“Mi sembrava di soffocare, ma dicevano che era tutto nella mia testa”. Da un semplice fischio alla sindrome del “naso paradosso”, la storia di Bradley Rhoton

  • Postato il 11 giugno 2025
  • Salute
  • Di Il Fatto Quotidiano
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La storia di un quarantatreenne americano è iniziata nel 2017 e si è risolta parzialmente solo da pochi mesi. Raccontata dal Washington Post ad aprile, per un misterioso gioco di algoritmi è ora ritornata, come spesso accade, fra i trend del momento. A favorire l’interesse c’è anche il fatto che la sindrome del naso vuoto o naso paradosso, che venne diagnosticata all’uomo, è relativamente rara.

La prima volta che se ne accorse, Bradley Rhoton aveva 35 anni e stava intagliando le zucche di Halloween insieme alla moglie. A un certo punto entrambi percepirono un fischio provenire dal suo naso durante l’inspirazione. Dopo una visita odontoiatrica l’uomo, cui fu diagnosticata una deviazione del setto nasale, acconsentì a sottoporsi a un intervento correttivo associato a una rimozione quasi totale dei turbinati di entrambe le narici. Si tratta di strutture ossee ricoperte di mucosa il cui compito – decisamente non secondario – consiste nel ripulire, scaldare e umidificare l’aria che entra. La loro asportazione avviene quando sono particolarmente ingrossati e l’uso di spray nasali non aiuta in nessun modo. La turbinoplastica è un intervento di routine, della durata di circa mezz’ora. Ma dopo aver raddrizzato il setto nasale e tolto i turbinati inferiori, i più grossi, le cose non andarono affatto come sperato.

Peggioramento continuo
Nell’aprile del 2018 Bradley fu dunque operato, ma nel giro di 3 mesi cominciarono a comparire sintomi sempre più gravi e invalidanti. Con il tempo, respirare dal naso divenne sempre più difficile, come in un raffreddore ininterrotto. “Mi sembrava di soffocare”, dichiarò al Washington Post. A causa del naso perennemente congestionato, la notte il sonno era praticamente impossibile, con ripercussioni durante il giorno sotto forma di estrema stanchezza, sonnolenza, calo di energie, mancanza di concentrazione e, comprensibilmente, ansia e demotivazione. Tormentato da croste nel naso e bruciore, l’uomo cominciò pure a mangiare cibo spazzatura e a mettere su chili. Oltre al danno anche la beffa: era tornato il fischio. Tutti i rimedi tentati – quali spray nasali, antistaminici e irrigazioni saline – non diedero alcun risultato. Nelle sue parole, la vita quotidiana era ormai diventata un supplizio.

Una sequela di visite
Tutti gli otorino da cui si recò giunsero alla stessa conclusione: tutto a posto, il naso era dritto e ben aperto, l’operazione era riuscita. Ignorando del tutto i sintomi, qualcuno arrivò a dire che si trattava di autosuggestione, tanto da far pensare a Bradley che “era tutto nella mia testa“. Invece era un tipico esempio di “naso paradosso”, per cui la respirazione è difficoltosa nonostante il passaggio libero dell’aria. Ma ancora non era arrivato il momento della diagnosi. Convintosi che forse l’operazione non c’entrava, l’uomo si recò da uno specialista del sonno, che gli diagnosticò una leggera apnea notturna e gli prescrisse l’uso della CPAP, un dispositivo medico che mantiene aperte le vie aeree durante il sonno. Ma Rhoton dovette rinunciare perché la maschera su naso e bocca gli peggiorava i sintomi. Fu poi la volta di un cardiologo, che non rilevò nulla di anomalo. Infine, nel novembre del 2023 Rhoton ebbe un colloquio telefonico con il dott. Subinoy Das, dirigente medico allo U.S. Institute for Advanced Sinus Care and Research di Columbus, Ohio. L’esperto ipotizzò tra l’altro la sindrome del naso vuoto (ENS), o naso paradosso, una condizione clinica rara e fortemente invalidante che interessa la mucosa nasale e si può presentare appunto dopo una turbinoplastica.

Cos’è il naso paradosso
“La sindrome del naso vuoto è causata da un’alterazione del flusso di aria endonasale causato da una chirurgia molto aggressiva ”, spiega il prof. Stefano di Girolamo, chirurgo otorinolaringoiatra presso il Policlinico Universitario Tor Vergata (Roma). “La chirurgia nasale deve rispettare la complessa anatomia e l’innervazione che rende possibile la percezione del flusso di aria; quando vengono sacrificate le strutture che regolano il flusso dei turbinati inferiori si ha sempre la sensazione di avere il naso chiuso. Infatti senza turbinati l’aria passa in modo eccessivo e turbolento, causando la disidratazione del muco che a sua volta provoca la formazione di croste”. Insomma, la turbinoplastica è un’operazione che deve essere eseguita con prudenza e da mani esperte “riducendo il tessuto cavernoso dei turbinati, che possono creare danni irreversibili con la perdita dei recettori di flusso dell’aria. Nell’empty nose è possibile ricorrere a delicate tecniche di ricostruzione del naso che purtroppo difficilmente risolveranno tutti i sintomi”, conclude l’esperto. Di fatto, alla fine Bradley riuscì a risolvere il suo problema solo parzialmente.

Un (quasi) lieto fine
Su consiglio di Das, Rhoton si recò da Jayakar Nayak che, chirurgo della californiana Stanford University ed esperto di ENS, lo scorso giugno effettuò alcuni test per confermare la diagnosi. Al primo test Bradley ebbe quasi il punteggio massimo, 26/30. Dopo il secondo, consistente nell’introdurre batuffoli di cotone nei punti del naso dove mancava il tessuto, il punteggio era sceso a 2 e la respirazione tornata normale, senza bisogno dell’ausilio della bocca. A settembre l’uomo si sottopose dunque a una serie di iniezioni nelle narici di un filler di carbossimetilcellulosa, o CMC, usato appunto per sostituire temporaneamente il tessuto mancante e facilitare la respirazione. Ovviamente non è in grado di ricostituire i recettori, che sono persi per sempre, ma di certo dà sollievo. “Riuscivo a respirare dal naso, a dormire. L’umore era migliorato, mi sentivo motivato”, dichiarò al WP. Ma dato che le iniezioni hanno un effetto limitato nel tempo – tanto che Rothon ha dovuto effettuare un nuovo ciclo – nei casi più gravi si può rendere necessaria un’operazione di sostituzione dei turbinati mancanti con cartilagini prelevate dalle costole di cadaveri, opportunamente trattate. Nemmeno questa è una cura risolutiva ma certamente aiuta, e Rhoton pensa di sottoporvisi prossimamente.

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