“Non ho mai chiesto ai miei dirigenti di fare i papà”: Conte contro Marotta. Ma anni fa all’Inter la pensava diversamente

  • Postato il 26 ottobre 2025
  • Calcio
  • Di Il Fatto Quotidiano
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“Da allenatore non l’avrei permesso a un mio dirigente. Non ho mai chiesto ai miei presidenti di fare i papà e fare le difese d’ufficio”. Così l’allenatore del Napoli Antonio Conte ieri sera – ai microfoni di Dazn – ha attaccato il presidente dell’Inter, Giuseppe Marotta, che pochi minuti prima si era lamentato per il rigore assegnato al club campano in occasione dell’1-0. Un pensiero condivisibile quello di Conte, ma che stona con alcune sue dichiarazioni del passato, in particolare quando era all’Inter e Marotta era già uno dei dirigenti nerazzurri. Ma ricostruiamo.

A sbloccare il big match del “Maradona” – finito 3-1 per il Napoli – è stato il calcio di rigore segnato da Kevin De Bruyne (poi sostituito per un infortunio che si teme sia serio). Al 30′ infatti c’è un’imbucata per Di Lorenzo, che elude il primo avversario, poi allarga la gamba e cade giù dopo un contatto con Mkhitaryan. L’azione prosegue e l’arbitro Mariani ferma il gioco dopo circa 10 secondi, fischiando calcio di rigore. Vibranti le proteste dell’Inter, che chiede una revisione al Var, ma dopo un check, il tiro dagli undici metri viene confermato, De Bruyne tira e segna.

Questo il rigore che ha causato polemiche al termine del match, con Marotta che in diretta tv a Dazn si è lamentato del fischio dell’arbitro Mariani, arrivato con qualche secondo di ritardo. “L’episodio del rigore è stato determinante per rompere l’equilibrio ed è nato da una valutazione da parte dell’assistente. Bisogna fare chiarezza e io sono per la centralità dell’arbitro”, ha spiegato il presidente dell’Inter.

“L’arbitro non aveva fischiato il rigore, che è stato assegnato per l’intervento del guardalinee. Questa dinamica avrebbe meritato l’intervento del Var. Poi fischia perché decide l’assistente. Poi Rocchi dice ‘Basta rigorini’, l’arbitro non può farsi condizionare da un assistente a 30 metri”, ha concluso Marotta.

La risposta di Conte

Pochi minuti dopo le parole di Marotta, Conte è intervenuto ai microfoni di Dazn e ha risposto al presidente nerazzurro: “La differenza tra il Napoli e l’Inter è che in questi casi arriva un alto dirigente davanti alle telecamere e invece qui vengo io. Io credo che una grande squadra debba chiedersi quali sono le vere ragioni per cui ha perso e non appellarsi agli errori altrui, perché poi si creano alibi all’ambiente e ai giocatori”, ha dichiarato Conte.

L’allenatore del Napoli ha poi proseguito: “Da allenatore non l’avrei permesso a un mio dirigente. Che venga un presidente a fare queste considerazioni… Con tutto il rispetto, che lasci le cose a chi ha vissuto la partita. Non ho mai chiesto ai miei presidenti di fare i papà e fare le difese d’ufficio”.

Quando all’Inter disse: “Giusto che i dirigenti parlino”

Un’opinione condivisibile quella di Conte, che però anni fa sul tema la pensava diversamente. Nello specifico, dopo un Inter-Parma 2-2 (con l’Inter che chiese un calcio di rigore per fallo su Perisic), Marotta si presentò ai microfoni per lamentarsi del mancato fischio: “Oggi ci manca un rigore nettissimo, l’errore è stato palese. Intervengo per denunciare il vuoto normativo e regolamentare sul Var, che interviene solo in caso di chiaro errore dell’arbitro”.

Subito dopo arrivò Conte, che approvò l’intervento dell’allora dirigente nerazzurro, oggi presidente: “Il rigore su Perisic? Ha parlato il club, è giusto che parlino i dirigenti se hanno qualcosa da dire. Io analizzo la partita”.

E ancora, dopo un Borussia Dortmund-Inter di Champions League (match che l’Inter vinceva 2-0 e poi perse 2-3), Conte aveva dichiarato: “Non voglio alibi, ma non mi piace che ogni volta debba venire io a metterci la faccia. Qualcuno della società dovrebbe venire qui a parlare ogni tanto”. Conte non parlava solo della partita in sé, ma di un mercato incompleto e della comunicazione interna. Si sentiva lasciato da solo a difendere la squadra e chiedeva che i dirigenti parlassero pubblicamente nei momenti difficili.

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