L’Ufficio di bilancio lima le stime sulla crescita dell’Italia: +0,5% (sotto le attese del governo). Pesa l’apprezzamento dell’euro

  • Postato il 1 agosto 2025
  • Economia
  • Di Il Fatto Quotidiano
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L’Ufficio parlamentare di bilancio con la nota congiunturale di agosto rivede – rispetto ad aprile scorso – le stime sulla crescita dell’economia italiana, prevista ora allo 0,5% sia quest’anno che nel 2026. Solo due giorni fa il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha ribadito di attendersi il +0,6% inserito in primavera del Documento di finanza pubblica. Le lievi revisioni al ribasso (0,1% sul 2025 e 0,2 sul prossimo anno) sono dovute al dato più negativo rispetto alle attese sul Pil del secondo trimestre e al notevole apprezzamento dell’euro sul dollaro. I rischi delle previsioni sono complessivamente orientati al ribasso, a causa del protezionismo e di possibili slittamenti sulla realizzazione delle opere del Pnrr.

Le stime di crescita aggiornate, pur sostenute dalla buona dinamica occupazionale in un contesto di inflazione moderata, incorporano l’inattesa battuta d’arresto del Pil nel secondo trimestre.
Lo scarto negativo sul 2026 rispetto allo scenario di aprile, nonostante il previsto rafforzamento degli investimenti trainati dal Recovery fund, sconta il deterioramento degli scambi con l’estero, che ha principalmente risentito dell’apprezzamento dell’euro che riduce la competitività di prezzo e frena le esportazioni nette. Rimangono elevate le tensioni protezionistiche, seppure nelle previsioni non si consideri ancora l’impatto dell’accordo Usa-Ue, i cui contenuti e dettagli non sono ancora chiari e interamente definiti.

Buone le attese per l’Italia sul fronte dell’occupazione, dove si attende nel biennio 2025-26 un aumento medio dello 0,5 per cento in termini di unità di lavoro standard (Ula), incorporando un ridimensionamento delle ore lavorate. L’inflazione, pur se con un moderato aumento nel biennio di previsione, si dovrebbe attestare in media all’1,8%, anche per effetto di pressioni da fattori esogeni. Nel complesso, il quadro macroeconomico dell’economia italiana è soggetto a rischi. Vi sono rilevanti fattori d’incertezza anche all’interno del Paese, in primo luogo sull’evoluzione del Pnrr e la realizzazione dei progetti nei tempi programmati.

Sullo scenario internazionale, alla volatilità sui mercati delle materie prime energetiche causate dai conflitti in Ucraina e Medio Oriente e all’inasprimento del protezionismo Usa nello scacchiere commerciale mondiale (con dettagli e impatti sull’Europa ancora da definire) si aggiunge la dinamica del cambio euro-dollaro, che agisce da ulteriore “dazio implicito” per le esportazioni europee. Peggiorano le prospettive degli scambi tra i Paesi, tanto da portare il Fondo Monetario Internazionale a indicare un rallentamento del commercio mondiale sia nel 2025 che nel 2026.

L’area dell’euro vede rientrare gradualmente l’inflazione che tocca il 2% a giugno, in linea con l’obiettivo della Banca centrale europea. A fronte di uno scenario globale fortemente incerto, le banche centrali mantengono una linea di prudenza sul percorso di allentamento monetario. L’indebolimento del dollaro nella prima metà del 2025 si è associato a movimenti di capitali verso l’Europa; si sono quindi ridotti gli spread di rendimento tra titoli sovrani dell’area dell’euro, tra cui quello Btp-Bund, sceso sotto i 90 punti base il mese scorso.

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