Los Angeles, Washington e non solo: così Trump punta a commissariare con la forza le città a guida dem. E i sindaci preparano la resistenza

  • Postato il 21 agosto 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Prima la Guardia nazionale e l’esercito mandati a presidiare le strade di Los Angeles per reprimere le manifestazioni pro-immigrati. Poi il tentativo, parzialmente rientrato, di assumere il controllo della polizia di Washington DC. È guerra ormai aperta quella che l’amministrazione Trump ha dichiarato alle città amministrate dai democratici. Da Seattle a Minneapolis, da Baltimora a Chicago, appare chiaro che il presidente Usa sta cercando in ogni modo di limitarne autonomie e diritti. Il conflitto promette di allargarsi nei prossimi mesi e molti sindaci si stanno preparando: crimine e immigrazione sono le due questioni su cui, con ogni probabilità, si impernierà lo scontro.

L’attacco di Trump alle città, in particolare quelle a guida democratica, non giunge inatteso. Nel 2020 l’allora presidente, in dirittura d’arrivo del primo mandato, disse di rimpiangere di non aver represso in modo più deciso gli incidenti scoppiati dopo l’assassinio di George Floyd. Nel 2024, in campagna elettorale per tornare alla Casa Bianca, Trump ha spesso rappresentato le città rette dai liberal come luoghi travolti da illegalità, crimine, insicurezza, sporcizia, inefficienza. Dal suo programma emergeva la volontà di “dispiegare le forze federali, compresa la Guardia nazionale, per restaurare la legge e l’ordine, quando le autorità locali rifiutano di agire”. La stessa presa di potere sulle città poco propense a piegarsi alle politiche del governo federale la si può ritrovare nel Project 2025, il manifesto redatto sotto gli auspici della Heritage Foundation che riassume e continua a ispirare molte delle politiche conservatrici cui stiamo assistendo in America. Nel Project si parla apertamente di togliere i fondi federali ai centri che si rifiutano di sottostare agli ordini di deportazione dei migranti illegali.

Quanto avvenuto a Los Angeles e Washington DC non è dunque il risultato di circostanze impreviste ed eccezionali. Trump e la sua amministrazione stanno da tempo pensando a un giro di vite e la città californiana e la capitale hanno permesso di mettere in atto piani a lungo elaborati ed evocati. In un caso, quello di Los Angeles, c’è una città che non collabora con raid e deportazioni di migranti irregolari. Nell’altro, Washington DC, è la presunta criminalità incontrollata a giustificare l’intervento delle autorità federali. In entrambe le situazioni, l’azione dell’amministrazione ha sollevato dubbi di costituzionalità. A Los Angeles si è contestato l’uso che Trump ha fatto della Guardia nazionale, di solito alle dipendenze delle autorità statali, e l’aperta violazione del “Posse Comitatus Act”, che vieta l’utilizzo dell’esercito in operazioni di polizia. A Washington l’amministrazione si è servita di una legge del 1973, l’“Home Rule Act”, per prendere il controllo della polizia locale. La legge consente però al governo federale di farlo solo in momenti di emergenza. Anche in questo caso l’amministrazione avrebbe quindi ampiamente travalicato i suoi poteri, tanto che il tentativo di sostituire il capo della polizia cittadina è fallito dopo l’intervento di un tribunale.

La “Us Conference of Mayors”, l’associazione dei sindaci attualmente guidata dal primo cittadino repubblicano di Oklahoma City David Holt, ha condannato l’intervento federale, affermando che “il controllo a livello locale è sempre l’opzione migliore”. Ciò significa che, a prescindere dal colore politico e dagli orientamenti ideologici, le autorità cittadine non gradiscono l’intervento del governo federale nella gestione dell’ordine pubblico. È però chiaro che Trump e i suoi non si fermeranno a Los Angeles e a Washington DC. “Il focus evidente sono tutte le città governate dai democratici”, ha detto il sindaco dem di Minneapolis, Jacob Frey. I piani del governo appaiono già molto avanzati. Alcuni giorni fa il Washington Post ha citato documenti riservati del Pentagono che mostrano come l’amministrazione sia pronta a fare uso delle truppe della Guardia nazionale per reprimere proteste e dimostrazioni nelle città Usa. Il nuovo corpo, composto di circa 600 soldati di stanza in basi militari in Alabama e Arizona e alle dipendenze del Pentagono, si chiamerebbe “Domestic Civil Disturbance Quick Reaction Force” e verrebbe appunto dispiegato nei centri urbani in presenza di presunte, gravi minacce all’ordine pubblico. L’attorney general Pam Bondi – la “ministra della Giustizia” statunitense – ha poi inviato una lettera a decine di sindaci e autorità di contea, minacciandoli di arresto se non collaboreranno con il governo nei piani di deportazione degli illegali. L’obiettivo è liquidare, una volta per tutte, le sanctuary cities, il complesso di protezioni che le amministrazioni locali hanno dato a quegli immigrati che, pur senza documenti regolari, lavorano, studiano, vivono spesso da anni negli Stati Uniti.

“Non dobbiamo pensarci due volte, quando vediamo i soldati presidiare le nostre città”, ha affermato il sindaco di Providence, Brett Smiley. Ai sindaci democratici, i piani del governo paiono un nuovo, preoccupante episodio dell’involuzione autoritaria che l’amministrazione Trump starebbe imponendo alla società americana. A Washington si starebbe cercando di dare l’impressione di centri urbani fuori controllo per inviare le truppe, reprimere, esautorare le autorità civili legalmente elette. Questo avverrebbe tra l’altro in presenza di indici di criminalità che appaiono in significativa discesa. Un recente rapporto del Council on Criminal Justice (un think tank indipendente) mostra che i reati negli Stati Uniti – si tratti di omicidi, furti, stupri – sono stati meno nella prima metà del 2025 rispetto allo stesso periodo del 2024: gli omicidi, per esempio, sono diminuiti del 17%. Non sfugge a molti un’altra linea di strategia dell’amministrazione. Ogni volta che Trump parla di centri urbani in preda a crimine e violenza, cita città governate da sindaci neri: Los Angeles, Chicago, Baltimora. La cosa rivelerebbe l’intenzione di sfruttare uno dei clichè più tipici della retorica razzista: quello che identifica gli afroamericani con il crimine.

Di fronte all’offensiva dell’amministrazione, i sindaci si preparano. In coordinamento con le autorità di polizia locali, precisano poteri, competenze, linee di comando. Si rafforzano gli uffici legali, si studiano codici, leggi, passate sentenze, in caso ci sia da reagire nei tribunali alle ingerenze del governo. “Io e il capo della polizia andiamo di pari passo su tutto. Lui riporta al commissario alla sicurezza, che riporta a me”, ha detto il sindaco di Minneapolis, Frey. Ciò non toglie che dubbi, timori e incertezza dominino le amministrazioni cittadine. Molte questioni, per esempio chi controlla la Guardia nazionale, appaiono di difficile interpretazione. Come fatto con l’“Home Rule Act”, l’amministrazione potrebbe poi invocare regolamentazioni cadute in disuso o mai utilizzate prima. E particolari atti di violenza potrebbero essere usati per la richiesta di misure di emergenza: lo ha fatto di recente proprio Trump, reagendo all’aggressione a Washington DC di un funzionario del Doge, il Dipartimento per l’efficienza governativa. Quello in cui ci si sta inoltrando è insomma un territorio in larga parte inesplorato. Lo scontro tra Trump e le città democratiche è solo all’inizio. Difficile prevederne l’esito.

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