L’ultimo uomo della pietra: Antonino Milardo
- Postato il 9 ottobre 2025
- Editoriale
- Di Paese Italia Press
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C’è un luogo, tra le pieghe calcaree dei Monti Iblei, dove la storia non è scritta sui libri ma incisa nella roccia. È la Pirrera Sant’Antonio, antichissima cava di tufo bianco, scavata a mani nude da generazioni di cavatori che hanno fornito la pietra viva al Barocco del Val di Noto. Da quelle viscere è nata infatti la luce delle cattedrali, la grazia dei balconi ricamati, la carne delle città che oggi l’UNESCO chiama patrimonio dell’umanità.
La Pirrera non è solo un luogo: è una ferita che brilla. È l’officina segreta di un’epoca in cui l’uomo modellava la terra e la terra, in cambio, gli insegnava l’umiltà.

L’ultimo pirriaturi
E c’è un uomo, laggiù tra i Monti Iblei, che ha novantacinque anni e la memoria di mille. Si chiama Antonino Milardo, e se lo incontri ti sembra scolpito nella stessa pietra che per tutta la vita ha estratto con le sue mani. È l’ultimo cavatore rimasto della Pirrera Sant’Antonio, la cava del Barocco, e in lui la Sicilia antica respira ancora, come brace sotto la cenere. È quella che affiora dal silenzio delle cave, dove la pietra aveva un’anima e gli uomini la cavavano a mani nude.
Antonino non parla: scava anche quando racconta. Ogni parola è un colpo di piccone. Ti dice “scinnìvamu di matinu prestu, prima ca spuntava u suli” e tu lo vedi, quel mondo. Lo senti, quel suono: il colpo secco del ferro sul tufo, il ritmo faticoso di cento uomini chini che cavavano il pane dalla roccia. Non c’erano sindacati, ferie, né diritti. C’era la fame, e c’era la pietra. Due maestre severe, ma oneste. La cava non era un luogo: era una madre e una tomba insieme. Dentro, la luce si faceva ricordo e il tempo scompariva. Gli uomini sputavano la polvere e continuavano a colpire, come se ogni gesto fosse una forma di fede. “Ogni colpo era una preghiera”, dice Antonino. E lo dice senza poesia, come chi sa che la poesia è solo verità che ha smesso di sanguinare.
Mi racconta di un ragazzo, un pirriaturi, come venivanochiamati i cavatori di questa cava secolare, vent’anni appena, che cadde da un’impalcatura marcita. “Currimmu, ma era già finita.” Nessuno gridò, nessuno bestemmiò. Si tirò avanti. Perché laggiù, o lavoravi la pietra o scavavi la fame. Non c’erano alternative. Ma c’era dignità, quella parola che oggi si è fatta tanto rara da sembrare antica.

La Cava del Barocco di Melilli (Siracusa)
Il sabato era la liturgia della sopravvivenza: qualche lira, due uova sode, un bicchiere di vino, e la sensazione che, per un’ora almeno, la vita valesse la pena di essere vissuta. Poi si tornava a casa, le mani dure come il tufo, la schiena spezzata, e gli occhi pieni di quella luce opaca che solo chi ha lavorato sottoterra conosce.
Antonino non è solo un uomo, è un archivio. Nei suoi calli ci sono le mappe di un mestiere scomparso, e nella sua voce il suono di un’Italia che abbiamo buttato via come una scarpa vecchia. Quella in cui il lavoro era fatica, sì, ma anche orgoglio. Quella in cui la parola “fare” veniva prima di “pretendere”.
Oggi, davanti a lui, la cava dorme. Ma ogni volta che Antonino parla, sembra che le pareti si risveglino, che i lumini tremolanti tornino ad accendersi. “A petra è viva,” mi dice. E io ci credo. Perché in Sicilia anche le pietre hanno memoria — e certe memorie, se smetti di ascoltarle, diventano pietra.
Antonino Milardo è l’ultimo di una razza che non tornerà. E quando anche lui se ne andrà, resterà solo il silenzio.
Un silenzio che pesa come un macigno, e che ci ricorda chi siamo stati, prima che il rumore del mondo ci convincesse di essere moderni.

Nota dell’autore
Oggi la Pirrera Sant’Antonio Cava del Barocco è una delle mete turistiche d’eccellenza del territorio di Melilli e della Sicilia. Può essere visitata con visite guidate telefonando a questo numero oppure prenotando il biglietto su Vivaticket. Informazioni dettagliate sulla sua storia, sugli eventi culturali, eno-gastronomici e sociali che si svolgono nella cava sono disponibili sul sito dell’Assessorato al Turismo della Regione Sicilia, o sulla pagina Facebook ufficiale della Pirrera.
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