Moggi: “Carraro mi accusa ma nel 2004 voleva aiutare il Milan”
- Postato il 25 settembre 2025
- Calcio
- Di Blitz
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Luciano Moggi, ex direttore generale della Juventus radiato dopo le sentenze di Calciopoli, torna a parlare attraverso le pagine della Gazzetta dello Sport. La sua voce arriva pochi giorni dopo l’autocritica di Franco Carraro, che aveva ammesso un “errore politico” nel 2004. Moggi risponde senza mezzi termini, sottolineando come il suo rapporto con la gente non sia mai cambiato: “L’affetto della gente? Va così ogni volta che entro in un bar o a ristorante. Vi sembrerà strano? Non lo è, qui a Torino o altrove: ho pagato, sto pagando, ma non ho ammazzato nessuno e la gente lo sa”.
Sul punto specifico delle accuse, Moggi ricorda i retroscena di quegli anni: “Carraro dice che tutto è nato da un suo errore politico, ho letto: nel 2004 voleva sostituire i due designatori Bergamo e Pairetto con Pierluigi Collina, loro lo hanno saputo e sono venuti quindi a cercare il mio appoggio”.
Le accuse e il caso Milan-Juventus
Moggi rilancia accuse pesanti contro l’allora presidente federale, ricordando come le pressioni fossero rivolte a favorire i rossoneri: “Nel 2004, noi e il Milan eravamo in lotta per lo scudetto e Carraro cercava di favorire i rossoneri di cui, in passato, era stato presidente: “Mi raccomando, gli dica di non aiutare la Juventus…” la sua telefonata a Bergamo. Il destinatario di quel “gli dica” era Rodomonti, arbitro della nostra partita a Milano contro l’Inter”.
Moggi rincara la dose: “Non dice di cosa sono colpevoli i dirigenti bianconeri. Non lo dice per non continuare con le sue bugie… Nella settimana che precedeva Milan-Juve dell’8 maggio 2005… “Griselli è di Livorno come me, la Juve troverà la porta chiusa…”, la voce del designatore”.
Il peso della Juventus e la fine di un’epoca
Infine, Moggi offre una riflessione più ampia sul ruolo della Juventus in quegli anni, spiegando perché la squadra fosse diventata scomoda: “Eravamo diventati ingombranti, vincevamo sul campo e non solo: gli azionisti aumentavano i loro dividenti. Quando facemmo firmare il contratto a Capello, dissi a Giraudo di chiamare Umberto (Agnelli, ndr ): non c’era più, se ne era andato. Antonio, alla guida, si girò verso di me: “Per noi è finita…”. Quelle parole, conclude Moggi, avrebbero trovato pieno significato soltanto due anni più tardi, quando il ciclone Calciopoli cambiò per sempre il destino del calcio italiano.
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