Neonato partorito da 13enne e trovato morto in uno zaino tra gli scogli: la nonna condannata all’ergastolo

  • Postato il 14 novembre 2025
  • Cronaca
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Carcere a vita per la nonna del neonato trovato morto l’anno scorso tra gli scogli di Villa San Giovanni, in provincia di Reggio Calabria. La sentenza è arrivata giovedì sera quando il presidente della Corte d’Assise Tommasina Cotroneo ha inflitto l’ergastolo ad Anna Maria Panzera, la donna di 40 anni accusata dell’infanticidio del nipote appena partito dalla figlia di 13 anni con deficit psichico. I giudici hanno accolto, quindi, la richiesta di condanna formulata al termine della requisitoria dal pubblico ministero Tommaso Pozzati che, assieme al procuratore aggiunto Walter Ignazitto, ha coordinato le indagini della squadra mobile e dei carabinieri.

La vicenda risale al 26 maggio 2024 quando, su segnalazione di un pescatore, era stato trovato uno zaino nei pressi degli imbarcaderi per Messina. All’interno c’era il neonato che aveva ancora con il cordone ombelicale attaccato. Dalle telecamere di videosorveglianza, presenti sul lungomare villese, gli investigatori sono risaliti alla donna che ha abbondato il bambino e che, pochi giorni dopo i fatti, è stata destinataria di un provvedimento di fermo emesso dalla Procura di Reggio Calabria.

Stando all’impianto accusatorio, infatti, subito dopo il parto di una delle due figlie minori, Anna Maria Panzera “si è adoperata per riporre il piccolo appena nato all’interno di uno zainetto e per abbandonarlo, poco dopo, sulla scogliera”. Essendo impossibile che una tredicenne, con difficoltà cognitive, possa aver gestito un parto da sola, un ruolo determinante è stato quello della madre di lei che, inoltre, avrebbe tenuto per mesi nascosta la gravidanza della figlia. Il contesto disagiato in cui viveva la minorenne, infatti, ha impedito che qualcuno si accorgesse che era incinta. Anche il padre della tredicenne, residente in Toscana da diversi anni, era completamente ignaro della gravidanza della figlia che, dopo il parto, era stata immediatamente ricoverata in ospedale perché affetta da una grave setticemia.

Dall’autopsia, inoltre, era emersa aria nei polmoni del bambino. Che tradotto significa: il piccolo è nato vivo e poi è stato soffocato. Ancora non si conoscono le motivazioni della sentenza, che saranno depositate dal presidente della Corte d’Assise, entro novanta giorni.

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