Matteo Renzi, ma perché i giornali ne parlano in continuazione?
- Postato il 23 luglio 2025
- Di Panorama
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C’è un mistero di cui non riesco a trovare la spiegazione. Più calano i consensi di Matteo Renzi, più aumentano gli articoli a lui dedicati sui giornali. Interviste, dichiarazioni, anticipazioni: ogni giorno ha la sua pena, con la faccia e il nome dell’ex presidente del Consiglio in bella vista. Pier Silvio Berlusconi dice che lo considera «simpatico, intelligente e bravo, ma ha perso credibilità elettorale e peso politico». Il fondatore di Italia viva prende la palla al balzo e annuncia di lasciare la Mondadori, con cui ha pubblicato l’ultima sua fatica letteraria, a causa dell’attacco alla sua persona da parte dell’editore. Ovviamente nessuno gli fa notare che dire di qualcuno che è bravo e intelligente non pare proprio un colpo basso, né che la perdita di credibilità e di peso politico è un dato di fatto certificato dai sondaggi, in cui il suo partito è accreditato al 2 per cento, al punto che Italia viva è stata ribattezzata Italia morta. I giornali riportano senza fiatare e senza ridere lo sproloquio dell’ex premier, il quale sui social straparla di aggressione da parte di Pier Silvio e annuncia che non si farà imbavagliare ma continuerà la sua battaglia in difesa delle istituzioni.
E se una mattina, dopo aver letto i giornali, se la prende con Berlusconi figlio, accusandolo fra l’altro di averlo oscurato sulle reti Mediaset (dove, dall’inizio dell’anno, è comparso nei talk show una decina di volte anche con interviste singole che di solito si riservano ai big e ha avuto circa 150 citazioni in tg e trasmissioni varie), il giorno dopo nel mirino mette Alessandro Giuli, reo di essersi sentito censurato dal Corriere della Sera per aver risposto a tono a un editoriale del quotidiano di via Solferino. Ovviamente Renzi nella disputa fra il titolare della Cultura e il giornale non c’entra nulla, ma lui, pur di conquistare una citazione, si infila lo stesso, con una dichiarazione di solidarietà alla redazione e un attacco al ministro. Da quando, con un emendamento alla manovra presentato da Fratelli d’Italia, è stato proposto di vietare a membri del governo e parlamentari di percepire compensi lordi superiori a 50 mila euro da soggetti esteri, Renzi, i cui redditi arrivano in gran parte da Paesi stranieri, è scatenato e non perde occasione per attaccare di volta in volta Meloni, Tajani, Salvini, Lollobrigida, Giuli in un crescendo rossiniano. Interviste, interventi, dichiarazioni e partecipazioni a talk show e podcast sono puntigliosamente riportati sul suo sito e sui social che lui stesso alimenta bulimicamente. Così possiamo sapere che nei primi 15 giorni di luglio ha concesso ben due interviste alla Stampa, due a Repubblica, una al Secolo XIX. Il meglio però, l’ex premier lo ha dato a maggio, quando ha invaso da Nord a Sud tutte le pubblicazioni quotidiane, passando dal Messaggero Veneto a l’Altravoce-Il quotidiano del Sud, con un paio di interviste al Foglio, due al Corriere, una ad Avvenire, una al Messaggero di Roma, un’altra al Giorno di Milano e già che c’era, nei ritagli di tempo, ne ha concessa una pure a Milano Finanza. Un’invasione a testate unificate che non ha precedenti, ma soprattutto che non ha spiegazione, visto che Renzi non ha quasi mai nulla di nuovo da dire. Perché tanto spazio a uno che ha il 2 per cento? Sarebbe come se quasi ogni giorno, in Gran Bretagna, i quotidiani del Regno Unito intervistassero Adrian Ramsay e Carla Denyer. Sì, d’accordo, i due co-leader del Green party dell’Inghilterra e del Galles non sono mai stati premier, però alle ultime elezioni il loro partito ha preso il triplo di quanto portato a casa dall’ex sindaco di Firenze.
Dunque, riformulo la domanda: perché mentre calano i voti di Italia viva aumentano le interviste al suo (af)fondatore? La riposta che mi sono dato è duplice. Per prima cosa ho pensato che il Bomba – questo il suo soprannome da ragazzo – le spara talmente grosse che i giornali sono costretti a occuparsi di lui. Ogni giorno si inventa i nemici e un complotto (ricordate il ridicolo scandalo della professoressa che immortalò lui e un uomo dei servizi segreti in una piazzola autostradale durante il Covid? Invece di dire cosa ci facesse a colloquio con uno spione, Renzi montò una tal cagnara che la poveretta fu costretta a giustificarsi come se stesse pedinando il fondatore di Italia viva). La sua specializzazione ultimamente sono i giornalisti, di cui – nonostante in passato i rapporti non fossero idilliaci, al punto che Sallusti riferì di una gentile minaccia telefonica («Ti spezzo le gambe») – ora prende le difese, forse sperando nell’ennesima intervista: e i casi Giuli e Paragon paiono su quella strada, con quest’ultimo definito il «Watergate italiano». Boom. Vi state chiedendo qual è la seconda ragione che mi sono dato per la moltitudine di interviste? È la risposta più banale: i giornali sono così a corto di idee e argomenti che anche un’intervista a Renzi aiuta a riempire le pagine bianche.
Ps. Ma dopo l’addio a Mondadori in polemica con Pier Silvio, Renzi diserterà anche le trasmissioni Mediaset, rinunciando a decine di interviste tv e radio? Ah, saperlo.