Mattia Caldara, l’ex Milan dice addio a soli 31 anni: da Van Basten a Varane passando per Cantona, quando il calcio diventa usurante

  • Postato il 15 novembre 2025
  • Di Virgilio.it
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Mattia Caldara ha annunciato il ritiro dal calcio giocato a soli 31 anni. L’ex difensore di Atalanta e Milan ha annunciato l’addio al campo con una lunga lettera emozionante dove ha raccontato tutto il suo calvario con gli infortuni e i disagi mentali che il percorso ha provocato su di lui. Quest’estate la decisione definitiva sul suo futuro, dopo la scadenza del contratto con il Modena: “Luglio 2025. Nuova visita da uno specialista. La prima che ho fatto insieme a mia moglie. Eravamo seduti davanti al dottore. “Mattia”. Attimo di silenzio. ‘Non hai più la cartilagine della caviglia. Se continui tra qualche anno dovremo metterti una protesi'”, così scrive Caldara nella lunga lettera scritta su gianlucadimarzio.com.

Quell’ipotesi assurda quanto concreta ha portato il difensore a prendere la decisione definitiva: “In quel momento l’ho deciso. Mi sono convinto. ‘Cosa vado avanti a fare?’. Ero in quella situazione nonostante avessi corso molto meno di quanto avrei fatto in un ritiro con una squadra. ‘Che senso ha tutto questo?'”.

“Caro calcio ti saluto”: la lettera emozionante di Caldara

La lettera dell’annuncio inizia così: “Un foglio bianco, una penna. Chiudo gli occhi, butto fuori l’aria. Li riapro, è arrivato il momento. Caro calcio, io ti saluto. Ho deciso di smettere. No, non è stato facile deciderlo. Non lo è neanche scrivere queste parole. ‘Caro calcio, io ti saluto’. Continuo a rileggerle”. Poi Caldara parla dei suoi inizi con l’Atalanta, dell’esordio contro il Napoli e del passaggio alla Juve, anche senza averci giocato: “Venivo da stagioni in cui ero abituato a giocare e lì avevo davanti Chiellini, Bonucci, Barzagli. ‘Abbi pazienza Mattia. Resta qui’, mi ripeteva Giorgio. Ma io sapevo che non avrei trovato spazio. Sono rimasto poche settimane, solo per il ritiro estivo. Quando ho saputo dell’interesse del Milan ho accettato”. Una decisione che però il difensore ancora oggi rimpiange: “Sono stato debole di testa. Mi avrebbe fatto bene rimanere in un mondo come quello della Juve, imparare da quei campioni, crescere stando con loro anche senza giocare tanto. Mi sono mancate un po’ di forza mentale e di maturità. Magari la mia carriera sarebbe stata diversa, chissà. È il più grande rimpianto che ho“.

La faccia di Maldini dopo l’infortunio e il malessere mentale

Il primo infortunio per Caldara arriva proprio poco dopo l’arrivo ai rossoneri: “Era la mia grande possibilità. In quei colori erano racchiuse le mie speranze. Ottobre, un allenamento come tanti altri. Stavo correndo, all’improvviso una sensazione mai provata pima, come se qualcuno mi avesse sparato sul tendine. Pensavo che qualcuno mi avesse calpestato la caviglia. Mi ero voltato a guardare: non c’era nessuno. Ricordo la faccia di Maldini mentre ero sul lettino. Leggevo il dispiacere sul suo volto: avevo capito tutto”.

Dopo un anno è pronto a rientrare, ma Borini gli cade sul ginocchio in un altro allenamento: “Mi sono rialzato in piedi per tornare a correre, non potevo essermi rotto ancora. Appena ho appoggiato il piede, sono crollato a terra. La gamba non mi reggeva, il mio ginocchio era spappolato”. Caldara non si riprenderà mai da quel secondo infortunio così pesante: “Un suono, un secondo, un istante. La mia anima era devastata. Qualcosa era cambiato in me. Dal tendine mi ero ripreso, il ginocchio era diverso. In quella settimana la mia vita è cambiata. Cambiata per sempre. La mia testa non era pronta per sopportarne le conseguenze. ‘Mattia Caldara è finito'”.

Da lì inizia il lungo calvario da fisico si è poi trasformato in mentale: Il malessere mentale non è semplice da spiegare a parole. Finché non lo vivi, non se ne conoscono sembianze ed effetti. È simile a un velo. Invisibile, ma capace di opprimerti. Da fuori non si vede, ne osservi solo le conseguenze. E, con il suo silenzio assordante, piano piano ti cambia. Ti offusca i pensieri, ti fa perdere lucidità, ti crea una bolla in cui sei rinchiuso e di cui diventi prigioniero. Fingere di stare bene. Così per anni. Tanti pensieri che viaggiavano incontrollati nella mia testa. Ogni giorno. Ogni mattina. “Devi tornare a essere il Caldara dell’Atalanta”. “Continua a lavorare, devi farlo”. “Ma Caldara quando rientra?”.

Non solo Caldara: da Van Basten a Cantona, quando il ritiro non dipende dal calciatore

Una lettera pesante che rappresenta perfettamente il lato buio della vita di un calciatore. La cosa che più spaventa sul ritiro di Caldara è l’età: ad appena 31 anni il difensore deve abbandonare quel sogno che lo ha guidato fin da piccolo e che l’ha portato dall’essere una delle maggiori promesse del calcio italiano alla caduta più rovinosa, fisica e mentale. Lui è solamente la punta dell’iceberg di tutti quei giocatori che non riescono più ad andare avanti. Basti pensare ai cronici problemi alla caviglia di Van Basten che l’hanno portato a ritirarsi a soli 31 anni, o Cantona, che aveva un anno in meno dell’olandese, e, nonostante una forma fisica invidiabile, ha deciso di ritirarsi per mancanza di motivazione.

Come lui Nakata, uno dei calciatori giapponesi più forti di sempre che ha lasciato il calcio a 29 anni. Più recente il caso di Varane: un mix di problemi fisici e sovraccarico mentale hanno costretto il difensore a ritirarsi a 31 anni. Stessa età di Owen Hargreaves che lasciò il calcio per gravi problemi cronici alle ginocchia e ai tendini. Non serve neanche scavallare i 30 anni per trovare decine e decine di storie come queste: da Ryan Mason, ritiratosi a 26 anni per un gravissimo trauma cranico, a Dean Ashton. 26 anni anche lui con lesioni gravi alla caviglia, era considerato uno degli attaccanti inglesi più promettenti di sempre. Andando a scavare nel passato, c’è anche la leggenda francese Just Fontaine, detentore del record del maggior numero di gol in una singola edizione del Mondiale (13): l’attaccante si ritirò per delle gravi fratture alle gambe.

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Virgilio.it

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