L’invenzione dei sessi
- Postato il 1 maggio 2025
- Di Panorama
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Le più arrabbiate sono le donne, quelle vere, che contestano le «presunte». Il caso più clamoroso ha riguardato Angela Carini, medaglia d’argento ai campionati mondiali di boxe del 2019. Alle Olimpiadi di Parigi la campionessa ha abbandonato l’incontro in cui stava combattendo contro l’algerina Imane Khelif, criticando la sua ammissione al torneo dei pesi welter.
L’avversaria in precedenza era stata esclusa, per decisione dell’International Boxing Association, in quanto i risultati degli esami medici non rispettavano l’accesso alle categorie femminili. Poi, a sorpresa, Khelif era stata riammessa dal Comitato olimpico, senza che però venissero rese note le ragioni per cui prima non era stata considerata in regola con le norme. Ne è nata una polemica sull’identità sessuale della pugile algerina che, in effetti, pur non essendo mai stata dichiarata trans, aveva sembianze mascoline.
Così, se prima la partecipazione di atlete/atleti a gare riservate alle donne veniva criticata sommessamente, poi è stato un crescendo. Poche settimane fa, all’Università del Maryland, la schermitrice Stephanie Turner ha rifiutato di incrociare il fioretto con Redmond Sullivan. «Sono una donna e questo è un torneo femminile» ha dichiarato inginocchiandosi sul tappeto azzurro. «Non tirerò di scherma con questa persona». All’inizio, l’avversario transgender sembrava non capire perché Turner si fosse levata la maschera. «Mi ha chiesto se non stessi bene, non capiva che cosa fosse accaduto. Gli ho risposto che mi dispiaceva, che lo rispettavo, ma non ritenevo giusto gareggiare. Mi ha detto che da regolamento aveva tutto il diritto di essere lì, ma non mi ha fatto cambiare idea».
Del resto, che cosa c’è da capire? Fino a un anno prima Sullivan disputava tornei tra uomini ed è bastato che dichiarasse di essere in transizione per poter partecipare a quelli riservati alle donne. In discussione non ci sono le tendenze sessuali, il fatto che qualcuno si senta uomo in un corpo di donna o femmina in uno maschile. Né siamo di fronte a un movimento che ha come obiettivo il divieto di sottoporsi a cure per cambiare sesso. Semplicemente, si tratta di stabilire chi è donna e chi è uomo, con le conseguenze, nello sport come nella vita di tutti i giorni (ricoveri in ospedale, accesso ai servizi) che ne derivano.
Martina Navratilova, leggenda del tennis ormai in pensione ma anche icona del mondo omosessuale, sui social ha postato le immagini della Turner inginocchiata davanti a Sullivan, dichiarandosi infuriata. Ma non con la schermitrice che ha rifiutato di combattere, bensì con la Federazione americana che aveva consentito l’incontro. «C’è ancora qualcuno che pensa che questo sia giusto? Sono furiosa, vergognatevi». La Navratilova (18 slam in carriera e 357 titoli vinti, mai nessuna come lei), qualche giorno dopo il caso Turner, è tornata sull’argomento, attaccando l’atleta transgender Robert «Riya» Young per aver partecipato, nella categoria femminile, alla maratona di Boston. «Quest’uomo sa di aver barato. E non sono qui per assistere a questo».
In precedenza, la fuoriclasse si era scagliata contro la partecipazione di un altro transgender a un torneo nel Wyoming: «Il tennis femminile non è per atleti maschi falliti, qualunque età abbiano». Come è evidente, non si tratta di omofobia e neppure di transfobia, ma di una reazione ad anni di indottrinamento Lgbt, che ci hanno portati a negare la realtà, a ignorare che esistono solo due sessi: quello maschile e quello femminile, inventandone altri a piacimento e considerando donne gli uomini che hanno scelto una transizione.A sorpresa, una sentenza della Corte suprema inglese sollecitata dal movimento femminista sostenuto da J.K. Rowling, la scrittrice che ha creato il maghetto Harry Potter, ha rimesso le cose a posto, cancellando una legge scozzese: un trans non è una donna e dunque non può godere del trattamento e dei servizi di tutela riservati alle persone di sesso femminile. Una cosa ovvia, ma che evidentemente tanto ovvia non è, dato che è servito un pronunciamento dei più alti giudici. E visto che ancora oggi, nello sport, ci si può dichiarare donne e gareggiare nelle competizioni femminili, vincendo e accumulando ricchezze, per poi tornare, come ha scritto Martina Navratilova, a fare figli come uomo.