“Nel 2024 sono aumentati del 4,5% i casi di criminalità nei porti italiani”: il report di Libera
- Postato il 30 maggio 2025
- Mafie
- Di Il Fatto Quotidiano
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“Porti italiani: crocevia di legalità e interessi mafiosi“. Libera, l’associazione di promozione sociale fondata da don Luigi Ciotti, presenta così la seconda edizione del rapporto “Diario di Bordo. Storie, dati e meccanismi delle proiezioni criminali nei porti italiani”. Lo studio (curato da Francesca Rispoli, Marco Antonelli e Peppe Ruggiero) è stato presentato questa mattina – 30 maggio – a Genova ed è il frutto dell’elaborazione dei dati provenienti dalla rassegna stampa Assoporti, dalle relazioni della Commissione Parlamentare Antimafia, della Dia, della Dnaa, dell’Agenzia delle Dogane e della Guardia di Finanza. “Il progetto – spiega la copresidente Rispoli – nasce dalla volontà di colmare un vuoto di conoscenza e di offrire uno strumento di lettura per cittadini, istituzioni e operatori del settore, con l’auspicio di rendere questi luoghi meno permeabili alle infiltrazioni mafiose e corruttive gestisce”.
I casi di criminalità – Tra i dati analizzati da Libera, di particolare rilevanza è l’aumento dei casi di criminalità. Nel 2024 è il porto di Livorno a detenere la maglia nera, con ben 16 episodi. I dati, che registrano una crescita complessiva nel 2024 del +4.5% rispetto all’anno precedente con un totale di 115 casi, posizionano al secondo posto i porti di Genova e Bari (10) che registra quest’anno l’incremento maggiore (un solo caso nel 2023), seguito da Napoli (da 2 casi nel 2023 a 7 nel 2024). Il rapporto indica anche cinque new entry coinvolte nella criminalità: Barletta, Carrara, Lacco Ameno, Marina di Stabia e San Benedetto del Tronto. Da una prospettiva regionale, invece, sul podio troviamo la Liguria (18 casi), seguita dalla Toscana (17) e dalla Puglia (16). Stando a quanto riporta Libera, la gran parte degli episodi riguarda attività illegali di esportazione e importazione di merci e prodotti, che rappresentano rispettivamente il 77,9% e il 9,5%. Per il business illegale, invece, il dato che spicca maggiormente nel 2024 “riguarda il traffico di prodotti contraffatti (37,7%), seguito dal traffico di stupefacenti (27%) e il contrabbando (19,2%)”.
Il triennio 2022-2024 – Nel trienni 2022–2024 sono stati “365 gli eventi criminali nei porti italiani, uno ogni 3 giorni, con il 2022 anno peggiore”. In totale, gli eventi di illegalità sono emersi in 42 porti, “di cui 32 di rilevanza nazionale” e vedono al primo posto Genova e Livorno, che rappresentano il 20% del totale. Al secondo posto il porto di Ancona, con 27 episodi, seguita dallo scalo di Palermo, con 22: numeri che, secondo l’associazione, non lasciano molti margini di dubbio. “Siamo davanti a una recrudescenza repressiva – dice Francesca Rispoli – che testimonia, da un lato, la persistenza dell’azione dei criminali e, dall’altra, conferma il lavoro importante svolto da forze dell’ordine, enti di controllo e magistratura”.
Da Nord a Sud – Lo studio parla di un “fenomeno che ha investito tutto il Paese, da Nord a Sud”. Dall’analisi delle relazioni istituzionali emerge infatti che sono 26 i gruppi criminali interessati agli affari legati ai porti: dai gruppi mafiosi storicamente radicati, fino a quelli meno noti che testimoniano come gli scali marittimi “rappresentino un’opportunità per incrementare i propri profitti e rafforzare collusioni”, si legge nel comunicato. In particolare, tra i più coinvolti ci sono ‘ndrangheta, camorra e cosa nostra, oltre ad altre organizzazioni criminali di origine italiana come banda della Magliana, Sacra Corona Unita, Stidda e gruppi criminali baresi. A questi si aggiungono asiatici, dell’Est Europa, del Nord Africa.
La voce di Libera – “I porti – sottolinea la copresidente Rispoli – non sono solo snodi della logistica e del commercio internazionale, ma veri e propri territori strategici in cui si concentrano interessi economici, infrastrutturali e criminali. Sono spazi in cui mafie e corrotti trovano terreno fertile per operazioni di contrabbando, traffico di droga, frodi fiscali, ma anche per inserirsi nelle catene logistiche legali, infiltrare imprese, pilotare appalti, e riciclare denaro”. E conclude: “In un contesto in cui miliardi di euro di fondi pubblici sono destinati all’ammodernamento e allo sviluppo delle infrastrutture portuali, anche attraverso il Pnrr, è essenziale accendere i riflettori“.
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