Negoziati Russia-Ucraina in Vaticano? Ecco perché Papa Leone sa che Mosca non accetterà mai: lo dice la storia
- Postato il 9 luglio 2025
- Cronaca
- Di Il Fatto Quotidiano
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È quasi impossibile che due Paesi a larghissima maggioranza ortodossa possano ritrovarsi nel cuore della Chiesa cattolica, ovvero in Vaticano, per negoziare la pace. Leone XIV lo sa benissimo, così come lo sapeva Papa Francesco, e lo sa da sempre anche la Segreteria di Stato. Eppure, nella seconda udienza privata in appena due mesi di pontificato, questa volta nella cornice di Villa Barberini a Castel Gandolfo, dove il Pontefice sta trascorrendo le vacanze, Prevost ha ribadito al presidente ucraino Volodymyr Zelensky “la disponibilità ad accogliere in Vaticano i rappresentanti di Russia e Ucraina per i negoziati”. Immediato il commento della guida del Paese aggredito dal Cremlino: “La proposta di tenere incontri a livello di leader in Vaticano rimane aperta e pienamente fattibile, con l’obiettivo di fermare l’aggressione russa e raggiungere una pace stabile, duratura e autentica. Al momento, solo Mosca continua a respingere questa proposta, così come ha respinto tutte le altre iniziative di pace”.
Un rimpallo di responsabilità che si ripete ogni volta in modo identico. Il Papa, ieri Francesco e oggi Leone XIV, offre la disponibilità del Vaticano a ospitare i negoziati di pace tra la Russia e l’Ucraina. Zelensky risponde di essere disponibile, ma Mosca rifiuta. Un circolo vizioso che va avanti in modo identico ormai da anni e che neanche la diplomazia, vaticana, russa o ucraina, riesce a interrompere per arrivare a un punto d’approdo che, a parole, vede tutti i protagonisti concordi, ovvero il raggiungimento di una pace giusta e duratura. Non che il Vaticano non abbia a cuore la pace in Ucraina come in Medio Oriente e negli altri Paesi che sono protagonisti di quella che Bergoglio definiva molto efficacemente una “terza guerra mondiale a pezzi”. Ma ogni volta non si riesce mai a fare un passo in avanti e si ritorna puntualmente al punto di partenza.
Prevost, poco prima di incontrare nuovamente Zelensky, ha ribadito il suo auspicio di pace “in un mondo che brucia, sia per il surriscaldamento terrestre sia per i conflitti armati”. Aggiungendo che “però nel cuore dell’anno del Giubileo noi confessiamo – e possiamo dirlo più volte: c’è speranza!”. Precisando, inoltre, che “la nostra missione di custodire il creato, di portarvi pace e riconciliazione, è la sua stessa missione: la missione che il Signore ci ha affidato. Noi ascoltiamo il grido della terra, noi ascoltiamo il grido dei poveri, perché questo grido è giunto al cuore di Dio. La nostra indignazione è la sua indignazione, il nostro lavoro è il suo lavoro”. Recentemente, Leone XIV ha ribadito che “la pace è un desiderio di tutti i popoli, ed è il grido doloroso di quelli straziati dalla guerra. Chiediamo al Signore di toccare i cuori e ispirare le menti dei governanti, affinché alla violenza delle armi sostituiscano la ricerca del dialogo”.
Appelli, da Bergoglio a Prevost, che si susseguono senza, purtroppo, sortire mai l’effetto sperato. La telefonata tra Leone XIV e il presidente russo Vladimir Putin, il 4 giugno 2025, primo e finora unico contatto diretto tra i due leader, aveva fatto sperare molto positivamente. Infatti, dopo la rottura di qualsiasi contatto tra il capo del Cremlino e Bergoglio, a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina, finalmente quella telefonata ha riaperto un canale diretto di dialogo tra Putin e il nuovo Papa. Eppure, dopo oltre un mese, non ci sono stati passi in avanti concreti da parte di Mosca, nonostante la richiesta in questo senso che Leone XIV aveva fatto proprio in quella telefonata.
Nel discorso finora più forte di Prevost, rivolto, il 26 giugno 2025, all’assemblea plenaria della Riunione delle opere per l’aiuto alle Chiese orientali, c’è una denuncia molto importante della drammatica situazione mondiale attuale: “La storia delle Chiese cattoliche orientali è stata spesso segnata dalla violenza subita; purtroppo non sono mancate sopraffazioni e incomprensioni pure all’interno della stessa compagine cattolica, incapace di riconoscere e apprezzare il valore di tradizioni diverse da quella occidentale. Ma oggi la violenza bellica sembra abbattersi sui territori dell’Oriente cristiano con una veemenza diabolica mai vista prima. Ne ha risentito pure la vostra sessione annuale, con l’assenza fisica di quanti sarebbero dovuti venire dalla Terra Santa, ma non hanno potuto intraprendere il viaggio. Il cuore sanguina pensando all’Ucraina, alla situazione tragica e disumana di Gaza, e al Medio Oriente, devastato dal dilagare della guerra. Siamo chiamati noi tutti, umanità, a valutare le cause di questi conflitti, a verificare quelle vere e a cercare di superarle, e a rigettare quelle spurie, frutto di simulazioni emotive e di retorica, smascherandole con decisione. La gente non può morire a causa di fake news”.
Parole inequivocabili: “È veramente triste assistere oggi in tanti contesti all’imporsi della legge del più forte, in base alla quale si legittimano i propri interessi. È desolante vedere che la forza del diritto internazionale e del diritto umanitario non sembra più obbligare, sostituita dal presunto diritto di obbligare gli altri con la forza. Questo è indegno dell’uomo, è vergognoso per l’umanità e per i responsabili delle nazioni. Come si può credere, dopo secoli di storia, che le azioni belliche portino la pace e non si ritorcano contro chi le ha condotte? Come si può pensare di porre le basi del domani senza coesione, senza una visione d’insieme animata dal bene comune? Come si può continuare a tradire i desideri di pace dei popoli con le false propagande del riarmo, nella vana illusione che la supremazia risolva i problemi anziché alimentare odio e vendetta? La gente è sempre meno ignara della quantità di soldi che vanno nelle tasche dei mercanti di morte e con le quali si potrebbero costruire ospedali e scuole; e invece si distruggono quelli già costruiti!”.
La conclusione di questa forte denuncia di Leone XIV è altrettanto importante: “E mi chiedo: da cristiani, oltre a sdegnarci, ad alzare la voce e a rimboccarci le maniche per essere costruttori di pace e favorire il dialogo, che cosa possiamo fare?”. Come è emerso nella seconda udienza privata con Zelensky, sicuramente gli aiuti umanitari e gli sforzi per la liberazione dei prigionieri, soprattutto bambini, possono essere, come è stato dimostrato ampiamente fin dall’inizio del conflitto in Ucraina, due terreni concreti sui quali i cristiani, e la Chiesa cattolica in particolare, possono continuare a ottenere risultati molto importanti, proseguendo in questo lavoro fruttuoso. Ma, purtroppo, ciò non basta se si vuole raggiungere una pace giusta e duratura. Ed è ormai evidente a tutti che è davvero quasi impossibile che il negoziato tra la Russia e l’Ucraina si possa svolgere in Vaticano. La strada per la pace sembra proprio che non possa passare per lo Stato più piccolo del mondo.
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