“L’infinito” di Umberto Contarello è un dipinto della solitudine di uno sceneggiatore

  • Postato il 26 aprile 2025
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Uno sceneggiatore di un certo successo si trova tutto d’un tratto a trascorrere giorni vagabondi e dolenti senza un nuovo progetto a cui lavorare. Non più coinvolto in nulla e con la carriera in irreversibile declino, tenta di riconquistare il rapporto con la figlia e di aiutare una giovane sceneggiatrice che gli è stata proposta. Umberto vive lasciandosi trasportare dal vuoto e dalla solitudine in un viaggio malinconico e leggero che condurrà ad un accenno di speranza.

In breve è questo che viene narrato e costruito in L’infinito di Umberto Contarello, opera prima dello sceneggiatore di grandi film italiani come Marrakech Express e Tutto il mio folle amore di Gabriele Salvatores, This must be the place e La grande bellezza di Paolo Sorrentino, Io e te di Bernardo Bertolucci.

L’infinito: Umberto Contarello regista e protagonista

L’infinito, di cui Contarello è anche l’interprete principale, è co-sceneggiato e prodotto da Paolo Sorrentino con Numero 10, e insieme a The Apartment.

“Un mercoledì solenne come un semaforo, durante una telefonata pomeridiana con Paolo, a un certo punto, dopo la mia lagna delle depressioni allo stato iniziale, come fosse la cosa più normale del mondo, Paolo mi dice all’improvviso che ‘stavolta’ l’avrei girato io un film che avremo scritto insieme e che lui avrebbe prodotto”, racconta Contarello. “Con l’incoscienza degli uomini adulti incoscienti, accettai e ci accordammo sul fare un film libero e intimo. Ma un film su cosa? ‘Su di te, visto che farai anche il protagonista’”.

Contarello e Sorrentino insieme in cerca della risata

Guardando L’infinito la sensazione è quella di un sogno realizzato, di un percorso fraterno che si compie, di un prendere lo spettatore sotto braccio per condurlo in un viaggio sottile e innocente, fatto di solitudine e convivialità, ma anche di noia e sorrisi.

“Se questo lavoro, il cinema, lo si vuole fare con vero trasporto emotivo non lo si può fare senza conservare la propria dimensione infantile. È un lavoro che deve continuare a stupire”, commenta Paolo Sorrentino. “Per me non è sorprendente che il personaggio dello sceneggiatore sia infantile, sarebbe stato un problema invece vedere che ha rapporti corretti con la vita, rapporti da impiegatizio”.

E riguardo al suo rapporto con Contarello e l’esito de L’infinito, aggiunge: “Abbiamo trascorso la vita cercando la risata e ci siamo riusciti molto spesso. Per ridere bisogna uscire fuori da uno schema prefissato. E nel film l’effetto della tristezza è un effetto ironico che abbiamo ricercato”.

Un viaggio tra verità e bugia

L’infinito è un film di grande dolcezza e sensibilità. Un film di compagnia che fa compagnia, che riflette e mette in atto un nulla che dice tutto. Dice tutto dell’arte cinema, – di quello che è stata e forse non è più -, delle relazioni umane, della soddisfazioni personali e del lavoro, quell’elemento che più di tutti nobilita l’uomo e gli dà una vera identità.

L’infinito è un piccolo grande film che offre allo spettatore la capacità di stupirsi, di entrare in una dimensione in cui verità e bugia camminano parallele, al limite, confondendosi, ingannando e regalando un momento di tagliente realismo. E per dirla con le parole di Contarello, che nel suo primo film ha usato chiari riferimenti a Kaurismaki e Jarmusch: “Il film che mi piace è il film che mi porta via, che non me lo fa sezionare, che mi regala due ore di oblio. E questa cosa è propria del neofita, e io lo sono”.

Margherita Bordino

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Artribune

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