Leone XIV si smarca sempre più da Papa Francesco, anche nella visita al Quirinale

  • Postato il 15 ottobre 2025
  • Di Panorama
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Sono tutt’altro che convenzionali le parole di Leone XIV al presidente Sergio Mattarella in occasione del loro incontro al Quirinale. Il Papa ha infatti parlato della bellezza della tradizione, dell’importanza della famiglia, della salvaguardia della vita umana sempre e comunque. Ha sottolineato inoltre l’importanza di difendere le radici culturali in cui affonda la vita di un popolo, contro la dannosa tendenza della cancel culture. Ha infine condannato la guerra e analizzato lucidamente i tempi difficili in cui viviamo, con rischi molto seri per la democrazia.

La visita al Quirinale ha offerto tuttavia non solo immagini istituzionali, ma una cesura sottile e profonda con il pontificato di Francesco. La netta differenza fra i due risiede nell’accento teologico, politico, rituale. Il profilo diverso emerge con chiarezza soprattutto quando il Papa si confronta con il potere civile italiano, con lo Stato, con la tradizione, con la memoria. Proprio come in questo caso al Quirinale.

Le identità di Leone XIV e di Francesco

Ricapitoliamo un attimo. Robert Francis Prevost è stato eletto l’8 maggio 2025. Un Papa americano, agostiniano, con lunga esperienza missionaria in Perù che lo ha formato nello spirito. Ha scelto il nome «Leone XIV», un richiamo esplicito a Leone XIII, al suo magistero sociale, all’enciclica Rerum Novarum e all’attenzione sociale, in un’epoca di rivoluzioni tecnologiche e cambiamenti antropologici.

Jorge Mario Bergoglio, al contrario, ha incarnato un pontificato di rottura, centrato sulla polemica, sull’esposizione mediatica, sulla misericordia, sull’attenzione preferenziale ai poveri, agli esclusi, all’ecologia integrale, alle periferie. Lo stile è stato volutamente terreno e ben poco spirituale, tutto il contrario del predecessore Benedetto XVI.

Visita al Quirinale: segni visibili di differenza

Durante la visita al Quirinale di Leone XIV emergono segnali diversi rispetto all’epoca di Francesco. Prevost sembra ristabilire certe forme del cerimoniale che Bergoglio aveva invece riformato o trascurato. Eppure, il nuovo Pontefice non cerca affatto il fasto. Si tratta semmai di una restaurazione sobria, una cura della forma come veicolo del simbolo, non come ostentazione del potere.

Al Quirinale, il Papa si muove con rispetto verso le istituzioni civili ma senza smorzare la voce spirituale. Francesco spesso privilegiava un linguaggio più politico, spesso critico verso il potere. Leone XIV non nega la critica, ma la pondera, appare più incline a un’intelligenza diplomatica, al dialogo con lo Stato e la società. Ed è fondamentale, in un momento geopolitico così delicato. È il tempo dei mediatori, non quello dei fomentatori di folle (e non certo di folle cristiane, perché Bergoglio ha avvicinato principalmente gli atei).

Come si smarca Leone XIV

Uno dei punti forti che emergono è la valorizzazione della memoria. Leone XIV, nell’incontro con il Quirinale, richiama la storia, richiama il ruolo culturale della Chiesa come custode di una tradizione che può dialogare con il presente. Francesco aveva più volte messo in discussione elementi tradizionali per spingere verso l’innovazione: lingua, liturgia, presenza laicale, apertura. Leone XIV non ignora queste spinte, certo, ma le inserisce in una cornice storica più definita, consapevole del ruolo che ricopre.

Al Quirinale, Prevost affronta anche temi cari a Bergoglio (migrazione, giustizia sociale, ecologia, ambiente), ma con una pulsione meno radicale nel conflitto, più equilibrata nella proposta. Dove Francesco spesso sceglieva toni di denuncia (contro la povertà, contro i cambiamenti climatici irresponsabili, contro le divisioni sociali), Leone XIV predilige l’invito, il richiamo etico, piuttosto che la condanna retorica del nemico esterno.

Bergoglio ha sempre mostrato un temperamento che mescolava compassione, vicinanza agli emarginati (il Papa che visita baraccopoli, che prende i mezzi pubblici, che abbraccia i detenuti). Leone XIV, pur segnalando la sua missione “misericordiosa”, appare più attento al decoro istituzionale, al rispetto della liturgia e del linguaggio formale quando opportuno. È un Papa che parla da custode dell’ordine ecclesiastico, di una storia millenaria che è sopravvissuta proprio per la coerenza dei suoi valori nei secoli.

L’eredità spirituale

Leone XIV riconosce le eredità bergogliane– la Chiesa sinodale, il cammino verso l’inclusione, la lotta contro le ingiustizie e l’attenzione ai poveri – ma lo fa con metodo diverso. C’è in lui una volontà di “completare”, di riportare ordine dove Francesco aveva lasciato cantieri aperti, tensioni, contraddizioni.

Il ruolo del Papa è quello di una guida spirituale, non politica. Perché il suo ruolo è un simbolo culturale, istituzionale e fortemente identitario. Questo Leone XIV l’ha capito, Francesco non l’aveva capito o fingeva di non capirlo. La scelta stilistica – nella tradizione cerimoniale, nel linguaggio, nelle priorità – modella ciò che i fedeli e il mondo esterno percepiscono della Chiesa. Un Papa che richiama maggiormente la tradizione, il decoro, l’ordine, contribuisce a rassicurare settori che temevano una perdita di riferimenti.

La visita al Quirinale di Papa Leone XIV conferma dunque per l’ennesima volta, se ce ne fosse bisogno, una diversità nella forma e nei toni: dal conflitto alla mediazione, dalla provocazione al discorso istituzionale. Sono differenze sostanziali.

Autore
Panorama

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