Mondiali di volley a Phuket, la nazionale di Velasco vuole anche questo oro. L’ex ct Bonitta: “Hanno una sicurezza che permette di competere al meglio”

  • Postato il 22 agosto 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Loro insistono. Non bisogna pensare all’oro delle Olimpiadi a Parigi, alle vittorie delle ultime due edizioni della Volleyball Nation League e alla serie di 29 partite senza sconfitte. La nazionale italiana femminile di pallavolo, da venerdì 22 agosto impegnata nel Mondiale in Thailandia, non vuole adagiarsi sugli allori e pensare di essere la squadra più forte al mondo.

“Vogliamo vincere il mondiale e sappiamo che non sarà per niente facile”, aveva detto il ct Julio Velasco dopo la vittoria della Vnl il 27 luglio. Proseguendo con le spiegazioni dell’allenatore, le azzurre capitanate da Anna Danesi non devono sentire “l’obbligo di vincere”: “La volontà c’è, ma si scontra con la presenza delle avversarie”. E poi “dobbiamo pensare a quello che si vuole ottenere, non a quello ottenuto”, ragione per la quale il ct ha chiesto alle giocatrici “di allenarsi come se avessimo sempre perso per migliorare ogni cosa. Se questo basterà lo diranno anche le avversarie. Non è che se uno ha vinto è il più forte in assoluto, ma è il più forte in quel momento”. “Qui e ora”, è il mantra. E questo momento, quello dei mondiali in Thailandia, è diverso da Parigi un’estate fa. “Il Mondiale è più difficile dell’Olimpiade: ha più squadre (da questa edizione sono 32, ndr), più forti, e potrebbero esserci sorprese”.

A Berlino 2002 il primo oro mondiale

Le azzurre hanno vinto soltanto una volta il Mondiale, nel 2002 a Berlino, quando in campo c’erano Francesca Piccinini, Elisa Togut, Leo Lo Bianco e compagne, allenate da Marco Bonitta. “Allora le premesse erano diverse – spiega a ilfattoquotidiano.it Bonitta, attuale coach della nazionale maschile egiziana –. Noi eravamo outsider e andammo avanti a fari spenti. Cercavamo una medaglia, ma capimmo che potevamo aspirare a qualcosa di più”. Bonitta è anche stato l’allenatore delle azzurre alle Olimpiadi di Rio nel 2016, dove portò cinque delle attuali titolari: Alessia Orro, Paola Egonu e Anna Danesi, giovanissime appena uscite dal Club Italia, Miriam Sylla e Monica De Gennaro, quest’ultima già stabile nel giro delle azzurre.

L’argento che valeva oro e un bronzo amaro

Quel gruppo, passato poi sotto la guida di Davide Mazzanti, ha sfiorato l’oro nel 2018, quando Egonu rivelò in mondovisione la sua forza, non sufficiente però a contrastare da sola la Serbia. L’argento era stato comunque un ottimo risultato, indice di una squadra forte che poteva ancora crescere: l’età media era sotto i 23 anni (tra di loro c’erano le 17enni Sarah Fahr, Elena Pietrini e Marina Lubian, le ultime due ora assenti per recuperare da alcuni infortuni) e per 10 giocatrici su 14 si trattava del primo mondiale. Per questo ci si aspettava medaglie di pregio alle Olimpiadi a Tokyo e ai Mondiali del 2022, ma arrivarono un sesto posto e poi un bronzo, sempre tra le polemiche. La gestione di Mazzanti non stava portando i frutti sperati, il rapporto tra l’allenatore e le giocatrici si era rotto e così, a pochi mesi da Parigi 2024, il presidente della Federvolley Giuseppe Manfredi ha affidato a Velasco il compito di sopire i malumori e finalizzare l’impegno di anni. E ha funzionato.

Le soluzioni di Velasco

“Da fuori – osserva Bonitta – si nota un’attitudine al lavoro attenta ai dettagli e una chiarezza granitica dei ruoli. Tutte le giocatrici sanno quello che devono e possono fare. C’è una sicurezza che permette loro di competere al meglio delle possibilità”. Per Velasco e il suo staff, una delle prime difficoltà da affrontare era legata alla gestione di Egonu, non sempre costante nella resa. Altra difficoltà: in squadra era arrivata, dopo aver ottenuto la cittadinanza, una giocatrice nata in Islanda nel 2003 da famiglia russa e cresciuta in Italia, Ekaterina Antropova, 202 cm di altezza, stesso ruolo (l’opposto) di Egonu. Come fare convivere due giocatrici così, in competizione? Velasco ha trovato la quadra, facendole convivere, quasi fossero interscambiabili. Al calo di una, supplisce l’ingresso in campo dell’altra. Spesso, prima e dopo Parigi, alle due chiedevano in che rapporti fossero. Un aspetto su cui Velasco insiste: non serve che il gruppo sia composto da amiche, non si tratta di fare una vacanza insieme. “Il gruppo si crea perché si vince”, ripete l’italo-argentino.

Le azzurre al Mondiale

La formazione arrivata a Phuket martedì e che venerdì debutterà con la Slovacchia è simile a quella di Parigi e il sestetto che scenderà in campo sarà quasi lo stesso. Al palleggio Orro, in diagonale con Egonu, cresciute insieme al Club Italia e poi ritrovatesi a Monza. Centrali la capitana Danesi e Sarah Fahr. Il libero è Monica De Gennaro, miglior giocatrice dell’ultima VNL: potrebbe essere l’ultimo ballo in azzurro per lei. Confermata una delle due schiacciatrici di Parigi, Myriam Sylla, mentre Caterina Bosetti è stata lasciata a casa. “Bisogna vedere dove la squadra può fare un passettino più in là e in questo ruolo bisogna farlo e abbiamo giocatrici che lo possono fare – ha spiegato Velasco a maggio –. Certamente non hanno il valore che oggi ha lei, ma se non si dà loro l’opportunità… Bisogna dare fiducia ai giovani”. A disposizione ci saranno Gaia Giovannini, arrivata in nazionale lo scorso anno senza mai esser passata dalle giovanili, Loveth Omoruyi e Stella Nervini, chiamata a sostituire Alice Degradi, che – causa infortuni – dopo i Giochi del 2024 salta anche la rassegna iridata. In panchina, si terranno pronte a entrare la seconda palleggiatrice Carlotta Cambi e Antropova, il secondo libero Eleonora Fersino, le due centrali Yasmina Akrari e Benedetta Sartori.

Le avversarie più temibili

La squadra è forte e rodata, ma vanno tenuti gli occhi aperti sulle avversarie. “Ci sono sei squadre di primissima fascia”, analizza Bonitta . Oltre all’Italia, c’è il Brasile, secondo nel ranking mondiale dietro l’Italia, sconfitto a fine luglio in finale in VNL. Segue la Turchia allenata da Daniele Santarelli (coach dell’Imoco Conegliano), con le potentissime Ebrar Karakurt e la cubana naturalizzata Melissa Vargas. Attenzione alla Polonia, “cresciuta moltissimo negli ultimi due anni”, alla Cina con una formazione molto giovane, e al Giappone, con un gioco “votato alla difesa e che, grazie ai tecnici occidentali, è diventato più duttile ed elastico”, continua l’allenatore ravennate.

In seconda fascia, ci sono le finaliste olimpiche degli Stati Uniti che hanno rinnovato molto il roster, avviando un nuovo ciclo in vista di Los Angeles 2028. La Serbia, che ha vinto le ultime due edizioni dei mondiali, con l’opposto Tijana Boskovic e la palleggiatrice Maja Ognjenovic può sempre far paura, ma non sembra più lo squadrone di pochi anni fa. Poi ancora Repubblica Domenicana e la Thailandia: “È una squadra difficile, come il Giappone, hanno un gioco veloce fatto di combinazioni, e giocano in casa”, conclude il coach. Per l’Italia, il girone prevede sfide con Slovacchia, Belgio e Cuba. Per le azzurre il percorso dovrebbe essere facile fino ai quarti di finale, dove potrebbe ritrovarsi contro la Polonia e, se tutto va come deve andare, in semifinale con Brasile o Cina.

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Il Fatto Quotidiano

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