Le nuove rotte del terrore: l’Africa come motore finanziario dello Stato Islamico

  • Postato il 14 settembre 2025
  • Di Panorama
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Il Servizio di intelligence nazionale iracheno (INIS) ha annunciato di aver smantellato una rete finanziaria dello Stato Islamico (ISIS/Daesh) attiva in tre Paesi dell’Africa occidentale. I nomi degli Stati coinvolti non sono stati resi pubblici, ma i media iracheni hanno parlato di un’operazione senza precedenti, la prima di questo genere condotta dai servizi iracheni fuori dai confini regionali. Secondo quanto riportato dal quotidiano emiratino The National, l’azione si è conclusa con l’arresto di almeno dieci militanti collegati al gruppo jihadista. L’INIS ha spiegato che la rete svolgeva un ruolo strategico e trasversale: contrabbandava famiglie legate all’ISIS, forniva fondi alle cellule ancora operative in Iraq e sosteneva la pianificazione di attacchi terroristici in Europa. L’operazione, resa possibile dal monitoraggio dei canali di comunicazione tra questa rete e altri nodi collegati allo Stato Islamico, conferma come l’Africa occidentale sia ormai un crocevia fondamentale per i flussi finanziari e logistici dell’organizzazione. L’identità dei Paesi interessati resta riservata, ma gli analisti indicano come probabile il coinvolgimento di cellule legate alla Provincia dell’Africa Occidentale dello Stato Islamico (ISWAP). Oltre alla sua roccaforte in Nigeria, l’ISWAP mantiene presenze diffuse lungo la costa atlantica, capaci di offrire copertura logistica e vie di transito. Non è un caso che già alla fine del 2024 siano stati arrestati in Costa d’Avorio cittadini iracheni e siriani legati all’ISIS, connessi a una cellula parallela scoperta e neutralizzata in Madagascar. Entrambi i nuclei, come l’ultima rete smantellata, avevano un obiettivo dichiarato: la pianificazione di attacchi in Europa. L’emergere di collegamenti diretti tra le diramazioni africane e i progetti operativi in Occidente mostra un’evoluzione significativa. L’Africa non è più soltanto un teatro periferico di espansione jihadista, ma un hub in grado di influenzare la sicurezza del Mediterraneo e del continente europeo.

Il declino in Iraq e Siria

La crescente centralità delle filiali africane va letta alla luce della parabola discendente dell’ISIS nel suo nucleo storico. In Iraq, le operazioni del gruppo hanno toccato i minimi storici, ridotte a sporadiche azioni di guerriglia in aree periferiche. L’eliminazione, a inizio 2024, di Abdallah Makki Muslih al Rifai, meglio conosciuto come Abu Khadija, ha segnato un colpo durissimo. Figura di vertice riconosciuta come capo della Direzione Generale delle Province e membro del Comitato Delegato, Abu Khadija rappresentava il principale punto di raccordo tra i diversi fronti globali. La sua morte ha lasciato un vuoto di comando difficilmente colmabile, indebolendo la capacità di coordinamento del gruppo in Medio Oriente. In questo contesto, l’ISIS ha progressivamente delegato alle sue filiali africane il compito di alimentare il flusso finanziario e mantenere viva la rete globale. Una dinamica che rovescia lo schema del 2015, quando erano Iraq e Siria a finanziare le nuove province africane.

Il modello ISWAP: proto-Stato e criptovalute

Oggi l’ISWAP è considerata la branca più forte e strutturata del jihadismo africano. Non si limita a condurre azioni armate: amministra territori, impone tasse alle comunità locali e sfrutta le opportunità offerte dalle criptovalute e dalle piattaforme digitali. In questo modo raccoglie milioni di dollari ogni anno, risorse che confluiscono nei cosiddetti “uffici regionali” dello Stato Islamico. Uno dei più rilevanti è l’ufficio Al Furqan, situato proprio in territorio ISWAP. Questo organismo coordina l’invio di fondi verso il Sahel, il Nord Africa, il Sudan e altre aree del continente, oltre a sostenere nuclei in difficoltà in Medio Oriente. Il modello è replicato nell’ufficio Al Karrar in Somalia, che non solo finanzia le operazioni nel Corno d’Africa, ma contribuisce a mantenere attive cellule in Yemen, Afghanistan e persino in Turchia.Questa architettura finanziaria rappresenta un’evoluzione rispetto al passato: attraverso la diversificazione delle entrate e la redistribuzione controllata, l’ISIS è riuscito a proteggere le proprie strutture centrali dalle campagne militari che ne hanno devastato il cuore originario.

Implicazioni per la sicurezza europea

Il dato più allarmante è che queste reti non operano più soltanto in funzione di scenari africani. La pianificazione di attacchi in Europa, confermata sia dalle cellule smantellate in Costa d’Avorio e Madagascar sia dall’ultima rete colpita dall’INIS, mostra che il continente africano è ormai un trampolino operativo per colpire a Nord. L’Italia, insieme agli altri Paesi mediterranei, si trova geograficamente esposta a questa dinamica. Le coste africane occidentali, già teatro di rotte migratorie e di traffici illegali, potrebbero trasformarsi in corridoi utilizzati per infiltrazioni terroristiche. A ciò si aggiunge il rischio di un “riciclo di foreign fighters”: individui provenienti dal Medio Oriente che trovano rifugio e nuovi spazi di azione in Africa, mantenendo contatti con reti europee. Il caso dell’operazione condotta dall’intelligence irachena conferma la resilienza adattiva dello Stato Islamico. Pur sconfitto militarmente nel suo nucleo originario, il gruppo è riuscito a reinventarsi sfruttando i vuoti di governance e le fragilità strutturali del continente africano. Oggi l’ISIS appare come un’organizzazione decentrata, in cui le province africane non sono più satelliti periferici ma attori centrali, in grado di influenzare direttamente le dinamiche di sicurezza globali. Per l’Europa, questo significa che la minaccia non può più essere valutata soltanto sulla base dei fronti mediorientali. Occorre guardare all’Africa come a un vero e proprio epicentro strategico del jihadismo, capace di generare risorse, uomini e progetti terroristici con proiezione globale.

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Panorama

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