L’ultima guerra di Infantino: Mondiale di calcio sempre in inverno
- Postato il 10 ottobre 2025
- Di Panorama
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La campagna di inverno di Gianni Infantino, presidente della Fifa e uomo che sta ridisegnando i confini non solo politici ed economici del calcio mondiale, è iniziata in realtà da tempo. Ora, però, il numero uno di Zurigo è uscito alla scoperta verbalizzando quello che era noto almeno dal 2022, anno della prima volta di un Mondiale giocato nel mezzo della stagione europea con la scusa – nemmeno tanto inventata – che in Qatar non ci fossero le condizioni per presentarsi in campo a luglio.
Infantino ha lanciato il suo proclama parlando all’ex Eca che ora si chiama EFC (assemblea dei club del Vecchio Continente): “Sembra abbastanza ovvio per i Mondiali, certi tornei non si possono giocare in estate in alcune località, quindi dovremo cambiare il calendario. Ne stiamo parlando, ma non solo per il Mondiale che si svolgerà tra nove anni in Arabia Saudita. La riflessione deve essere generale. A luglio fa molto caldo per giocare anche in alcuni Paesi europei, quindi forse dobbiamo riflettere su questo”.
Mondiale in inverno, cosa accadrà in Arabia Saudita nel 2034
D’estate fa caldo, insomma. Non solo in mezzo al deserto. Dunque per il presidente della Fifa bisogna ragionare tenendo “la mente aperta”. Cosa significa? Semplice. Nel 2034 in Arabia Saudita è molto probabile che si tornerà a interrompere la stagione internazionale per dare spazio al Mondiale, non è ancora ufficiale ma non è semplice indicare soluzioni alternative. Infantino, però, vuole istituzionalizzare il cambio di calendario andandosi a prendere una fetta del mercato ora gestito dalla Uefa e dai club europei dopo aver messo le mani nel piatto già con il Mondiale per Club allargato a 32 squadre che ha avuto il pregio di distribuire tanti soldi e, dunque, non è inviso ai padroni del pallone.
Sul Mondiale invernale, invece, le resistenze sono maggiori. Anche perché l’esperienza del 2022 in Qatar, che per Infantino è da considerarsi positiva, non è stata accolta con altrettanto entusiasmo dagli interlocutori seduti allo stesso tavolo. Se il sindacato calciatori fa fuoco e fiamme per il moltiplicarsi degli impegni soprattutto per i top player, tutti gli altri guardano alla torta dei ricavi da televisioni e sponsor; un pozzo che non è senza fondo e nel quale spostare investimenti da una voce all’altra significa rendere più ricco qualcuno e più povero tutti gli altri.
Non è differente dalla battaglia che si sta consumando intorno a quello che sarà la Champions League dal 2027 in poi: lo stesso format, già potenziato, o qualcosa di ancora più impattante? I grandi club un po’ ovunque premono per ridurre il peso dei tornei nazionali, scendendo a 18 o 16 squadre per liberare date da occupare con grandi match internazionali, più remunerativi. Le piccole e le medie società fanno fronte unico, fino a quando riusciranno a tenere. Il Mondiale istituzionalizzato d’inverno, però, aggiungerebbe un altro elemento di rottura.