Marco Montemagno: “Racconto la tecnologia e le sfide del futuro con entusiasmo e leggerezza”
- Postato il 25 aprile 2025
- Di Panorama
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Sguardo intelligente, milioni di followers tra YouTube, TikTok e Instagram, il più innovativo tra i divulgatori italiani (anche se da anni vive a Brighton), esperienze in programmi tv e radio, un passato da professionista di pingpong. Marco Montemagno (Monty) è ormai un punto di riferimento per le tutte le tecnologie emergenti.
Dal 5 maggio, sarà finalmente in tour, toccando i più grandi teatri italiani con il suo primo e attesissimo spettacolo, “Montemagno Live 2025”, un monologo in cui si alterneranno idee, consigli e risate, esplorando insieme al pubblico le sfide del futuro.
Marco, la definiscono imprenditore, divulgatore, esperto di tecnologia; come si racconterebbe a chi non la conosce?
“Mi definirei un “dilettante professionista”: sono immerso nel mondo della tecnologia da oltre venticinque anni, e gioco tra due mestieri: da un lato imprenditore (creo e sviluppo start up digitali), dall’altro divulgo le opportunità del mondo della tecnologia e di quello che è il futuro che ci viene incontro, cercando di creare contenuti utili ed efficaci”.
E nel creare contenuti stimolanti, Monty ha un plus, perché ha la capacità di rendere interessante e soprattutto divertente un tema che per sua natura non sempre è associato a simpatia e leggerezza, sapendo incuriosire fin dai primi istanti, i milioni di persone che navigano sui social.
Marco, l’Intelligenza Artificiale è il suo pane, e proprio a un’app di AI ho chiesto di propormi un paio di domande per lei. Ecco la prima: negli ultimi anni ha parlato molto di futuro del lavoro. Secondo lei, qual è l’errore più grande che le persone stanno facendo oggi nel prepararsi al mondo che verrà?
“Percepisco sempre più spesso, come la gente sottovaluti la velocità con cui sta andando la tecnologia. Si pensa che l’Intelligenza Artificiale sia il futuro, senza però accorgersi che in realtà, l’AI è già qui. È il presente, quel presente di cui non ci siamo ancora resi conto. Si pensa di avere tempo, invece il tempo non c’è. Ogni cinque mesi i modelli di AI raddoppiano di capacità, e questo significa che nel giro di due anni, avremo un’AI più capace della somma di tutti gli esseri umani messi insieme. Nel mondo del lavoro, bisognerebbe avere un approccio “geografico”, e non “storico” come invece siamo abituati ad avere noi. Approccio storico significa basarsi su quello che è successo fino ad oggi, ai percorsi di studio decisi anni fa, quado l’AI neanche esisteva. Si dovrebbe invece immaginare il lavoro come una mappa, capire come arrivare dal punto A al punto B, con la consapevolezza però che la cartina cambia in continuazione, e come in una partita a scacchi, in base alla mossa dell’avversario, si devono riadattare le proprie decisioni”.
La seconda domanda che avrebbe voluto porle l’AI riguarda l’innovazione che secondo lei farà la differenza nel prossimi anni…
“L’intelligenza artificiale sta divenendo sempre più il battito cardiaco della società. Nei prossimi anni sarà tutto basato su di lei, ma nell’interesse di tutti. Potrebbe per esempio trovare delle soluzioni che noi umani non ci saremmo mai immaginati, come la soluzione a un problema ambientale, o una cura a una malattia ancora sconosciuta. La tecnologia porta sempre un atteggiamento di paura, ma bisogna semplicemente “allenarsi” per affrontare il contesto. Quando inizi a sporcarti le mani in questo mondo, ti si apre un vero e proprio universo di possibilità. Si potrebbe anticipare questo cambiamento utilizzando l’AI a proprio vantaggio. È un bilanciamento difficile tra il nostro pessimismo e il nostro ottimismo. Si dice che il pessimista spesso abbia ragione, ma che l’ottimista spesso abbia successo: la cosa che paga di più è un ottimismo basato sul buon senso, un ottimismo intelligente”.
E nel suo spettacolo suggerisce spunti e idee per gestire queste nuove situazioni?
“Assolutamente sì. Questo show è un progetto che volevo realizzare da molto tempo: parlando davanti a una telecamera, raggiungi milioni di persone, ma non c’è la possibilità di instaurare un rapporto fisico con il pubblico. È un format che in Inghilterra c’è qualche tempo (in Italia un po’ meno, e sicuramente non esiste sui temi che tocco io); si chiama “Educational Stand Up”, e cerca di mescolare il diffondere del sapere, come potrebbe essere un mini-master, un Ted-talk o una lectio magistralis, al divertimento simile allo stand up dei comici. L’idea è quella di portare in un luogo sacro come il teatro il tema del futuro. Un racconto di quello che sta per arrivare, esplorando i grandi cambiamenti che stanno trasformando il lavoro e la società, in un modo spiritoso e leggero”.
Un format tutto da scoprire, per andare a casa con un bagaglio culturale in più e con qualche paura in meno sul futuro. Un viaggio per affrontare il domani con buon senso, diventandone protagonista attivo.
Tutto questo, divertendosi.