Mediobanca lancia ops per acquisire Banca Generali da 6,3 miliardi

  • Postato il 28 aprile 2025
  • Di Panorama
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Con una mossa tanto audace quanto inaspettata, Mediobanca ha lanciato un’offerta pubblica di scambio (Ops) per l’acquisizione del 100% di Banca Generali. Un’operazione da 6,3 miliardi di euro che ha subito infiammato Piazza Affari: il titolo Banca Generali è balzato del 7,52% a 52,45 euro, mentre Mediobanca ha registrato un rialzo più contenuto (+0,26% a 17,635 euro). Al contrario, le azioni di Assicurazioni Generali, utilizzate come corrispettivo per l’operazione, hanno ceduto il 2% a 31,33 euro.

L’offerta, come ha spiegato l’amministratore delegato Alberto Nagel, punta a creare un leader nazionale nel wealth management, ma nei fatti rappresenta anche una contromossa strategica per contrastare l’assalto di Monte dei Paschi di Siena su Mediobanca stessa e, soprattutto, neutralizzare l’influenza crescente di Delfin e Caltagirone su Generali. «Non pensiamo che l’Ops possa riguardare il tema del golden power, in quanto ciò che si viene a creare qui è un leader italiano nella gestione del risparmio come auspicato dal governo», ha dichiarato Nagel, mostrando fiducia anche nei confronti di eventuali interlocuzioni con Mef e Palazzo Chigi.

Ops nonostante la “passivity rule”?

Formalmente sì, ma serve il voto dei soci. Mediobanca, essendo attualmente sotto Ops da parte di Mps, è soggetta alla passivity rule, che limita le manovre difensive dei consigli di amministrazione durante una scalata ostile. Per aggirare questo vincolo, la proposta deve ottenere l’approvazione di un’assemblea ordinaria, convocata per il prossimo 16 giugno. Con una partecipazione stimata intorno al 70%, sarà necessario il supporto di almeno il 35% del capitale sociale.

Favorevoli e contrari

Nagel può ragionevolmente fare affidamento sull’11,87% dei soci riuniti nell’accordo di consultazione (famiglie Doris, Ferrero, Lucchini, Monge, Gavio, Pecci, Falck e Aspesi), oltre che sul 35% detenuto da investitori istituzionali come BlackRock, Vanguard, Fidelity e Banca di Montreal, tradizionalmente orientati a sostenere strategie industriali credibili. Più incerto è l’atteggiamento di Benetton (2,2%), mentre il fronte ostile è rappresentato da Delfin (19,81%) e Caltagirone (7,39%), spalleggiati da casse di previdenza come Enpam titolari di circa l’1%. In questo scenario, Nagel ha buone probabilità di ottenere il via libera assembleare, anche grazie ai numeri promettenti del progetto.

I tempi

Il calendario prevede l’approvazione in assemblea il 16 giugno, seguita dalle richieste di autorizzazione a Bce, Antitrust e comitato per il golden power. Le risposte delle authority sono attese per settembre, con il periodo di adesione tra fine settembre e ottobre. L’operazione dovrebbe dunque chiudersi entro l’autunno.

Che farà Generali?

Generali, che detiene il 50,17% di Banca Generali, riceverà in cambio circa il 6,5% del proprio capitale, creando una dinamica paradossale: la compagnia triestina incassa azioni di se stessa in cambio della sua controllata. Trascorso un lock-up di un anno, il Leone potrà decidere se mantenere, redistribuire o vendere il pacchetto. Nel frattempo, questa quota potrebbe attirare l’interesse di player come UniCredit o Intesa Sanpaolo, chiamati in causa anche come possibili contendenti per il controllo della stessa Generali.

Che fine farà l’Ops di Mps?

L’operazione di Mediobanca rischia di scompaginare i piani di Siena. Mps, guidata da Luigi Lovaglio, mira a lanciare un’Ops su Mediobanca entro luglio, ma un cambiamento rilevante nel perimetro patrimoniale di Piazzetta Cuccia – come la cessione della partecipazione in Generali – potrebbe attivare clausole di annullamento previste dai patti parasociali della banca toscana. Lovaglio ha sempre affermato che Generali non è cruciale per il progetto, ma la realtà è che la mossa di Nagel sottrae a Mps un motivo chiave per l’aggregazione: l’accesso al Leone.

Autore
Panorama

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