Maurizio Landini rilancia la lotta: 25 aprile, scioperi e referendum
- Postato il 25 aprile 2025
- Di Panorama
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«Verso una giornata di mobilitazione e di lotta». Maurizio Landini prepara il suo 25 aprile come fosse uno sciopero contro qualcosa, qualunque cosa, anche perché cade di venerdì. Così mette in campo tutto l’armamentario ideologico per occupare lo spazio fisico della celebrazione.
In realtà, il 25 aprile è la Festa della Liberazione, un momento per celebrare la fine della guerra, la sconfitta del nazifascismo e il faticoso ritorno alla democrazia. Non dettagli da poco. Ma per il leader della CGIL, aggrappato alle bandiere rosse come Wanda Osiris alle tende, tutto questo conta zero: per lui è «mobilitazione e lotta». La festa è sua. E la stagione della tanto invocata rivolta sociale, lanciata con gli scioperi della collezione autunno-inverno 2024-2025, non è affatto finita.
Sobrietà? No, grazie
A chi gli chiede se, in occasione della giornata di lutto per la morte di papa Francesco, la CGIL adotterà un tono sobrio – come suggerito da Giorgia Meloni – Landini risponde con una battuta muscolare: «Non è che il 25 aprile si deve bere, non è che beviamo e quindi dobbiamo essere sobri».
Poi argomenta con una frase tutt’altro che analcolica: «Siamo in un periodo in cui c’è una crisi evidente della democrazia, e mai come adesso va praticata e costruita». Con otto scioperi ad aprile e tredici a maggio solo nei trasporti, Landini è probabilmente l’ultimo a potersi lamentare di un presunto deficit democratico.
Il termine “sobrietà” non piace nemmeno a Beppe Sala, che si domanda: «Cosa vuol dire? Bisognerebbe chiederlo al governo. Non so cosa intenda il governo con sobrio».
Forse si spera solo che nessuno replichi l’aggressione dello scorso anno, quando un membro della Brigata Ebraica fu accoltellato in piazza Duomo. Ma si sa: Vanity Sala ha la memoria corta.
La CGIL e il programma da partito
La CGIL sarà a Roma, al fianco dell’Anpi, con la consueta missione – recita un comunicato – di «rendere omaggio ai partigiani che hanno contribuito alla ricostruzione democratica del nostro Paese». E ancora: «La Festa della Liberazione è per noi un impegno quotidiano contro ogni forma di fascismo, razzismo, intolleranza, disuguaglianza e sfruttamento».
Di lavoratori, però, non si parla. Anche perché non votano più a sinistra. La CGIL è sempre più simile a un partito politico, la stampella movimentista del PD, con un posto fisso nelle manifestazioni di piazza e un programma che è tutto un programma: fermare l’autonomia differenziata, la riforma del premierato, difendere le istanze della comunità trans, lottare per l’accoglienza diffusa dei migranti e contro i centri in Albania, difendere la scuola pubblica contro quella privata e – non è uno scherzo – contrastare la revisione delle linee guida per la somministrazione del farmaco blocca pubertà triptorelina.
La realtà del lavoro dimenticata
Dal radar sindacale sono scomparsi la tutela del lavoro, dei salari (finora si è mosso solo quello di Landini, salito a 4.359 euro lordi), l’ascensore sociale, la sicurezza nei cantieri. Nessuna traccia nemmeno di competitività, fabbriche digitali, caporalato gestito dalla criminalità organizzata, sfruttamento dei rider. Ma almeno sulla triptorelina, il cassintegrato a zero ore di Stellantis può dormire tranquillo.
Referendum e tournée internazionale
In queste settimane si è aggiunto un nuovo tema: il referendum contro il Jobs Act e per il ripristino dell’articolo 18. Dieci anni fa la CGIL lasciò correre in silenzio per non disturbare il governo Renzi, oggi è invece un punto fermo dell’agenda Landini.
Tanto che la CGIL ha inviato una delegazione in Sud America per sensibilizzare gli italiani all’estero a partecipare alla consultazione. Dopo le tappe in Brasile, Cile e Uruguay, Filippo Ciavaglia, responsabile dell’Ufficio italiani all’estero, è arrivato a Buenos Aires, dove ha incontrato esponenti della Confederación General del Trabajo (CGT) che hanno espresso «ferreo sostegno» all’iniziativa.
Un sostegno strategico, vista la paura concreta di non raggiungere il quorum nel weekend dell’8 e 9 giugno. Ciavaglia ha anche incontrato deputati di sinistra come Vanesa Sisley e Carlos Castagneto, che hanno denunciato le «inefficaci deregolamentazioni del lavoro in Italia, simili a quelle di Javier Milei». Il quale, per assurda proprietà transitiva, le avrebbe copiate da Renzi.
Ora il tour prosegue negli Stati Uniti, per poi rientrare alla base. In tempo per un altro appuntamento immancabile: il sobrio sciopero del Primo Maggio.