No Tav, lo Stato presenta il conto: cartelle da migliaia di euro ai militanti del maxi-processo
- Postato il 21 luglio 2025
- Giustizia
- Di Il Fatto Quotidiano
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A quattordici anni di distanza dai fatti, dalle proteste contro l’avvio di un cantiere dell’Alta velocità Torino-Lione, lo sgombero del presidio No Tav e gli scontri con le forze di polizia, a circa 50 militanti è arrivato il conto. Una cifra non ben definita, di alcune decine di migliaia di euro. Per questa ragione ora il movimento della Valsusa ha avviato una raccolta fondi: “È dunque giunto il momento per tutt* noi di dimostrare la nostra solidarietà e vicinanza a chi, in quelle storiche giornate, scelse la parte giusta dalla quale stare”, si legge nell’appello diffuso.
Si tratta delle persone coinvolte nel maxi-processo No Tav, un procedimento concluso tra il 2023 e il 2025 in seguito a un rinvio della Cassazione. Dalla fine di giugno l’Agenzia delle Entrate, sezione Riscossione, ha inviato cartelle di pagamento per riscuotere crediti della Corte d’appello di Torino. Tempo a disposizione, sessanta giorni. Guido Fissore è uno dei destinatari di questi avvisi. Volto tra i più rappresentativi del movimento, nel gennaio 2012 era stato arrestato insieme ad altre 25 persone e poi processato. “Riguardano il processo per i fatti del 27 giugno 2011 e del 3 luglio 2011. C’erano circa 53 imputati, poi qualcuno è stato assolto e prescritto – spiega –. A me è arrivata una richiesta di circa 230 euro per le spese processuali. Almeno una ventina di persone, che avevano le pene più grosse, hanno ricevuto importi da circa 3mila euro”. A loro viene chiesto anche il pagamento delle ammende stabilite dai giudici.
Non è tutto. Per lo stesso procedimento il 29 maggio scorso i difensori degli imputati (condannati o “assolti a seguito dell’intervenuta prescrizione dei reati”) hanno ricevuto via Pec una diffida da parte dell’Avvocatura dello Stato per la liquidazione delle spese processuali. Calcolatrice alla mano, si tratta di altri 32mila euro da versare alla Banca d’Italia. La comunicazione si conclude con “Si preannuncia che, qualora la presente diffida dovesse rimanere priva di positivo riscontro, questa Avvocatura promuoverà gli atti esecutivi, che peraltro, data la natura solidale delle obbligazioni, verranno attivati non pro quota nei confronti di ciascun debitore erariale, bensì per gli interi importi dovuti nei confronti di coloro che presentino presumibili garanzie di solvibilità”. In sostanza, chi non pagherà la sua quota potrebbe trovarsi a pagare importi maggiori anche per gli altri debitori.
“Negli anni abbiamo messo da parte una ‘cassa di resistenza’, ma non basterà e per questo abbiamo avviato una raccolta fondi”, prosegue Fissore. Alcuni presidi organizzeranno serate e cene per avviare la colletta. A fine luglio ci sarà il Festival dell’Alta Felicità. Il timore, però, è che in futuro possano arrivare altri avvisi di riscossione per i procedimenti successivi al maxi-processo. “Adesso se n’è svolto uno chiamato Sovrano (quello contro il centro sociale Askatasuna e i suoi militanti, ndr). L’Avvocatura aveva chiesto il risarcimento di quasi 7 milioni di danni allo Stato”, come gli straordinari per le forze di polizia impiegate nel presidio dei cantieri della Tav, le spese di assistenza agli agenti feriti e quelle per riparare i mezzi danneggiati, ma anche i danni non materiali. Al termine, il tribunale non ha riconosciuto l’accusa di associazione a delinquere ipotizzata dalla procura e ha stabilito che i danni da risarcire allo Stato dovranno essere conteggiati nel corso di una causa civile.
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