Loretta Napoleoni: “Noi non controlliamo la tecnologia, sono i tecnocapitalisti a controllare noi”
- Postato il 10 giugno 2025
- Economia
- Di Il Fatto Quotidiano
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Una tecnologia in rapidissima evoluzione manipolata dal capitalismo e che tutto domina, mentre le persone sono sempre più in preda all’ansia dovuta allo scarso controllo dei processi e dei prodotti che pure usano. È la tesi dell’economista Loretta Napoleoni contenuta nel suo ultimo saggio, Tecnocapitalismo. L’ascesa dei nuovi oligarchi e la lotta per il bene comune (Meltemi). Un libro in cui l’autrice fa un’analisi delle criptovalute come risposta alla sfiducia dello Stato e si sofferma sui temi della crisi climatica ed energetica.
Partiamo dalla crisi climatica. Lei scrive che ormai è un tema quasi archiviato.
Purtroppo si parla più dell’intelligenza artificiale, come se la crisi climatica non ci fosse mai stata o fosse stata risolta. La stessa Greta Thunberg adesso si occupa di guerra e di Palestina: ben venga da un lato, ma questa non è la sua battaglia. Forse perché, appunto, oggi il clima non interessa nessuno, è poco rilevante.
Lei nota come la tecnologia, sfruttata dai tecnocapitalisti, muti continuamente dandoci una sensazione paralizzante. Un quadro fosco?
Sì, il quadro è fosco perché noi non controlliamo la tecnologia, sono loro che controllano tutto. Uno dei motivi per cui tutto ciò ci dà l’ansia è perché non conosciamo le cose, eppure sono cose che usiamo tutti i giorni. È come se usassimo un aspirapolvere senza sapere assolutamente come funziona. Siamo in una posizione secondaria, di consumatori ignari. I tecnocapitalisti ormai controllano cosa facciamo e pensiamo e ci trasformano in un prodotto.
Lei cita il caso Uber. E fa notare come la sharing economy sia un’illusione di partecipazione. Può spiegare meglio?
La sharing economy sembrava una rivoluzione, invece è diventata una forma di sfruttamento ancora maggiore di quello che c’era prima. Ho usato l’esempio di Uber, perché era il migliore, ma ce ne sono tanti altri. Parliamo di lavoratori senza sindacato, senza straordinari, penalizzati dall’algoritmo se non fanno ciò che dicono i padroni. Ciò è stato possibile proprio grazie alla tecnologia, all’algoritmo, appunto.
Anche gli Stati soccombono al tecnocapitalismo?
Assistiamo a una disintegrazione dello Stato-nazione. Noi abbiamo uno Stato che nasce dal contratto sociale di Rousseau e poggia sui principi della rappresentanza, della democrazia che però ormai non esistono più. Google Maps è un esempio, ha sottratto agli Stati la rappresentazione dello spazio. Lo stesso Trump, diventando presidente, non ha rinunciato al suo impero economico e alle sue società: non era mai successo. Da sempre il presidente degli Stati Uniti deve rinunciare ai suoi interessi. Trump ha addirittura il suo social. Una pratica assolutamente non etica.
Nel libro c’è una parte centrale sulle cripotavalute. Che giudizio ne dà?
Positivo ma non su tutte le cripto, solo sul bitocoin. Il bitcoin ha tutte le potenzialità di cui scrivo, è una moneta del popolo, non c’è una banca centrale etc. Il fatto è che la moneta è un atto di fede: che venga costantemente manipolata, dalle banche centrali, dal governo, è scandaloso. Allora ben vengano le cripto, ma come il bitcoin, che ha dietro quella struttura matematica che fa sì che sia non manipolabile: è l’unica vera valuta che risponde a tutti i principi necessari, le altre non sono così, il che non significa che in futuro ci possano essere monete simili.
Perché sono nate le criptovalute?
Perché le istituzioni deposte alla difesa monetaria hanno abbandonato le persone, lasciando che perdessero tutto. Lo Stato deve garantirti una protezione quando ne hai bisogno. Invece i soldi sono andati piuttosto a finanziare l’high tech. Non a caso il tecnocapitalismo nasce proprio nel 2008.
Anche sul blocco del gas russo lei è critica: perché?
Siamo in ginocchio dal punto di vista della produttività. Tutto è legato alla crisi economica, conseguente a quella energetica. L’Europa non è indipendente e il miglior offerente era la Russia, non a caso la Germania ci è cresciuta sopra per vent’anni. Trump litigò, ben prima della guerra russo-ucraina, con Merkel proprio su questo, perché lui voleva che non facesse Nord Stream due e che la Germania non si approvvigionasse dalla Russia. Ma lei disse no. Se si guarda la storia non esiste una situazione analoga: ci hanno fatto credere che si trattasse di un fatto di libertà, le potenze straniere non partecipano a guerre di liberazione, le guerre sono tutte economiche. E qui abbiamo commesso un suicidio economico.
Dovremmo puntare sulle rinnovabili.
Sì, ma siamo lontani dalla stabilità ancora. Se le facciamo dobbiamo farle bene. La Cina sta realizzando una stazione spaziale fotovoltaica nell’orbita bassa terrestre che darà energia costante al continente. Ma da noi subentrano le lobby, manca una strategia politica, i nostri politici brancolano nel buio.
Come se ne esce?
Attraverso la conoscenza. Bisogna documentarsi, imparare, capire. Bisogna avere una volontà, smettere di essere passivi. Anche i giovani sanno poco, non conoscono davvero la tecnologia solo perché sanno “smanettare”. Bisogna avere una consapevolezza delle conseguenze politiche e sociali della tecnologia. E fare delle scelte.
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