Meloni Premier si conferma donna caparbia e decisa, quando avremo un Papa donna?
- Postato il 8 maggio 2025
- Politica
- Di Blitz
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Passi indietro? Nemmeno uno. Chi riteneva che Giorgia Meloni, al premier time di ieri, avesse qualche ripensamento, ha avuto torto.
Perchè la prima inquilina di Palazzo Chigi ha mostrato di nuovo il suo carattere di donna caparbia e decisa. Il premierato, la giustizia, la legge elettorale: non è cambiato nulla. Si andrà avanti così, secondo le promesse fatte in campagna elettorale.
Certo, la sinistra non è stata a guardare, ha sparato tutte le sue cartucce come in un comizio. Non è stato Francesco Boccia che parlava per il Pd il più velenoso della compagnia: è stato sovrastato da Matteo Renzi, il quale ha ormai aperto uno spietato dibattito con il presidente del Consiglio.
Le ragioni? Molti commentatori sono convinti che questa acredine sia dettata da una vecchia ruggine che esiste fra i due. Chi, invece, va ancora più in là e pensa che sia stata la “sconfitta” che il leader di Italia Viva ha subìto e continua a subire quando si tratta di affrontare argomenti di primaria importanza.
Giorgia, dunque, non recede e difende a spada tratta tutti i suoi convincimenti. Per la verità, uno lo ha perso per la strada, forse il più determinante: il presidenzialismo, su cui aveva puntato e ne andava fiera.
Meloni insiste sul premierato

Per i molti pericoli che avrebbe comportato in caso di referendum ha dovuto, stavolta si, recedere e puntare sul più “facile”, premierato, cioè l’elezione diretta del presidente del consiglio con il voto popolare. Scelto dalla gente e non nel chiuso dei Palazzi e delle segreterie di partito.
Si deve dire, ad onor del vero, che da qualche tempo (settimane, mesi?) di questa “madre di tutte le riforme” non si sentiva parlare. Giorgia aveva abdicato, cioè non la riteneva più la più importante delle sue innovazioni?
Renzi all’attacco
Per questo Matteo Renzi, nel “premier time” di scena al Senato, ha pigiato il piede sull’acceleratore sicuro di mettere in difficoltà la Meloni. Niente affatto. Su quel voto popolare la premier crede ciecamente perchè ne va della stabilità del governo. Se qualche risultato positivo l’attuale esecutivo lo ha ottenuto al contrario di molti altri Paesi europei (Francia e Germania compresi) lo si deve al fatto che la leader di Forza Italia ha una forte in maggioranza in Parlamento. Allora, perchè non seguire questa strada anche in futuro?
Un pericolo, un grande pericolo per l’opposizione: l’anticamera di un’autocrazia e forse di una dittatura. Grazie, l’abbiamo già sperimentata in Italia. Ragione per cui il dibattito si è andato affievolendo e tutto lasciava credere che anche questo obbiettivo lo si era perso durante il cammino del governo.
Non è affatto così: la Meloni lo ha ripetuto con forza dinanzi ai senatori ribadendo che il progetto andrà avanti e non ci saranno ripensamenti. Forse tempi migliori, meno agitati e più tranquilli.
Non c’è dubbio che il lungo braccio di ferro non si fermerà qui: ci saranno altre polemiche, nuovi attacchi alla premier. Però, almeno per il momento Palazzo Chigi non ha innestato la retromarcia.
Così non l’ha ingranata nemmeno per la riforma della giustizia, altro cavallo di battaglia della maggioranza. Il problema diventa scottante, perchè sono i magistrati stavolta a ribellarsi e ad entrare addirittura in sciopero.
Le “toghe rosse” (così le hanno definite) renderanno cara la loro pelle, certi come sono che alla fine l’avranno vinta. La Meloni ed anche il ministro della giustizia, Carlo Nordio, sono di avviso contrario e solo il tempo potrà dire chi la spunterà.
“Ci saranno sempre più armi nel controllo della spesa”, tuona la minoranza, Si pensa a come gettare al vento ottocento miliardi che potrebbero servire per le grandi difficoltà del Paese: la scuola, la sanità, i carrello della spesa, la fuga dei giovani verso lidi più favorevoli ad un impiego. “La libertà ha un prezzo“, risponde il presidente del consiglio e noi “impiegheremo il due per cento del Pil per raggiungere un obiettivo primario in un momento così incandescente”.
A scatenarsi contro è stavolta Giuseppe Conte che non è intervenuto a Palazzo Madama, ma lo va ripetendo tutti i giorni che questa iniziativa è folle e porterà il Paese sull’orlo del baratro.
Un’ora e mezzo di botta e risposta mentre decine di milioni di persone guardavano verso il comignolo della Cappella Sistina dove i Cardinali in clausura votano per il successore di Francesco. Una signora minuta, con i cappelli raccolti e lo sguardo rivolto verso il balcone della Basilica di San Pietro, dice con un filo di voce: “Che bello sarebbe se il pontefice fosse finalmente una donna”. Chissà, forse un giorno, quando molti di noi non ci saranno più.
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