“L’indifferenza è la nostra vergogna, Gaza è lo specchio della nostra ipocrisia”: l'”empatia selettiva” dell’Occidente spiegata nel nuovo libro del prof. De Vogli

  • Postato il 26 novembre 2025
  • Libri E Arte
  • Di Il Fatto Quotidiano
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La più grande crisi morale del nostro tempo – negli ultimi due anni, da quando ha avuto inizio il genocidio in Palestina – si misura con i morti e l’indifferenza. Perché la più grande assente nello sguardo dell’Occidente su Gaza è, secondo Roberto De Vogli, Professore di Salute globale e Psicologia del potere all’Università di Padova – già docente in Salute pubblica ed Epidemiologia sociale presso l’Università del Michigan, l’Università della California Davis e University College London –, l’empatia.

In “Empatia selettiva: perché l’Occidente è rimasto a lungo indifferente al genocidio di Gaza”, in uscita il 26 novembre per Compagnia editoriale Aliberti, De Vogli mette a nudo i doppi standard morali di leader, giornalisti e intellettuali mainstream e svela una società che riserva compassione solo a determinate vittime, ignorandone altre. “Un libro brillante, potente ed essenziale. Presenta una sfida morale che siamo obbligati ad affrontare”, secondo George Monbiot, giornalista di The Guardian, in uscita anche per i tipi di De Gruyter Brill e Haymarket con il titolo “Selective Empathy: The West through the Gaze of Gaza”.

L’autore, che ha pubblicato su prestigiose riviste scientifiche internazionali come “Nature”, “The Lancet” e “British Medical Journal“, ha dato vita alla lettera aperta e all’appello pubblico “Stop the Silence: Academic Associations Must Recognize the Genocide in Gaza”, che ha raccolto oltre 15.000 firme, di cui 5.500 da parte di professori universitari, ricercatori, medici e professionisti (fra cui Norman Finkelstein), e che ha spinto numerose associazioni accademiche e professionali, con oltre 10 milioni di iscritti, a riconoscere ufficialmente il genocidio di Gaza.

Pubblichiamo, per gentile concessione dell’editore, un estratto del volume:

3 giugno 2024. Immaginate di ricevere questo messaggio dall’editore con il quale avete già firmato un contratto per scrivere un libro su Gaza: «Caro Roberto, siamo lieti che tu abbia accettato la nostra proposta contrattuale per il tuo libro Empatia selettiva. Tuttavia, prevediamo dei problemi con la parola “genocidio”. Trattandosi di un termine giuridico, con una definizione legale rigorosa, il suo utilizzo comporterebbe oneri e conseguenze legali sia per te che per noi editori. Per evitare questo terreno scivoloso, ti chiediamo di sostituire la parola “genocidio” con un termine privo di definizione giuridica, sia nel sottotitolo che nel corpo del testo. Un possibile esempio potrebbe essere “atrocità di massa”. Va bene? Un saluto, (firma)».

Ovviamente, non andava bene. Ma questo significava che non avevo più un editore.

Mesi dopo, in occasione di una conferenza a Istanbul, lessi il messaggio a un vasto pubblico di accademici, ricercatori e attivisti. Al termine della sessione, un uomo alto, con la barba e gli occhiali rossi, si avvicino. Era il mio futuro editore. Dopo essersi presentato brevemente, mi sorrise e disse: «Pubblicheremo noi il tuo libro con la parola genocidio».

Perché un libro sull’empatia selettiva? E perché proprio Gaza? Ci sono così tante altre guerre nel mondo…

L’empatia selettiva è un tema sorprendentemente poco esplorato nella letteratura accademica, nonostante la sua profonda rilevanza per la comprensione della psicologia, della geopolitica e degli interventi umanitari. La manifestazione di questo doppio standard morale ed emotivo non è mai stata così evidente come nella risposta della comunità internazionale alla crisi umanitaria di Gaza. Per almeno due anni, i palestinesi hanno sopportato livelli straordinari di violenza, senza ricevere alcuna protezione o soccorso internazionale. La disparità tra il sostegno, gli aiuti e l’assistenza militare ricevuti dall’Ucraina è sconcertante. Ogni vita conta più di quante se ne possano contare, eppure, in quasi due anni di aggressione (dal 7 ottobre 2023 al 9 luglio 2025), si stima che a Gaza siano morti 17.121 bambini a causa dell’attacco israeliano (UNRWA, 2025). Questo dato va messo a confronto con i 521 bambini uccisi dall’esercito russo in Ucraina, dal 24 febbraio 2022 fino al 31 dicembre 2024 (OHCHR, 2025). Questi numeri non sminuiscono una tragedia a favore di un’altra, ma impongono una riflessione sul perché l’empatia e l’azione internazionale siano state così diseguali.

Nonostante alcuni politici e accademici occidentali abbiano tentato di negare o sminuire l’impatto letale dell’attacco israeliano a Gaza, le più rispettate organizzazioni per i diritti umani al mondo, come Amnesty International e Human Rights Watch, non hanno dubbi: a Gaza è stato commesso il crimine dei crimini. Un genocidio. Mentre scrivo, si contano oltre 67.000 morti (per lo più civili) e quasi 170.000 feriti (OCHA, 2025).

Un’analisi pubblicata sul «British Medical Journal» che confronta la mortalità infantile nei recenti conflitti urbani ha rilevato che «sebbene le vittime civili siano state significative in tutti i casi studiati, non si è mai registrato un numero di morti civili, in particolare tra i bambini, come a Gaza dallo scorso ottobre» (Bhutta et al., 2024). Negare il loro genocidio è come ucciderli una seconda volta.

Perché l’Occidente? Sebbene la comunità internazionale dovrebbe rappresentare gli interessi e il benessere del mondo intero, sono le potenze occidentali gli attori più influenti e significativi dal punto di vista geopolitico ed economico. Influenzano la direzione degli affari mondiali e le decisioni delle organizzazioni internazionali e delle agenzie umanitarie più di qualsiasi altra regione del mondo. Inoltre, commentatori e politici spesso dipingono la civiltà occidentale come promotrice di nobili ideali quali giustizia, democrazia e diritti umani. In realtà, questi princìpi sono stati miseramente disattesi.

Inoltre, l’Occidente non è solo spettatore del genocidio di Gaza, ma vi partecipa attivamente dal punto di vista militare, economico e politico. Ciò rende ogni cittadino occidentale complice. Mentre dovremmo prenderci cura e provare compassione per tutte le vittime di qualsiasi guerra, le nostre azioni e la nostra attenzione dovrebbero concentrarsi innanzitutto sui crimini di guerra commessi dai nostri governi.

La maggior parte dei media occidentali ha descritto l’attacco a Gaza come un “conflitto” israelo-palestinese, iniziato il 7 ottobre 2023, quando Israele ha affrontato quello che è stato definito il giorno più buio della sua storia. Si è trattato indubbiamente di un attacco orribile, quando oltre un migliaio di combattenti di Hamas e uomini armati palestinesi hanno oltrepassato le barriere che separano Israele da Gaza, assalendo con violenza sia obiettivi militari che civili. Questi crimini hanno provocato circa 1.200 morti (tra cui 33 bambini), 5.400 feriti e il rapimento di 280 civili e soldati (OCHA, 2025). Queste spaventose atrocità, ampiamente enfatizzate dai media occidentali, costituiscono crimini contro l’umanità e sono state giustamente condannate dalla comunità internazionale e dalle organizzazioni per i diritti umani.

In risposta, Israele ha lanciato un’operazione militare devastante e imposto numerosi blocchi. I bombardamenti sono stati sistematici e incessanti. I blocchi hanno privato Gaza di cibo, acqua, carburante, aiuti, forniture mediche di base e altri beni essenziali, causando diffusa insicurezza alimentare, carestie, malattie infettive e indicibili sofferenze. Tutto ciò, unito alla distruzione di ospedali, panifici, impianti idrici e igienico-sanitari, ha provocato un bilancio delle vittime superiore a quello causato dalla violenza stessa. Di fronte a una catastrofe umanitaria di tale entità, i media occidentali hanno reagito in modo molto diverso rispetto a quanto avevano fatto per le vittime della guerra in Ucraina, spesso minimizzando, razionalizzando o persino giustificando le atrocità.

Nel mondo ci sono tanti aggressori stranieri. Perché proprio Israele? Perché Israele ha battuto ogni record d’orrore nella storia recente. Almeno due anni di bombardamenti e blocchi hanno provocato una crisi sanitaria catastrofica. In un solo anno, l’aspettativa di vita alla nascita è crollata di circa 35 anni, passando da 75,5 a 40,5 (Guillot et al., 2025). Si tratta del crollo più significativo mai registrato in un solo anno negli ultimi tempi, persino più grave della diminuzione della longevità registrata durante il genocidio ruandese del 1994, quando la speranza di vita si ridusse di 30 anni (De Vogli et al., 2025).

Nei primi quattro mesi del prolungato assedio di Gaza, le azioni militari israeliane hanno causato la morte di più bambini rispetto a quelli uccisi da tutte le altre nazioni in guerra nel mondo sommate negli ultimi quattro anni. Israele è responsabile del maggior numero di amputazioni infantili pro capite al mondo, nonché della distruzione del maggior numero di ospedali, ambulanze e scuole nei più recenti teatri di guerra globali. Inoltre, Israele ha ucciso il maggior numero di medici e personale sanitario nelle zone di conflitto e il maggior numero di operatori ONU e volontari nella storia delle Nazioni Unite. Gaza è anche il più grande cimitero di giornalisti uccisi in guerra al mondo. Nonostante questi orrori, la tragedia in Palestina non ha suscitato ampie manifestazioni di solidarietà da parte dei governi occidentali. Perché l’Occidente è rimasto indifferente di fronte al genocidio più filmato della storia?

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