Milano assente, ma la successione di Delpini peserà nel conclave: arcidiocesi meneghina esilio dorato di qualche scontento?
- Postato il 4 maggio 2025
- Cronaca
- Di Il Fatto Quotidiano
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Nel conclave del 2025, per la prima volta nell’epoca attuale, non sarà rappresentata l’arcidiocesi di Milano, la più grande d’Europa. Se, infatti, appena dodici anni fa, nel 2013, l’allora arcivescovo del capoluogo lombardo, Angelo Scola, era il principale candidato alla successione di Benedetto XVI, attualmente la sede ambrosiana non è guidata da un cardinale. Mario Delpini, nominato da Francesco, il 7 luglio 2017, arcivescovo di Milano, non ha mai ricevuto la berretta rossa. Ciò, ovviamente, lo ha adesso escluso dall’ingresso in conclave. In un primo tempo, Bergoglio non aveva rinnovato le sedi italiane tradizionalmente cardinalizie, lasciandovi a capo soltanto un arcivescovo. Ma, successivamente, nominando uomini di sua fiducia alla guida di queste arcidiocesi, ha imposto loro la berretta rossa. È il caso di Torino con Roberto Repole, di Bologna con Matteo Maria Zuppi e di Napoli con Domenico Battaglia.
L’assenza di un cardinale arcivescovo a Milano è stata sottolineata maggiormente dalla scelta di Francesco, nel concistoro del 2022, di imporre la berretta rossa a Oscar Cantoni, vescovo di Como, diocesi suffraganea di quella ambrosiana. Ma la sede arcivescovile del capoluogo lombardo è strategica in questo conclave, nonostante l’assenza di Delpini nella Cappella Sistina. Il presule, infatti, il 29 luglio 2026 compirà 75 anni e, come prevede il Codice di diritto canonico, presenterà le sue dimissioni per raggiunti limiti di età. La cattedra dei santi Ambrogio e Carlo potrebbe, dunque, diventare un esilio dorato per qualche porporato curiale entrato Papa in conclave, ma poi uscito cardinale. Il pensiero di molti all’interno dei sacri palazzi corre subito a Pietro Parolin, già segretario di Stato, e papabile per eccellenza alla vigilia del conclave. Sarà soltanto la fumata bianca a dire se sarà confermato o meno il detto popolare che “chi entra Papa in conclave ne esce cardinale”.
Oltre ovviamente a Milano, anche Venezia con Francesco Moraglia, nominato patriarca da Benedetto XVI, è rimasta senza porpora. Senza berretta rossa anche Genova benché Marco Tasca sia stato nominato da Bergoglio. Stessa sorta anche per Palermo con Corrado Lorefice. A Firenze non c’è un cardinale, ma Gherardo Gambelli è stato nominato arcivescovo del capoluogo toscano soltanto il 18 aprile 2024. Porpora, invece, per Augusto Paolo Lojudice, arcivescovo di Siena-Colle di Val d’Elsa-Montalcino e Montepulciano-Chiusi-Pienza. Scontata, invece, la berretta rossa per Baldassare Reina, vicario generale per la diocesi di Roma. In Italia porpora anche per Giuseppe Petrocchi, arcivescovo emerito de L’Aquila; Giuseppe Betori, arcivescovo emerito di Firenze; e Francesco Montenegro, arcivescovo emerito di Agrigento. Tutti elettori nel conclave che inizierà il 7 maggio 2025. I porporati della Penisola che entreranno nella Cappella Sistina sono 19.
Un Papa italiano manca da 47 anni, ovvero dal 1978. L’ultimo fu il beato Giovanni Paolo I, Albino Luciani, eletto il 26 agosto 1978 e morto dopo appena 33 giorni, il 28 settembre successivo. Dopo di lui, tre stranieri: un polacco (Karol Wojtyla, san Giovanni Paolo II), un tedesco (Joseph Ratzinger, Benedetto XVI) e un argentino (Jorge Mario Bergoglio, Francesco). Luciani arrivò in conclave da patriarca di Venezia. La sede che, pochi anni prima della sua elezione, aveva dato altri due papi alla Chiesa: Angelo Giuseppe Roncalli, san Giovanni XXIII, e Giuseppe Melchiorre Sarto, san Pio X. Oltre a Venezia, in tempi recenti, anche Milano ha dato diversi e importanti pontefici: Giovanni Battista Montini, san Paolo VI e Achille Ratti, Pio XI. Nel 2025, con l’assenza dalla Cappella Sistina sia dell’arcivescovo di Milano che del patriarca di Venezia, se fosse eletto un Papa italiano, non verrà certamente da queste due grandi e storiche sedi episcopali.
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