L’Iran nucleare, l’eredità di Netanyahu e i nuovi equilibri in Medioriente: cosa cambia con gli attacchi Usa – analisi

  • Postato il 22 giugno 2025
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L’attacco americano di questa notte trasformerà l’Iran in una potenza nucleare nell’arco dei prossimi cinque- dieci anni. Non c’era assolutamente nessuna prova, commenta ad al Jazeera Trita Parsi, politologo iraniano, vicepresidente esecutivo del Quincy Institute for Responsible Statecraft, “che l’Iran avesse un arsenale nucleare”. Ora le carte in tavola si sono mischiate. “Due potenze atomiche – dice il politologo – hanno attaccato uno stato privo dell’arma nucleare” ma che aveva progetti di uso dell’energia atomica in campo civile. Questo evento non farà altro che spingere Teheran a scegliere di sviluppare un arsenale e di creare un sistema produttivo per la proliferazione nucleare. Tutti quei paesi che si sentono nel mirino degli USA e che questa domenica hanno assistito al primo esempio di guerra preventiva della nuova era Trump, non potranno che cominciare a pensare che il deterrente nucleare sia l’unica soluzione per scampare a qualsiasi azione di punizione preventiva di Washington.

L’attacco militare degli Usa che ha preso di mira tre siti nucleari iraniani, ha spinto oggi il Medioriente intero nell’incertezza. Ci si domanda, come testimoniano i vari giornali arabi nelle loro aperture, se questa è una azione isolata o se porterà ad una escalation. Sicuramente, il raid americano ha davvero scombussolato la visione che il mondo aveva della politica estera americana, concentrata sul mantra MAGA, Make America Great Again, e che sembrava aver stabilito che gli interessi dell’amministrazione Trump erano quelli dell’isolamento e del non farsi coinvolgere dai conflitti esteri. Ma è evidente che nelle ultime 48 ore qualcosa è cambiato. Gli interessi di Gerusalemme si sono incrociati con quelli di Washigton. Da una parte, Trump ha visto l’alleato israeliano per la prima volta con la guerra davvero in casa, come testimoniano le immagini degli edifici distrutti a Tel Aviv e in altre città. Il governo di Bibi da anni chiedeva un cambio di regime a Teheran, nell’ottica di scardinare tutte le alleanze regionali, quella con Hezballah, Assad, Houthi e Hamas che hanno goduto del sostegno economico e militare degli Ayatollah. Dall’altra parte, per Trump, come dimostrano le sue dichiarazioni, l’unico pensiero è sempre stata l’arma atomica e il timore che Teheran potesse chiudere lo stretto di Hormuz per ripicca.

Utile aggiungere che, questa notte, l’attacco americano ha creato la giustificazione necessaria per aumentare i rifornimenti di armi ad Israele, ora assediato e senza strategia che non sia quella della guerra perenne. “Sin dalla sua fondazione nel 1948, i primi ministri di Israele hanno cercato di lasciare un’eredità che sopravvivesse a loro — alcuni attraverso la guerra, altri tramite la diplomazia, e alcuni con errori storici”. Come scrive su Al Jazeera Kamel Hawwash, un accademico anglo-palestinese, “David Ben-Gurion assicurò l’indipendenza dello Stato e ne costruì le istituzioni fondamentali. Golda Meir fu al potere durante una guerra che le costò la carica. Menachem Begin firmò la pace con l’Egitto mentre ampliava gli insediamenti illegali. Yitzhak Rabin fu assassinato per aver cercato di fare la pace con i palestinesi”.

Per Bibi Netanyahu l’eredità sarà diversa. Il suo governo, lunghissimo, ha trasformato il paese in una nazione impegnata su più fronti. Dalla guerra contro i palestinesi, che ha completamente raso al suolo Gaza, trasformando quel lembo di terra in una desolata landa di macerie; alle infiltrazioni dei militari israeliani in Siria – solo ieri, denunciano gli abitanti della regione siriana di Quneytra, i soldati di Gerusalemme hanno arrestato diversi cittadini siriani e raso al suolo case, penetrando per un altro paio di km all’interno della regione. Ora, le azioni ingiustificate di Bibi, hanno aperto un altro fronte con l’Iran che, almeno negli ultimi dieci anni, è stato un attore regionale di primo rilievo, fino alla caduta in Siria di Assad e con la vecchia dirigenza – eliminata – di Hezbollah. Ora può essere il momento per l’Arabia Saudita di passare da nemica regionale dell’Iran a miglior paese alleato per avere un ruolo di mediazione nelle prossime ore. Così come il Qatar che è interessato a sgomitare fra i pretendenti al ruolo di pacieri nelle prossime ore. Mentre i paesi più piccoli, come la Giordania e il Libano stanno a guardare l’evolversi della situazione. La grande domanda per tutto il Medioriente è: siamo sull’orlo del baratro?

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Il Fatto Quotidiano

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