Machiavelli terrebbe in gran conto l’età di Mamdani, principe a New York

  • Postato il 6 novembre 2025
  • Di Il Foglio
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Machiavelli terrebbe in gran conto l’età di Mamdani, principe a New York

Abito a nemmeno dieci minuti dalla casa di Sant’Andrea in Percussina in cui Niccolò Machiavelli scrisse il Principe e molto del resto, altri cinque minuti e si arriva a San Casciano Val di Pesa. Penso che noi di questi paraggi abbiamo una piccola responsabilità ereditaria: quando discorriamo di Stati, al bar, dobbiamo essere un po’ meno cretini dell’ordinario. Oggi cominciano gli incontri annuali del Comune di San Casciano dedicati alle Machiavellerie. Con fior di studiosi, a cominciare da Daniele Conti che cinque anni fa ha fatto il colpo di ritrovare un manoscritto cinquecentesco in cui Giuliano de’ Ricci, discendente ed erede di Machiavelli, aveva copiato una congerie di appunti storici di Niccolò, negli anni in cui era segretario fiorentino, 1498-1512, scritti su certi “quadernucci e stracciafogli di sua mano”.

(Sono pubblicati in un ingente volume della Scuola Normale e dell’Istituto del Rinascimento). Il mondo di Machiavelli era diverso dal nostro, si dirà. Certo. C’era l’America, appena arrivata, anche se lui non ci fece gran caso e si attenne all’Europa e al Mediterraneo, e al Turco incombente – la Turchia non ha mai smesso di incombere. Anche allora dominavano l’instabilità e le cose nuove. Quando le cose sono ordinate, come a noi è sembrato essere specialmente dal 1989 al 2001 o al 2022, e la democrazia formale non è insidiata dalla smisuratezza dei patrimoni e dall’eccitazione degli individui, le persone elette a rappresentare periodicamente il potere sono meno importanti. Le istituzioni contano più delle persone, che vi si adeguano piuttosto che trasformarle o sovvertirle. Il bipartitismo, più o meno imperfetto, permette un’alternanza sfebbrata, a garanzia della continuità. Al contrario, quando interviene il disordine, e il bipartitismo diventa una parodia o un’anticipazione della guerra civile, le istituzioni vengono piegate al temperamento delle persone votate a esercitare il potere. I democratici sono per lo più vecchi come le istituzioni nella cui solidità confidano, e si concedono eccezioni che immaginano brevi e rimediabili. In Italia per esempio la Presidenza della Repubblica inaspettatamente si rassegna al raddoppio del mandato, senza badare all’età (Napolitano rieletto aveva 88 anni), precisando che sia una volta tanto.

Poi l’eccezione si è ripetuta con Mattarella. E’ successo perfino col Papa, le cui dimissioni inaudite non erano solo il segno di una difficoltà della Chiesa, ma anche della longevità contemporanea. Le cariche a vita si allungano troppo – anche quella, la più accanita, dell’ergastolo. Negli Stati Uniti i democratici hanno confidato così ciecamente nella prevalenza dell’istituzione rispetto alla personalità da contentarsi di ricandidare il vecchio e stanco Biden contro il vecchio e tracotante avventuriero Trump, anche lui recidivo alla carica, ma promettente di rovesciare il tavolo. Del resto del mondo si vede a occhio nudo la tempesta. Machiavelli, che sapeva immaginarsi nei panni del principe e del papa, e viveva in tempi tempestosi, stava attentissimo alle qualità personali degli aspiranti al potere rispetto alla fragilità delle istituzioni.

Lo stesso papato di allora era esposto senza riparo ai fortunali. Così lui e i suoi intelligenti interlocutori, Guicciardini, Vettori, facevano un gran conto dell’età e del carattere dei contendenti, che fossero giovani, ricchi, audaci, impulsivi, e avidi di affermarsi – e fortunati. Al contrario, sapevano effimeri i successi di individui anche audaci e addirittura indiavolati, come il Papa Giulio II, cui però l’età avanzata avrebbe interrotto l’impresa a mezzo e senza lasciare eredi. Così, da un re d’Inghilterra poteva aspettarsi che si facesse potentissimo “sendo giovane et danaroso, et ragionevolmente cupido di gloria”, e che non fosse temibile un re di Spagna “vecchio, stracco, infermiccio”… “I principati ordinati dai papi hanno avuto poca vita, perché il più delle volte i pontefici, vivendo poco tempo, o non finiscono di piantare le proprie piante, o le lasciano con radici così deboli che al primo vento si fiaccano”. Era successo al suo vero eroe, il Valentino, che d’un tratto aveva perso la protezione di suo padre, Alessandro VI Borgia, e si era ammalato: straordinario colpo di sfortuna.

Poteva succedere perfino che venisse eletto “un papa giovine, ricco e ragionevolmente desideroso di gloria, e… con fratelli e nipoti senza stato”, dunque deciso a procurargliela, un’eredità di Stati, a fratelli e nipoti, cioè figli. Successe con Leone X, eletto a soli 37 anni – convincendo il concistoro che era di salute malferma e non sarebbe durato, e in effetti morì a 46. Leone X, Giovanni de’ Medici, richiama il vigente Leone XIV, eletto a 70 anni, che oggi non è un’età molto avanzata e gli permette di fare programmi lunghi abbastanza. Ma i ragionamenti di Machiavelli e dei suoi amici fanno esattamente al caso dell’elezione trionfale di Zohran Mamdani a sindaco di New York, a 34 anni, e sposa di 27. Così da autorizzare a sperare che l’altroieri sia rintoccata la campana d’uscita per Donald Trump, laido briccone ottuagenario, che l’ha sentita bene quando ha commentato lividamente che Mamdani aveva stravinto perché non c’era il suo nome sulla scheda, e che gli taglierà i viveri. Machiavelli avrebbe esultato alle parole e al tono di Mamdani: “So che mi stai ascoltando: alza il volume! Abbiamo sconfitto una dinastia”. Bene, un po’ mi sono divertito, un po’ dico sul serio che Donald Trump, e la carovana di brutalità e trivialità che gli fa corona, non è l’interprete di un mondo nuovo, ma il testardo filibustiere e rivelatore, per eccesso, del mondo vecchio. Lui e i suoi colleghi telefonisti. Fossili, letteralmente. E, potendo scegliere, è meglio essere amato, che temuto. Possiamo scegliere.

 

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Autore
Il Foglio

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