L’Ilva al minimo fino al 2026 e la colpa non è dell’incendio: l’Afo2 riacceso con un anno di ritardo
- Postato il 25 giugno 2025
- Economia
- Di Il Fatto Quotidiano
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Ora è ufficiale: se l’altoforno 1 di Ilva non fosse stato sequestrato dalla magistratura, l’impianto di Taranto avrebbe comunque avuto un grave problema di produzione quest’anno. Oppure, per evitarlo, i commissari governativi avrebbero dovuto ulteriormente “tirare il collo” all’Afo 1, quello nel quale si è verificato il grave incendio a inizio maggio quando avrebbe dovuto essere già spento, lasciandolo acceso nonostante ne avessero previsto la manutenzione. Quanto è stato spiegato ai sindacati durante un incontro al ministero del Lavoro chiarisce definitivamente come, all’origine degli attuali ulteriori problemi del siderurgico e il conseguente aumento della cassa integrazione, non c’è la decisione della procura di Taranto di fermare l’impianto in seguito all’incidente ma un gravissimo ritardo sul cronoprogramma dei commissari scelti dal ministro delle Imprese Adolfo Urso – che oggi si appresta a firmare l’accordo di programma con Regione e Comuni di Taranto e Statte, fondamentale per la cessione – per gestire l’acciaieria in amministrazione straordinaria.
Convocati a Roma, i metalmeccanici si sono sentiti dire che l’Ilva avrà un solo altoforno in marcia almeno fino a febbraio 2026. Fino alla fine dell’anno, la produzione sarà affidata all’altoforno 4. Quindi verrà riacceso l’altoforno 2 e spento il 4. Tutto questo al netto dell’eventuale dissequestro dell’Afo 1, di cui non si conoscono i tempi e in ogni caso i commissari avranno a disposizione i materiali per la manutenzione non prima dell’autunno. Il programma di accensione e spegnimento degli altoforni è legato alla loro manutenzione ed è ormai completamente sballato rispetto a quanto i commissari avevano messo nero su bianco nell’intesa firmata con i sindacati quasi un anno fa. Se tutto fosse andato come era stato concordato, come già aveva svelato Ilfattoquotidiano.it, l’impianto in cui si è verificato l’incendio sarebbe stato spento prima dell’incidente: avrebbe dovuto fermarsi prima della scorsa primavera, subito dopo la messa in marcia dell’Afo 2. Invece la triade scelta da Urso, capitanata da Gianluca Quaranta, ha totalmente cannato le promesse.
Sulla carta l’altoforno 2 doveva prendere il posto dell’Afo 1 a fine gennaio 2024 e addirittura, verso la fine dell’anno, prima di una nuova breve fermata, ci sarebbero dovuti essere tre impianti in marcia. Invece Afo 2 non è ancora ripartito e, si scopre ora, verrà riacceso con un anno esatto di ritardo, si spera senza doversi rifermare per ulteriori lavori. Come è stato possibile che i commissari abbiano sbagliato di ben 12 mesi le tempistiche necessarie alla sua ripartenza? L’impianto, è stato spiegato nelle scorse settimane, è stato riconsegnato in condizioni pessime da ArcelorMittal, che gestiva l’Ilva prima della mossa di Urso che ha defenestrato il colosso mondiale dell’acciaio. Al momento, ha spiegato il direttore generale Maurizio Saitta, “nessuno ci dà la garanzia della sua sicurezza” quindi è stato deciso di non farlo ripartire e di proseguire con le manutenzioni.
Ciò non cambia, tuttavia, che i commissari hanno fissato un cronoprogramma che solo pochi mesi dopo è risultato scritto sulla sabbia, nonostante a capo della triade ci sia Quaranta, un uomo che ha passato la sua intera vita lavorativa nell’Ilva di Taranto e conosce molto bene la siderurgia anche sotto il profilo tecnico. Sono i ritardi il vero motivo per il quale l’Ilva si avvia produrre circa 1,5 milioni di tonnellate. Se i commissari avessero rispettato il cronoprogramma, l’altoforno 2 sarebbe stato in marcia al posto dell’Afo 1 da febbraio, non si sarebbe verificato l’incidente e la magistratura non sarebbe intervenuta. Per questo si è arrivati al punto attuale, con Taranto nuovamente al collasso e il governo costretto a intervenire con una nuova dotazione economica – che non basterà fino a fine anno, ha già chiarito il dg Saitta – per salvare le casse dell’acciaieria mentre i lavoratori in cassa integrazione sono diventati oltre 4mila.
“È chiaro che il piano presentato si basa sulla disponibilità economica messa a disposizione dal governo, ovvero i 200 milioni previsti dall’ultimo decreto legge per Ilva, che noi riteniamo insufficiente”, ha detto Guglielmo Gambardella, segretario nazionale Uilm, chiedendo all’esecutivo di assumere “la gestione diretta da parte dello stato per realizzare, da subito e con risorse adeguate, gli interventi ambientali ed il rilancio industriale e la realizzazione dei forni elettrici per assicurare la continuità produttiva e l’introduzione di una legge speciale per il piano sociale”. Loris Scarpa, coordinatore nazionale siderurgia della Fiom-Cgil, ha sottolineato le “criticità” sulla ripartenza di Afo2 e ha chiesto di “costruire una prospettiva non solo per la ripartenza degli impianti e dell’azienda ma anche sul processo di transizione ecologica attraverso un piano industriale e ambientale che possa finalmente traguardare l’obiettivo della decarbonizzazione”.
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