Niente controlli psichiatrici, ma solo prove di ragionamento: il Csm svuota i test psicoattitudinali per i magistrati
- Postato il 14 ottobre 2025
- Giustizia
- Di Il Fatto Quotidiano
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Nel centrodestra li immaginavano come forche caudine, spietate sessioni inquisitorie per sbarazzarsi dei giudici “mentalmente disturbati” di berlusconiana memoria. E invece, all’atto pratico, i famigerati test psicoattitudinali per gli aspiranti magistrati saranno qualcosa di molto più innocuo: dei semplici questionari per valutare “l’idoneità cognitiva” dei candidati, cioè le loro capacità di ragionamento e apprendimento, senza indagare in alcun modo sulla presenza di patologie psichiatriche o disturbi di personalità. Insomma, un filtro all’acqua di rose, quasi risibile per chi – come prevede la legge – ha già superato le tre difficilissime prove scritte del concorso. La beffa per il governo – che vede sterilizzata una delle più importanti misure-bandiera contro le toghe – arriva dal Consiglio superiore della magistratura, a cui lo stesso esecutivo aveva affidato il compito di individuare le prove da sottoporre ai futuri giudici e pm. Dopo un lungo ciclo di audizioni di esperti, la Sesta Commissione ha approvato una proposta di delibera (relatori i consiglieri Roberto Fontana ed Eligio Paolini) in cui definisce l’orientamento da adottare nei lavori, escludendo, per l’appunto, qualsiasi accertamento psichiatrico. Una scappatoia, paradossalmente, resa possibile proprio dalla “precisa scelta terminologica” di prevedere un test “psicoattitudinale”, che – si legge – è uno “strumento psicometrico impiegato per valutare attitudini specifiche e si distingue nettamente dal test clinico, utile”, invece, “per diagnosi psicopatologiche”.
I test – già previsti nel programma della P2 di Licio Gelli – erano stati introdotti tra le polemiche a marzo 2024, con il decreto legislativo che dava attuazione alla riforma dell’ordinamento giudiziario dell’ex ministra della Giustizia Marta Cartabia (in cui non si faceva alcun accenno a prove psicoattitudinali). A firmare il provvedimento il nuovo Guardasigilli Carlo Nordio: con la novità, affermava in un’intervista al Corriere, “diamo la garanzia di essere giudicati da magistrati equilibrati, idonei, anche psicologicamente, al loro delicatissimo ruolo”. Il decreto inseriva nella prova orale del concorso in magistratura un “colloquio psico-attitudinale diretto a verificare l’assenza di condizioni di inidoneità alla funzione giudiziaria“, da svolgere sulla base di test elaborati dal Csm, che verranno sottoposti solo a chi avrà già superato gli scritti (un’esigua minoranza dei candidati). Nell’ultimo anno e mezzo, la Sesta Commissione ha svolto un’approfondita istruttoria convocando un totale di 19 esperti tra psicologi, psichiatri e specialisti in medicina del lavoro: sulla base dei loro contributi è stata adottata la proposta di delibera, che sarà approvata dal plenum (l’organo al completo) nella seduta di mercoledì.
Dalle audizioni, si legge nel testo, sono emerse due tesi contrapposte sulla natura delle prove: un primo gruppo di professionisti ha “nettamente escluso l’opportunità di ricorrere a test di personalità”, argomentando che le prove “psicoattitudinali”, per definizione, debbano riguardare “le capacità cognitive specifiche necessarie per svolgere la professione di magistrato”. Altri esperti invece hanno proposto un’interpretazione più larga, sostenendo che sia irragionevole testare le “capacità cognitive” di chi ha già superato tre complicate prove di diritto penale, civile e amministrativo. Di qui “il suggerimento di introdurre una valutazione degli aspiranti magistrati spiccatamente finalizzata all’accertamento di psicopatologie nonché di disturbi di personalità”, cioè quello che avrebbe voluto Nordio (e prima di lui Licio Gelli e Silvio Berlusconi). La Commissione, però, ha deciso all’unanimità di aderire al primo orientamento, “in ragione della precisa scelta terminologica del legislatore, che ha introdotto un test e un colloquio espressamente definiti psicoattitudinali“. E i test psicoattitudinali, viene ricordato, sercono a “misurare le capacità cognitive, le inclinazioni e il potenziale di un individuo”: non i suoi (eventuali) problemi mentali. In questo senso – conclude la propsta – la norma contenuta nel decreto è “inequivoca”. E Nordio se la può prendere con sé stesso (o con chi gli scrive le leggi).
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