Mercurio di secoli fa minaccia l'Oceano Artico

  • Postato il 12 giugno 2025
  • Di Focus.it
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Le correnti oceaniche sono il nastro trasportatore del mercurio fino alle acque dell'Oceano Artico, dove l'inquinante minaccia la salute e la sopravvivenza dei predatori apicali e quella delle comunità indigene che si nutrono anche di mammiferi marini. Una nuova ricerca di due università danesi spiega come mai la riduzione delle emissioni globali di mercurio in atmosfera, evidente dalla fine degli anni '70, non sia andata di pari passo con una diminuzione di mercurio nelle acque artiche. C'entrano i tempi di persistenza del mercurio negli oceani, e quelli impiegati dalle correnti per trasportarlo fino a nord. Lo studio è stato pubblicato su Nature Communications.. Inquinamento da mercurio: dall'atmosfera ai mari. Una parte importante del mercurio che contamina i pesci del mare arriva dagli impianti che usano il carbone come combustibile, in special modo (almeno per quanto riguarda l'Europa) da impianti che bruciano carbone per produrre energia elettrica, cemento o metalli. Anche la combustione di legno, l'industria cartiera e l'incenerimento di rifiuti producono emissioni di mercurio. Inoltre, il mercurio è stato ed è tuttora usato, in modo non regolamentato e rischioso, per l'estrazione dell'oro nelle attività minerarie su piccola scala.. Dall'atmosfera il mercurio viene trasportato fino ai suoli e all'acqua, in particolare nei sedimenti fangosi di fiumi e laghi dove viene convertito da batteri e microrganismi anaerobi in metilmercurio. Questo composto tossico si accumula negli organismi marini e aumenta di concentrazione mano a mano che si risale nei livelli successivi della catena alimentare.. La lunga vita del mercurio nelle acque. «Monitoriamo il mercurio negli animali artici da oltre quarant'anni. Nonostante il calo delle emissioni globali dagli Anni '70, non abbiamo osservato una corrispondente diminuzione delle concentrazioni artiche, anzi», spiega Rune Dietz, Professore del Dipartimento di Ecoscienza e di ricerca sugli animali marini dell'Università di Aarhus (Danimarca). Questo perché il mercurio, che rilasciato in atmosfera rimane disponibile e trasportabile per circa un anno, una volta in acqua può persistere anche 300 anni.. Gli sforzi globali di riduzione dell'inquinamento da mercurio culminati con la Convenzione di Minamata, un trattato internazionale approvato nel 2013 ed entrato in vigore nel 2017, hanno portato a una riduzione del 70% del livello di mercurio in atmosfera degli ultimi 20 anni. Tuttavia, data la resistenza della forma tossica del mercurio nelle acque oceaniche, gli ambienti artici sono destinati a rimanere contaminati ancora molto a lungo.. Inquinamento da mercurio: il ruolo delle correnti marine. Gli scienziati delle Università di Aarhus e Copenhagen hanno analizzato circa 700 campioni ambientali prelevati negli ultimi 40 anni in ambiente artico, come tessuti di orsi polari e foche, parti di pesci e pezzetti di torba. Hanno individuato sei comuni isotopi di mercurio (cioè varianti dell'elemento con lo stesso numero di protoni nel nucleo, ma un numero diverso di neutroni) e li hanno usati per risalire alla provenienza di quell'inquinante e al modo in cui era stato trasportato fino all'Artico. . Per esempio si sono accorti che il mercurio rilevato nella Groenlandia occidentale era arrivato fino a lì grazie alla corrente di Irminger, una corrente oceanica dell'Atlantico che fluisce verso ovest, portando acque più calde lungo la costa settentrionale dell'Islanda. Mentre il trasporto di mercurio nelle altre regioni era affidato alle correnti artiche.. Un altro effetto duraturo delle attività umane. Per Dietz «il trasporto del mercurio dalle principali fonti come la Cina alla Groenlandia attraverso le correnti oceaniche può richiedere fino a 150 anni e questo aiuta a spiegare il mancato declino dei livelli di mercurio nell'Artico». Il mercurio è una neurotossina che ha effetti sul sistema nervoso, sulle percezioni sensoriali, le capacità riproduttive e il sistema immunitario degli animali marini. Nei predatori apicali, come gli orsi polari e le orche nell'Artico, esso è ora presente in concentrazioni 20-30 volte superiori rispetto all'era preindustriale. Con effetti sia sulle loro capacità di sopravvivenza, sia su quelle delle comunità umane che dipendono da questi animali per il loro sostentamento..
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Focus.it

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