parcheggio dell’Associazione mutualità israelita argentina (Amia) e della Delegazione delle associazioni israelite argentine, portandosi via altre 85 vite.
«È possibile prevede un impatto propagandistico e un aumento del terrorismo», spiega a Panorama l’analista Emanuele Ottolenghi, senior advisor di 240 Analytics, piattaforma di elaborazione dati per identificare finanziamenti del terrorismo. «Sul fronte propaganda abbiamo visto un’imponente mobilitazione per la causa palestinese, dietro alla quale giocano un ruolo centrale alcune ong legate al regime iraniano e a Hezbollah. Lo vediamo chiaramente in Brasile, con l’esempio di Thiago Avila, il portavoce della nave salpata dalla Sicilia per Gaza, con a bordo Greta Thunberg e Rima Hassan il mese scorso. Avila collabora strettamente con fondazioni e ong legate all’Iran e al movimento islamico sciita libanese, è stato ospite pagato al funerale di Nasrallah e ha visitato l’Iran incontrandosi con esponenti del regime e di Hezbollah».
Secondo Ottolenghi esiste un sodalizio profondo tra queste ong e il movimentismo della sinistra radicale nella regione. «Sottolineando la lotta all’imperialismo, la difesa dei popoli oppressi, e altri temi cari alla sinistra, le reti di influenza iraniana si sono incuneate, come hanno fatto in Europa, nelle alleanze rivoluzionarie dei movimenti della sinistra radicale nella regione – essenzialmente sposandone le cause e presentandosi a sua volta come la loro causa. Un chiaro esempio è la simbiosi ideologica tra il chavismo venezuelano e la retorica rivoluzionaria iraniana, oppure l’uso di simboli ed eroi rivoluzionari comuni, come Chávez accostato a Qasem Soleimani», spiega ancora l’esperto.
Natalia Molano, portavoce in spagnolo del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, in un’intervista rilasciata al canale argentino NTN24 dopo la guerra lampo tra Iran e Israele ha dichiarato che «l’Iran è una minaccia globale» e che «il Venezuela ha relazioni molto strette con quel Paese». E ha aggiunto: «Invece di investire nel suo popolo, Teheran sponsorizza gruppi terroristici in tutto il mondo», inclusa l’America latina.
Tra i proxy, dicevamo, preoccupa soprattutto il fronte Hezbollah. Secondo il canale saudita Al-Hadath, circa 400 comandanti di questa organizzazione e le loro famiglie sono stati recentemente trasferiti in alcuni Paesi dell’America latina, tra cui il Brasile. Un tentativo di ristrutturazione del gruppo lontano dal Medio Oriente, che suscita timori per una nuova ondata di attentati.
«Con il recesso della minaccia convenzionale iraniana c’è da aspettarsi un ritorno di quella non convenzionale», mette in guardia Ottolenghi. «In America latina, Hezbollah ha importanti reti di traffici illeciti e contatti con organizzazioni criminali transnazionali. Molti membri del gruppo si sono trasferiti di recente nella regione, unendosi ai nuclei già esistenti. Il pericolo di attentati è di conseguenza aumentato». Da tempo sia loro sia l’Iran hanno inaugurato la strategia di contattare criminali locali per compiere attentati. Oltre al caso famosissimo dell’attivista iraniana Masih Alinejad, che tre criminali dell’Azerbaijan assoldati dall’Iran hanno cercato di uccidere a New York nel 2021, c’è anche quello più recente di due colombiani contrattati da un membro delle Forze Quds per uccidere diplomatici e imprenditori israeliani e statunitensi a Bogotà.
Quanto al Brasile, nel novembre 2023 la polizia federale ha smantellato, con l’operazione Trapiche, una rete guidata da membri di Hezbollah tuttora ricercati dall’Interpol: Mohamad Khir Abdulmajid e Haissam Houssim Diab. Entrambi avevano assoldato cittadini brasiliani per compiere attentati contro obiettivi israeliani in Brasile.
Ma la presenza dell’Iran in America latina è anche di natura prettamente militare. Un recente rapporto riservato ha rivelato la presenza iraniana presso la base aerea El Libertador, in Venezuela, dove è già operativa una fabbrica di droni per uso bellico. Ne sono stati identificati due, l’Ansu-600 (Mohajer-6) e lo Zamora V-1 (Shahed-131). Secondo il sito di notizie argentino Infobae, Teheran è interessato a venderli in tutta la regione con il rischio di accendere conflitti in aree già sensibili, come l’Essequibo, in Guyana, su cui il dittatore venezuelano Nicolás Maduro rivendica la sovranità. Ma parlando di droni capaci di percorrere più di mille chilometri, l’ipotesi di una guerra asimmetrica con gli Stati Uniti non è così fantascientifica.
A questa minaccia si aggiunge poi la presenza in Venezuela, dal 2020, delle Forze Quds: una divisione di intelligence militare delle Guardie rivoluzionarie iraniane (Irgc), sanzionate dagli Stati Uniti nel 2007 come gruppo terroristico per «aver fornito materiale di supporto ai Talebani e ad altre organizzazioni terroristiche». A rivelarlo è il quotidiano colombiano El Tiempo, che cita fonti secondo cui il regime chavista ha permesso all’Irgc e a Hezbollah di stabilire nel Paese basi operative «per installare una piattaforma geopolitica e per destabilizzare la regione».
«Queste basi includono centri di addestramento, comandi operativi e stazioni di comunicazione situati in installazioni militari venezuelane e in città strategiche come Caracas, Maracay e Valencia», ha dichiarato a El Tiempo una fonte dell’intelligence. L’informatore ha aggiunto che nel Paese sudamericano l’Iran «ha sviluppato un programma di addestramento militare e tattico per cittadini venezuelani e di altre nazionalità» e che agenti di queste nazionalità «sono stati inviati in Iran per ricevere un addestramento avanzato su esplosivi, guerriglia urbana e terrorismo. Questo trasforma il Venezuela in un laboratorio operativo che può essere esportato in altre regioni del continente».
E preoccupa anche l’asse Mosca-Teheran, che nel Nicaragua di Daniel Ortega potrebbe rafforzarsi. Il Paese da tempo è il principale alleato della Russia, che da qui spia la regione attraverso la stazione di controllo Glonass, il Sistema di navigazione satellitare globale, e con il centro di addestramento antidroga Russia-Nicaragua inaugurato nella capitale Managua nel 2017. Dopo la guerra di 12 giorni tra Israele e Iran, appoggiato dai russi, Ortega ha confermato il suo appoggio al programma nucleare degli ayatollah. «Tutti i Paesi dovrebbero avere le proprie armi atomiche» ha detto, facendo intendere di essere pronto a collaborare con il regime di Teheran. Un’ulteriore minaccia per l’intera America latina.