L’Italia nel caos in Norvegia a caccia del Mondiale tra litigi, assenze e il rischio del terzo flop di fila
- Postato il 6 giugno 2025
- Calcio
- Di Il Fatto Quotidiano
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Mai come stavolta, scrutare l’orizzonte risolleva il morale: ammiri la Spagna superare 5-4 la Francia e approdare alla finale iberica di Nations League contro il Portogallo, accogli con simpatia la prima storica qualificazione al mondiale di Uzbekistan e Giordania. Poi, però, sei costretto a tornare alle cose di casa nostra e pensi che peggio di così non si poteva preparare il match di Oslo contro la Norvegia di Erling Haaland. Il 5-0 incassato dall’Inter con il Psg ha provocato uno tsunami. Nell’ordine: il grande rifiuto di Acerbi di rispondere alla convocazione dell’Italia, i panni sporchi lavati in pubblico con le dichiarazioni di Luciano Spalletti, la replica pelosa di Acerbi, l’emergenza in difesa con il ko di Gabbia, l’infortunio di Kean. Non solo: gli azzurri incontreranno un avversario già schizzato a quota 6 dopo le prime due gare (5-0 in Moldova e 4-2 contro Israele), che in caso di tris contro l’Italia avrà già mezzo biglietto in tasca per prenotare il mondiale Usa-Canada-Messico. Ricordiamo: la prima si qualifica, la seconda va ai playoff.
Una volta, i mostri sacri erano Germania, Brasile, Argentina, Inghilterra. In epoche recenti, si sono aggiunte Spagna, Francia, Olanda e Croazia. La globalizzazione e l’impoverimento del nostro calcio, che continua a cibarsi di over 30, se non addirittura di quarantenni, ci ha portato a due eliminazioni mondiali di fila e, tanto per complicare la situazione, a partire con il piede sbagliato contro la Norvegia. Gli scandinavi hanno partecipato solo a due edizioni del torneo iridato (1994 e 1998, in entrambi i casi fu proprio l’Italia a timbrare l’eliminazione dei vichinghi), ma ha costruito sulla pelle di Haaland – 40 gol in 41 presenze in Nazionale e 121 in 142 gare con il Manchester City -, dell’altro bomber Alexander Sorloth (Atletico Madrid) e del capitano dell’Arsenal Odegaard una squadra risalita al posto numero 38 nel ranking Fifa. L’exploit del Bodo Glimt, approdato alle semifinali di Europa League, ha ribadito il processo di crescita generale: si è fatto notare un altro centrocampista, Berg, ultimo rappresentante di una dinastia di calciatori.
Un avversario da rispettare, ma non irresistibile, con la difesa considerata il vero punto debole. Il Kean di questa stagione e il Retegui esploso nell’Atalanta sarebbero stati un’ottima risorsa, ma il giocatore della Fiorentina è out e il caos poco calmo di questi giorni ha compiuto il resto. C’è poi da considerare che a giugno il nostro calcio ha sempre la lingua di fuori: la scoppola rimediata dall’Inter è un avviso ai naviganti. Servivano calma e gesso, ma detto che Acerbi ha sbagliato nei tempi e nei modi, il ct ha alimentato il rogo. Spalletti prova talvolta a controllarsi, avventurandosi in percorsi linguistici tortuosi, ma poi la sua natura fumantina ha il sopravvento. La mancata convocazione del romanista Mancini, reduce forse dalla sua annata migliore, è un’altra mossa che ha suscitato perplessità. La dimensione della Nazionale impone di volare alto, ma da domenica a oggi, l’azzurro ha volteggiato rasoterra.
Il football è abile a smentire e sconfessare. In nome dell’Italia, non solo calcistica, l’augurio è che questa vigilia scombinata sia seppellita da un successo e da una risata liberatoria. Il movimento rischia di essere sorpassato da un tennis che ci vede sempre più protagonisti, con la coppia Sinner-Musetti in semifinale agli Internazionali di Francia. Gli azzurri si giocano molto a Oslo: perdere significherebbe compromettere al primo assalto la qualificazione al mondiale. Sarebbe un’umiliazione persino peggiore delle altre: Giordania e Uzbekistan in Usa, Canada e Messico, noi ancora a casa, in poltrona, devastati dalle polemiche e dall’incapacità di fare fronte comune. Oggi, al momento dell’inno, mettetevi davvero una mano sul cuore: da Spalletti in giù.
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