L’èra degli architetti invisibili: perché il Time ha incoronato l’AI "Persona dell'anno" 2025
- Postato il 12 dicembre 2025
- Di Il Foglio
- 3 Visualizzazioni
L’èra degli architetti invisibili: perché il Time ha incoronato l’AI "Persona dell'anno" 2025
La rivista Time ha annunciato che la Persona dell’Anno 2025 non è una persona. O meglio, lo è solo a metà. Il titolo è andato all’Intelligenza Artificiale e ai suoi architetti, quel manipolo di ingegneri, programmatori e ceo visionari che3 da Seattle a Shenzhen stanno ridisegnando l’orizzonte dell’umanità più in fretta di quanto potessimo immaginare. "Qualunque sia la domanda, AI è la risposta", scrive il Time. Un riconoscimento alla portata storica del fenomeno, e anche un modo elegante per lavarsi le mani dal dilemma di chi, a tutti gli effetti, stia davvero guidando questa accelerazione. Il punto è che il 2025 è stato l’anno in cui l’AI è passata dall’essere un tema alla moda all’essere la forza gravitazionale centrale dell’economia, della politica, della cultura e perfino della psicologia collettiva.
Prendiamo Jensen Huang, il signore delle GPU che fino a ieri era un ingegnere con la passione per le giacche di pelle e oggi viene trattato come se avesse rubato il fuoco a Prometeo. Con Nvidia diventata la più grande azienda del pianeta e un quasi-monopolio sulla risorsa scarsa del secolo, il calcolo, Huang è ormai un protagonista della politica internazionale. Non è un caso se Trump gli telefona di notte per dirgli, testuale, che sta “prendendo il controllo del mondo”. Ma gli architetti dell’AI non sono solo i padroni delle fabbriche dei chip. Sono anche i leader delle grandi piattaforme, che hanno trasformato chatbot e modelli ragionanti in assistenti personali, in collaboratori silenziosi, addirittura in psicologi improvvisati. I numeri sono stellari: centinaia di milioni di utenti ogni settimana, un’economia che si sta ristrutturando per adattarsi alla promessa di una produttività mai vista. Time nota che "le capacità possono sembrare magiche", citando casi in cui l’AI è stata impiegata in modi inaspettati, come facilitare la comunicazione con le balene o risolvere problemi matematici aperti da decenni.
Sul fronte globale, il 2025 è stato anche l’anno del duello apertamente dichiarato tra Stati Uniti e Cina. Washington ha spinto sull’acceleratore come se il futuro dipendesse dal numero di data center costruiti nel deserto del Texas, mentre Pechino ha messo in campo la sua macchina industriale e la nuova generazione di startup che promettono modelli avanzati a un decimo del costo occidentale. Una sfida tecnologica, certo, ma anche culturale: due visioni del mondo, due idee di potere, due modi di concepire il rapporto fra uomo e macchina.
E poi c’è l’altra faccia dell’AI, quella che raramente entra nei discorsi a Davos: la vita quotidiana degli utenti. Ragazzi che usano i chatbot per creare universi narrativi o per fare i compiti, piccoli imprenditori che affidano alle macchine marketing, contabilità e analisi. E ci sono anche le ombre: dipendenze emotive, risposte sbagliate, casi tragici che hanno aperto un dibattito nuovo sulla responsabilità degli algoritmi. E ancora: questa nuova tecnologia richiede enormi quantità di energia, può favorire la diffusione di informazioni false e solleva questioni sulla sicurezza e sulla responsabilità. Il Time osserva che "interi settori professionali stanno attraversando una trasformazione radicale" e che "sono possibili attacchi informatici su larga scala senza intervento umano".
Ecco spiegata la scelta della rivista. È la presa d’atto che gli esseri umani hanno costruito qualcosa che non controllano del tutto, ma da cui dipendono già profondamente. Nel 1982, il personal computer fu selezionato come Macchina dell'Anno per la rapida trasformazione che stava operando sulla società. Nel 2006, la rivista scelse "Tu" (You) come Persona dell'Anno per la "rivoluzione" degli utenti dei primi social media in quanto creatori di contenuti. Oggi l'intelligenza artificiale e la nuova élite dei suoi costruttori aprono una crepa nel vecchio ordine del mondo. La sensazione, osservando il 2025 attraverso questa lente, è duplice. Da un lato c’è l’entusiasmo febbrile dei pionieri, la promessa di un’epoca di abbondanza, di scoperte, di efficienza. Dall’altro, c’è la vertigine. Il passo indietro dell’Homo sapiens davanti a un nuovo concorrente, o compagno, o specchio deformante. L’AI (e chi l’ha resa possibile) non è soltanto la storia dell’anno. È la storia del nostro prossimo futuro, che ci piaccia o no.
Continua a leggere...