Licenziamenti illegittimi, la Consulta smonta il Jobs Act

  • Postato il 22 luglio 2025
  • Di Panorama
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Una norma rigida e automatica che non teneva conto della gravità dei fatti, né delle condizioni economiche del datore di lavoro. Con questa motivazione, la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale il limite massimo di sei mensilità per le indennità risarcitorie nei casi di licenziamento illegittimo in aziende con meno di 15 dipendenti per unità produttiva, o meno di 60 in totale. Un punto centrale del Jobs Act, in vigore dal 2015, viene così smontato.

Una sentenza che riapre il dibattito sul Jobs Act

La decisione arriva a poche settimane dall’esito dei referendum promossi dalla Cgil in materia di lavoro, che proprio su questo tema chiedevano l’abrogazione del limite. Il leader della Cgil, Maurizio Landini, ha subito commentato definendo la sentenza “coerente con le nostre richieste” e rilanciando la necessità di “rimettere il lavoro al centro della politica e della società”.

Il segretario confederale della Cisl, Mattia Pirulli, ha accolto con favore il pronunciamento della Corte, sottolineando l’urgenza di una riforma normativa che coinvolga pienamente le parti sociali. Anche dalla Uil arriva l’approvazione, con Ivana Veronese che sottolinea la necessità di andare oltre il solo risarcimento e ripristinare anche la possibilità di reintegro del lavoratore.

Il nodo giuridico: risarcimenti troppo bassi e poco dissuasivi

Secondo la Consulta, prevedere un tetto fisso all’indennizzo – indipendentemente dalla gravità dell’illecito e dalle circostanze – mina la funzione stessa del risarcimento, che dovrebbe essere equo, adeguato e dissuasivo nei confronti del datore di lavoro. La norma impugnata, infatti, fissava a sei mensilità dell’ultima retribuzione l’indennità massima per ogni anno di servizio, creando un forte squilibrio rispetto ai risarcimenti previsti per le aziende più grandi.

La Corte ha sottolineato come questa impostazione limiti l’autonomia del giudice nel valutare caso per caso e impedisca una reale personalizzazione del risarcimento, in violazione dei principi costituzionali di uguaglianza e tutela effettiva del lavoratore.

La forza economica non può dipendere solo dalle dimensioni

Un altro passaggio importante della sentenza riguarda la correlazione, ritenuta impropria, tra la forza economica dell’impresa e il numero di dipendenti. La Corte ha osservato che il parametro dimensionale – spesso utilizzato nel diritto del lavoro – non rappresenta necessariamente la reale capacità finanziaria di un’azienda, soprattutto in un contesto economico dove molte piccole imprese possono avere margini più ampi di grandi realtà in crisi.

La Consulta invita quindi il legislatore a intervenire con una norma che tenga conto non solo del numero di addetti, ma anche della concreta situazione economica dell’impresa.

Reazioni politiche e timori delle imprese

Dal fronte politico, Pd, M5s e Avs hanno espresso soddisfazione, chiedendo al governo di recepire immediatamente l’indicazione della Corte. “È la prova che i 13 milioni di cittadini che hanno firmato i referendum erano dalla parte giusta”, hanno dichiarato Maria Cecilia Guerra e Arturo Scotto del Pd.

Diversa la posizione di Confapi, che mette in guardia da un possibile aggravio dei costi per le piccole e medie imprese, molte delle quali non dispongono delle risorse necessarie per affrontare risarcimenti più elevati. Il rischio, secondo l’associazione, è di scoraggiare le assunzioni a tempo indeterminato, proprio in una fase economica ancora incerta.

Verso una nuova stagione normativa

La sentenza apre di fatto una nuova fase per il diritto del lavoro italiano. Dopo anni in cui la flessibilità era stata indicata come chiave di modernizzazione, ora la Corte ribadisce la centralità della protezione del lavoratore. Il Parlamento è chiamato a colmare il vuoto lasciato dalla norma dichiarata incostituzionale, definendo nuovi criteri per rendere i risarcimenti proporzionati, equi e coerenti con le dinamiche economiche attuali.

La sfida, per il legislatore, sarà bilanciare la tutela dei diritti con la sostenibilità per il tessuto produttivo del Paese, dove oltre il 90% delle imprese è composto da realtà con meno di 50 dipendenti.

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Panorama

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