Netanyahu all’attacco, Israele verso l’occupazione totale della Striscia di Gaza
- Postato il 5 agosto 2025
- Di Panorama
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Dopo mesi di attese, pressioni internazionali e tentativi di mediazione, la posizione di Hamas sugli ostaggi è diventata sempre più intransigente: nessun rilascio senza contropartite politiche che Israele giudica a giusta ragione irricevibili, tra cui un cessate il fuoco permanente, il ritiro completo delle truppe israeliane e il mantenimento del controllo del gruppo islamista su Gaza. Di fronte a questo stallo, il governo israeliano ha deciso di rompere gli indugi: procedere con l’occupazione militare dell’intera Striscia, comprese le aree dove si ritiene siano detenuti gli ultimi ostaggi nelle quali fino a ora l’IDF non è entrata. La scelta, già anticipata da esponenti del gabinetto di guerra, è stata formalizzata dal primo ministro Benjamin Netanyahu, che ha annunciato l’intenzione di portare a termine l’operazione «fino al completo annientamento delle capacità militari e governative di Hamas». Una decisione che, secondo Israele, non è solo legittima, ma necessaria, alla luce della strategia di ricatto prolungato adottata dal gruppo palestinese e lo stesso pensa il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump che dato il via libera all’operazione.
Israele accusa Hamas di aver sabotato deliberatamente ogni sforzo di accordo, impiegando gli ostaggi come strumenti di pressione, in una campagna cinica che sfrutta la sofferenza umana per ottenere concessioni politiche. Le prove video, le testimonianze dei prigionieri rilasciati e le immagini recenti mostrano detenuti in condizioni disumane, in alcuni casi ridotti alla fame, privati di cure mediche e luce del giorno. Secondo il governo israeliano, Hamas non ha mai agito in buona fede. «Non possiamo permettere che Hamas detti le condizioni di una pace che vuole solo manipolare» ha dichiarato il ministro della Difesa Israel Katz che ha aggiunto: «Ogni concessione è una vittoria per il terrore, ogni cedimento è un nuovo ostaggio potenziale».Dopo il massacro del 7 ottobre 2023, in cui oltre 1.200 israeliani furono uccisi, l’intera dottrina della deterrenza nei confronti di Hamas è stata riconsiderata. Per Israele, Gaza non può più essere tollerata come base operativa del terrorismo islamista, né come territorio gestito da un’organizzazione che rifiuta apertamente l’esistenza dello Stato ebraico in linea con l’Iran e il Qatar partner ideologici e finanziari del gruppo. Secondo le autorità israeliane, l’occupazione della Striscia è l’unica opzione realistica per garantire la sicurezza dei cittadini israeliani, in particolare di quelli che vivono nel sud del Paese, da anni sotto costante minaccia di razzi, tunnel sotterranei e incursioni armate. «Hamas non è un attore politico, è un’organizzazione terroristica radicata nella cultura della distruzione. Finché ne manterrà il controllo, Gaza sarà una bomba a orologeria contro Israele» sostengono fonti dell’IDF.
L’arma degli ostaggi
Israele denuncia l’uso sistematico e calcolato degli ostaggi come scudo umano e strumento di guerra. Secondo i dati aggiornati, sarebbero ancora almeno 120 gli israeliani detenuti nei tunnel e nelle roccaforti di Hamas. Alcuni di loro, mostrati in recenti video diffusi dal gruppo, appaiono in condizioni di grave deperimento. Il governo israeliano ritiene che Hamas stia conducendo una vera e propria campagna di morte lenta, volta a generare divisioni nell’opinione pubblica israeliana e a creare pressioni esterne. «Abbiamo il dovere morale di riportare a casa i nostri concittadini, con ogni mezzo necessario» ha dichiarato Netanyahu. «Non possiamo lasciare che muoiano nei tunnel sotterranei di Hamas». L’operazione militare, spiegano fonti governative, non ha come obiettivo l’occupazione permanente del territorio né la punizione collettiva della popolazione civile, ma il completo smantellamento dell’apparato bellico e amministrativo di Hamas. Una volta raggiunto questo obiettivo, Israele si dice pronto a favorire la nascita di un’amministrazione temporanea, sostenuta da attori regionali come Egitto e Giordania, sotto supervisione internazionale. L’unica condizione posta da Gerusalemme è che Hamas e qualsiasi altro gruppo jihadista siano esclusi da qualunque futuro assetto. «Non può esserci alcuna stabilità se si lascia anche solo una porzione di potere a chi ha fatto della guerra una strategia permanente» ha dichiarato un portavoce del governo.
Le responsabilità della comunità internazionale
Israele accusa apertamente le Nazioni Unite e alcune cancellerie occidentali di aver mantenuto una posizione troppo ambigua nei confronti di Hamas, contribuendo con il silenzio o con dichiarazioni equidistanti a legittimare il gruppo. Il caso dell’UNRWA, agenzia travolta da scandali legati alla complicità di alcuni suoi membri con l’attacco del 7 ottobre, è indicato come esempio lampante del fallimento della diplomazia internazionale.«L’Occidente si indigna per le immagini delle rovine, ma dimentica che quelle rovine nascondevano arsenali, tunnel e centri di comando di Hamas» sottolineano fonti di sicurezza israeliane. «Ogni edificio colpito era parte della macchina di guerra jihadista, e la sua distruzione ha salvato vite israeliane». Per Israele, l’occupazione totale della Striscia non rappresenta una scelta ideologica, ma una misura estrema imposta da circostanze estreme. «Hamas ha trasformato Gaza in una prigione per i suoi stessi cittadini e in una minaccia esistenziale per noi. Questa operazione è l’unico modo per liberare entrambi» ha detto il premier. Nell’interpretazione israeliana, quella che si combatte oggi non è solo una guerra tra due popoli, ma uno scontro tra civiltà: da un lato, uno Stato democratico che cerca di difendersi; dall’altro, un’organizzazione che ha fatto del martirio, della distruzione e del terrore la propria unica ideologia. «Non ci fermeremo finché non avremo riportato tutti a casa e non avremo restituito a Gaza una prospettiva senza Hamas» ha concluso Netanyahu. «Solo allora potremo parlare davvero di pace».