L’orsa F36 uccisa da due cacciatori 70enni, ora a processo. La Procura: “Hanno agito con crudeltà”

  • Postato il 8 settembre 2025
  • Cronaca
  • Di Blitz
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La vicenda dell’orsa F36, abbattuta nei boschi delle Giudicarie nel settembre 2023, torna alla ribalta giudiziaria. La Procura di Trento ha chiesto il rinvio a giudizio per due cacciatori, entrambi residenti in zona, accusati di concorso in uccisione di animale. Inizialmente la procuratrice Patrizia Foiera aveva disposto l’archiviazione dell’inchiesta per mancanza di prove, ma le associazioni animaliste hanno contestato la decisione. La Leal, attraverso la legale Aurora Loprete, ha portato nuovi elementi tecnici elaborati dalla consulente Cristina Marchetti, oltre a evidenze raccolte da tabulati telefonici e documenti sequestrati durante le perquisizioni. Il giudice per le indagini preliminari ha quindi imposto l’imputazione coatta, aprendo la strada al processo.

Le accuse ai due cacciatori

Gli imputati sono un 76enne trentino e un 71enne originario del Bresciano. Secondo la Procura, spararono senza necessità e con crudeltà, poiché l’orsa non era in posizione di attacco né rappresentava un pericolo. Il secondo deve rispondere anche di favoreggiamento personale: avrebbe infatti cercato di depistare le indagini, rifiutandosi di collaborare durante le perquisizioni. Le indagini hanno evidenziato una condotta mirata: il pelo attorno ai fori di proiettile fu rasato per cancellare tracce di polvere da sparo utili a risalire all’arma. Gli avvocati difensori, invece, sostengono che i due uomini non si trovassero sul luogo dell’abbattimento ma a diversi chilometri di distanza.

La reazione delle associazioni

L’orsa F36 era già sotto osservazione della Provincia di Trento a causa di due presunti “falsi attacchi” e portava un radiocollare. Quando fu ritrovata morta, aveva ancora con sé un cucciolo. Per le associazioni animaliste si è trattato di un atto gravissimo. “Ci costituiremo parte civile”, ha dichiarato Gian Marco Prampolini, presidente di Leal, sottolineando l’impegno dell’associazione contro il bracconaggio. Sulla stessa linea Michela Vittoria Brambilla, presidente della Leidaa, che ha denunciato il clima di ostilità verso i grandi carnivori in Trentino e l’alto rischio di episodi di violenza. Il processo, ora atteso, sarà un passaggio chiave per chiarire le responsabilità e dare finalmente giustizia a un caso che ha scosso l’opinione pubblica nazionale.

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Blitz

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