M5Stelle e Lega contemplano il crollo dei voti, Conte e Salvini resistono, Appendino e Zaia in agguato

  • Postato il 22 ottobre 2025
  • Politica
  • Di Blitz
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Se nel M5Stelle piangono, nella Lega non ridono. È il tempo del “redde rationem”.

Dopo Giuseppe Conte, abbandonato dalla sua vice Chiara Appendino, finisce sulla graticola anche Matteo Salvini che in Toscana è sceso dal 21 per cento di preferenze ad un misero 4 per cento.

Nei pentastellati si apre un vortice che forse potrebbe portare ad una clamorosa scissione: da una parte i grillini che tornano a fare la voce grossa, dall’altra i fedelissimi dell’avvocato del popolo che mira invece a proporsi come il vero leader della sinistra, l’unico in grado di contrastare il passo al centro destra e magari anche a batterlo.

Il campo largo, insomma, cambierebbe padrone perché Elly non è stata in grado di compattarsi con i cespugli finendo solo con l’urlare e non proporre.

Un sintomo di questa metamorfosi si è avuta ieri quando è stata organizzata una manifestazione pro Sigfrido Ranucci, il giornalista vittima di un vile attentato.

Il padrino del raduno è stato inequivocabilmente il leader dei pentastellati che ha spadroneggiato in piazza Santi Apostoli lasciando soltanto un piccolo spazio ad una timida Elly Schlein.

L’arrivo di Conte

M5Stelle e Lega contemplano il crollo dei voti, Conte e Salvini resistono, Appendino e Zaia in agguato, nella foto conte e schlein
M5Stelle e Lega contemplano il crollo dei voti, Conte e Salvini resistono, Appendino e Zaia in agguato – Blitzquotidiano.it (foto ANSA)

Quando è arrivato con due macchine di scorta, qualcuno ha applaudito e c’è stato anche chi ha gridato: “Viva Conte premier”.

Tutto questo vuol dire che la batosta presa in Toscana è già dimenticata? Niente affatto: la frangia dei seguaci dell’Appendino dimostra di avere i numeri per andare avanti riportando però il Movimento indietro quando non era succubo del Pd e vantava preferenze da capogiro.

Altri tempi, altri traguardi. Oggi bisogna essere più realisti: ingoiare il rospo delle ultime consultazioni e trovare la strada giusta per non farsi travolgere dalle nuove proposte.

È la stessa piaga che affligge la Lega di Matteo Salvini che pur avendo un doppio incarico di vice premier e ministro delle infrastrutture, non riesce più a galvanizzare la folla del Nord. Va in giro per l’Italia, ogni giorno una tappa, cerca in tutti i modi di far parlare di sè, a volte (se non spesso) con strategie che fanno a pugni con le idee della premier.

La Lega spaccata

“È troppo invadente”, sostiene una parte non piccola del suo partito. In questa maniera, i vecchi leghisti del Nord non apprezzano il suo lavoro e cominciano a nutrire dubbi sul ruolo che occupa. Significa che la sua poltrona di segretario del partito vacilla? No, non si arriva a tal punto, ma la verità è che Matteo non ha più quella maggioranza che lo portava ad essere il leader indiscusso di via Bellerio.

I grattacapi non sono pochi, lo si è visto quando si è trattato di scegliere il candidato che dovrà succedere (se vincerà) a Luca Zaia, il quale è ancora il, vero dominatore della scena.

Dice l’ormai ex: “Sono  in tanti a dire che io sono un problema per la Lega. Se è così, lo diventerò davvero e mi presenterò come capolista in tutte le province della “mia” regione”. Ecco fatto: qualcuno vuole  attraversare il Rubicone? Spaccare il partito e far nascere due Leghe, quella storica del Nord ed un’altra che non ha per oggi propositi concreti?

L’interrogativo non si pone per il momento, ma certo che se le prossime elezioni di novembre dovessero andar male, allora la musica potrebbe cambiare. Come, non si sa.

Il panorama politico è assai confuso.Il Pd di Elly Schlein è dilaniato dalle polemiche, il campo largo potrebbe restringersi  se i riformisti (i democristiani di una volta) alzassero le barricate. Tanto più che la segretaria non ha più l’apporto di tutto il sindacato. La Cisl ha detto addio da tempo, la Uil di Pierpaolo Bombardieri sfoglia la margherita, preferisce “il confronto all’antagonismo che non porta più risultati”. Rimane solo Maurizio Landini che si trova al momento tra Scilla e Cariddi. La Cgil dovrà lasciarla, il Parlamento lo accoglierà?

L’altra sera durante una trasmissione tv che non nasconde le sue scelte, il conduttore ha intervistato Pier Luigi Bersani, spesso ospite del programma. Inutile ricordarlo, lui è stato un importante personaggio dell’allora PCI, poi diventato Pds e infine Pd. Tanto è vero che il presidente della Repubblica gli dette l’incarico di formare il governo.

Non si riuscivano a trovare i numeri per una maggioranza, l’ultima occasione poteva essere quella di rivolgersi ai grillini, guidati allora da “Beppe, detto il vaffa”. Ed è proprio con un “vaffa”, sia pure cortese, che Bersani dovette mollare in diretta a telecamere accese.

Oggi è tutto per Sigfrido Ranucci e ritiene che sia anche colpa di certa stampa che guarda solo a destra se succedono episodi di questo genere. Cattivi giornalisti, dunque. Gli stessi che lo criticarono quando fu respinto da Grillo? No, quelli erano di sinistra, ma il risultato fu identico. Zero assoluto.l

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Autore
Blitz

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