L’uomo che inventò il «tempo a pagamento»

  • Postato il 2 settembre 2025
  • Di Panorama
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Oklahoma City, gli automobilisti erano “costretti” a parcheggiare in seconda e terza fila al punto che la congestione del traffico stava assumendo le dimensioni di un’autentica emergenza. I posteggi regolari, lungo i marciapiedi, venivano occupati all’alba e liberati quando già faceva sera. Perciò, chi aveva necessità di fermarsi per pochi minuti doveva arrangiarsi, confidando nella pazienza di quelli che gli stavano dietro.

L’arrivo dei parchimetri

Per rispondere alle lamentele dei commercianti e all’irrequietezza dei vigili urbani, al lavoro sotto il peso degli ingorghi, arrivarono «i parchimetri». I primi a essere installati (16 luglio 1935) erano delle cassette che assomigliavano agli orologi a cucù e, in effetti, funzionavano come una sveglia con una molla da caricare con una chiavetta.

Un’ora di posteggio costava 5 centesimi. Cifra non del tutto trascurabile. Pur con qualche approssimazione, equivarrebbe a due dollari e mezzo. Il che consigliò gli habitué della sosta a oltranza a considerare diversamente l’utilizzo del parcheggio. E li obbligò a tenere a portata di tasca le monetine da infilare nella fessura di quella macchinetta.

La diffusione negli Stati Uniti e nel mondo

Le amministrazioni americane trovarono l’idea meritevole di essere copiata. I parchimetri contribuivano ad assicurare un migliore ordine sulle strade e, alla fine, si traducevano in una voce attiva nel bilancio municipale.

In tre anni, negli Usa, i parchimetri utilizzati furono 180 mila e, nel giro di un decennio, varcarono gli oceani per diventare un aggeggio di arredamento stradale di ogni città di qualche dimensione.

All’inizio del terzo millennio, i parchimetri attivi hanno superato quota 12 miliardi. Solo alcune regioni dell’Africa e dell’Asia non si preoccuparono di installarli. Ma, adesso, diminuiscono anche sulle arterie centrali dove l’utilizzo era capillare.

Dall’epoca analogica alle app digitali

La definizione di «isole pedonali» e di «zone a traffico limitato», insieme alle app per il pagamento digitale, ha ridotto l’uso dei parchimetri tradizionali.

  • A Roma si è passati da 14 mila a 10 mila.
  • Milano, da 16 mila a 8 mila.
  • Firenze è la terza città italiana con 4 mila.
  • Torino, Genova e Palermo non arrivano a 3 mila installazioni.

Carl Magee, un inventore dimenticato

Il successo di questi impianti e la loro diffusione capillare ne misero in ombra l’inventore. Carl Magee, cui si deve la costruzione del prototipo e la sua commercializzazione, fu un personaggio eclettico e geniale. Laureato in giurisprudenza nello Iowa, si appassionò al giornalismo più che alle aule di tribunale.

Nel 1922 fondò il Magee’s Indipendent nel Nuovo Messico, che poi divenne l’Albuquerque Tribune, rimasto in edicola fino al 2008.

Lo scandalo Teapot Dome

Magee scoperchiò il pentolone del Teapot Dome Scandal, uno dei più grandi casi di corruzione nella storia degli Stati Uniti, riguardante concessioni petrolifere assegnate senza bando e in cambio di tangenti.

Il protagonista negativo fu Albert Bacon Fall, segretario agli Interni dell’amministrazione Harding, che finì in carcere. Magee, con le sue inchieste, fu decisivo nell’apertura del caso.

Vita da cronista d’assalto

Magee pagò caro il suo coraggio: fu aggredito, picchiato e coinvolto in una sparatoria in un saloon, per la quale fu processato e graziato dal governatore. Vendette il giornale e si trasferì in Oklahoma, dove fondò l’Oklahoma News.

Proprio lì, dopo essersi occupato a lungo del problema del traffico cittadino, il sindaco gli propose di trovare una soluzione.

La nascita del parchimetro

E così, dall’intuito di un giornalista diventato inventore, nacque il parchimetro, destinato a cambiare per sempre il modo di vivere le città.

Autore
Panorama

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