Leggere Primo Levi a Gaza: “In ‘Se questo è un uomo’ ritroviamo lo scarso valore della vita che si vede in Palestina”

  • Postato il 12 dicembre 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Gli arabi leggono Primo Levi per capire la tragedia della Striscia di Gaza. “I palestinesi spogliati dell’Idf, messi in fila per le strade di Gaza, ricordano quegli ebrei lasciati nudi davanti alle SS”. Per questo, ricorda Luay Abdul Ilah sulle pagine del quotidiano saudita as Sharq al Awsat, diventa importante leggere Se questo è un uomo, alla luce degli eventi nella Striscia. La riscoperta delle opere dello scrittore italiano, di origine ebraica, non è però qualcosa di nuovo: “Avevo questo libro da dieci anni”, scrive, ma “non ho mai trovato una sufficiente attrazione che mi spingesse a leggerlo”. Il motivo? “Forse l’illusione che lo sterminio su vasta scala degli ebrei in Europa, per mano dei nazisti tedeschi durante gli anni della Seconda guerra mondiale, appartenesse alla storia e non si sarebbe più ripetuto, vista la capacità di documentare ciò che accade nel mondo istante per istante”.

È forse dalla necessità di comprendere il presente che, nel febbraio 2025, è apparsa una nuova traduzione in arabo di Se questo è un uomo, pubblicata dalla casa editrice al Mutawassit, tradotto dall’accademico iracheno Gassid Mohammed, professore di lingua araba all’università Ca’ Foscari di Venezia. “È molto importante – sottolinea Mohammed al telefono con Ilfattoquotidiano.it – che questa opera sia stata pubblicata da un editore palestinese”. La casa editrice è stata fondata a Milano da un poeta palestinese, Khaled Soliman al Nassiry.

Ma il lettore arabo che cosa trova in Levi? “Sicuramente – spiega Mohammed – nella realtà descritta rivede molte somiglianze con le difficoltà e la poca considerazione del valore della vita umana che si sono viste anche nel mondo arabo, in Palestina e in altre parti del mondo”. In effetti, Levi rientra benissimo in quel filone della letteratura araba che si chiama adab al sujun, la letteratura delle carceri, in cui gli scrittori hanno descritto la loro esperienza carceraria. Su questo tema, sulle pagine di Al Hewar, quotidiano progressista arabo, lo scrittore Ahmad Saloum mette in parallelo il suo romanzo con Se questo è un uomo di Levi. “In un solo istante – scrive – possono convivere nella memoria umana due immagini opposte: il campo di Auschwitz, dove il silenzio inghiotte le voci, la fame divora i corpi e l’uomo viene spogliato della propria umanità fino a diventare un numero nella macchina della morte, e l’immagine di Gaza oggi, una città assediata che si trasforma in un teatro di genocidio trasmesso in diretta, dove le macerie ricoprono le case, i bambini vengono estratti da sotto le rovine davanti alle telecamere del mondo e il sangue diventa un linguaggio quotidiano che non ha bisogno di traduzione”.

Realtà lontane, anche a livello temporale, possono quindi convivere lasciando aperte molte domande. Leggendo Levi, Saloum, autore palestinese, si chiede: “Può l’essere umano restare umano davanti alla macchina dello sterminio, o la storia è condannata a ripetersi in forme sempre più crudeli?”.

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Il Fatto Quotidiano

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