NBA Freestyle | Haliburton il facilitatore, la star Gilgeous-Alexander, l’indomito Caruso: storie di play off
- Postato il 23 maggio 2025
- Sport
- Di Il Fatto Quotidiano
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Tyrese Haliburton (Indiana Pacers) – In un sondaggio anonimo tra i giocatori, è emerso come il più sopravvalutato. Reazione? Tiro da fuori per mandare ai supplementari i Pacers in gara 1 contro i Knicks, mani sul collo a evocare il suo “antenato” Reggie Miller del 1994 (forse il miglior giocatore di sempre di Indiana), e “choke-game 2.0” infiocchettata (il gesto delle mani sul collo) con vittoria finale. Chi si ferma alle sue cattive percentuali da tre (33,8% al momento in questi playoff), al suo non raggiungere i 20 punti di media, al suo non essere sempre il più appariscente della squadra, rischia di interpretarlo male come giocatore. Haliburton è un facilitatore. Una point-guard che fa girare la squadra, che ribalta più volte il campo, che premia in attacco il compagno che ha fatto un buon lavoro in difesa. Testa sempre alta, consapevolezza del campo e della posizione dei compagni, mani levigate con polvere di diamante per distribuire la sfera. Un play vecchio stile clamoroso. Incompreso.
Shai Gilgeous-Alexander (Oklahoma City Thunder) – Sta dimostrando alla NBA che si può dominare anche senza avere il tiro da fuori come opzione primaria. Imprendibile quando punta l’avversario in palleggio e si avvicina a canestro superando l’arco dei tre punti. Il suo tiro cadendo all’indietro dopo un giro sul perno (turn-around-jumper) sta iniziando a mietere sempre più vittime. Atteggiamento sempre serio, sempre in controllo, mai sopra le righe. Da vero leader. Da vera star. In più, è anche un bel difensore, perché (come ha insegnato Michael Jordan) se giochi solo su un lato del campo sei credibile fino a un certo punto. Guida una squadra di giovani leoni, con una panchina lunga, che salvo catastrofi dovrebbe giocarsi una incredibile finale. MVP della stagione. Non meritato, di più.
Alex Caruso (Oklahoma City Thunder) – Uno dei migliori difensori della NBA. Nessun dubbio su questo. Capace di stare sulle orme dei piccoli e di fare a spallate con i lunghi con la stessa efficacia. Quello che ha fatto su Nikola Jokic in gara 7 della semifinale di conference rimarrà nella storia. Per l’intuizione coraggiosa del coach, che ha deciso di mettere un 1.96 in marcatura su un 2.13, cercando di dare fastidio a Jokic quando voleva mettere palla a terra sulle ricezioni lontano da canestro e sugli short-roll. Per la prestazione di Caruso, mai andato sotto fisicamente contro un centro di parecchi chili più pesante, mai arrendevole su qualsiasi tentativo di ricezione della stella di Denver. Tecnicamente, la difesa di Caruso andrebbe mostrata ai ragazzini che stanno imparando il gioco. Piega le gambe e si fa sempre più basso dell’attaccante che marca: fondamentale per aumentare la tua mobilità laterale. Scivolamenti laterali sempre con angolo corretto rispetto alle intenzioni dell’attaccante. Non c’è un blocco sul pick-and-roll che non sia in grado di forzare per passare nel mezzo. Velenoso nei recuperi. Ah, sta anche tirando con oltre il 44% da tre. Incredibile.
Jalen Brunson (New York Knicks) – Non è un ragionatore. In questo senso, è l’antitesi di Haliburton. Trattasi di play con istinti killer, a cui il canestro fa lo stesso effetto della bandiera rossa sui tori. Attaccante col pedigree, con mentalità aggressiva e un grande arsenale anche nei pressi del ferro. Piccolo (1.88), ma tosto e compatto fisicamente, va dentro e assorbe i contatti, rimanendo in equilibrio per la conclusione. In questo, ricorda molto Tim Hardaway (padre del Tim Jr adesso in maglia Pistons), che negli anni ’90 era imprendibile in penetrazione grazie a un palleggio incrociato su un fisico davvero roccioso. Se i Knicks vanno in finale, al Madison Square Garden gli fanno una statua. Eroe moderno.
Myles Turner (Indiana Pacers) – Uno dei lunghi più sottovalutati della lega. Forse perché Indiana non è il mercato più evocativo della NBA? Un 2.11 di rara e moderna mobilità. Gran fisico e due mani da infiocchettare. In questi playoff, sta tirando da fuori con il 43,2%: se riceve in ritmo sul perimetro fa spesso canestro. Per il resto, si muove bene senza palla e sa ricevere sui tagli senza darsela sui piedi. Difende pure con grande competenza. Classico giocatore che, al giorno d’oggi, qualsiasi squadra farebbe carte false per accaparrarsi (vero Lakers?). Uno dei motivi della spettacolare corsa ai playoff dei Pacers.
Aaron Nesmith (Indiana Pacers) – Quello che ha fatto in gara 1 contro i Knicks ha davvero dell’incredibile. A un certo punto, grazie ai suoi tiri da tre ha permesso ai suoi di recuperare uno svantaggio ormai di livello “andiamo negli spogliatori e pensiamo alla prossima partita”. Per lui, 30 punti con 8 triple, di cui 6 nell’ultimo quarto. In generale, è il tipo di giocatore che tutti vorrebbero avere nella propria squadra. Difende forte, è super atletico, la mette da fuori con continuità (addirittura 53,8% in questi playoff per 16 punti di media). Haliburton ama imbeccarlo in posizione di ala per il tiro da fuori piazzato. Si sta facendo pian piano un nome. Notevole.
That’s all Folks!
Alla prossima settimana.
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