Nuova petroliera sotto attacco nel mar Mediterraneo: è la quinta da inizio anno
- Postato il 1 luglio 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Un’esplosione a bordo, talmente forte da allagare la sala macchine e far andare alla deriva la nave. C’è una nuova petroliera finita sotto attacco nel mar Mediterraneo. È la quinta dall’inizio dell’anno a finire nel mirino di una squadra di sabotatori che entra in azione “punendo” imbarcazioni sospettate di far parte della “flotta fantasma” russa, impegnata nel contrabbando di petrolio di Mosca. Questa volta a finire sotto attacco è stata la Vilamoura che era partita dal porto libico di Zuaitina con un carico di un milione di barili. Battente bandiera delle Isole Marshall e di proprietà di un armatore greco, inserito in passato nella black list dell’Ucraina, la Vilamoura è stata colpita al largo della Libia e e ora, impossibilitata a navigare, è rimorchiata verso la Grecia. Da aprile di quest’anno, la petroliera – costruita nel 2011 – ha fatto scalo nei porti petroliferi russi, tra cui Ust-Luga e Novorossijsk, ufficialmente per caricare greggio kazako.
Negli stessi porti avevano attraccato anche altre navi che hanno subito esplosioni a bordo negli scorsi mesi, compresa la Seajewel che era stata attaccata mentre si trovava al largo del porto di Savona. La catena di incidenti sospetti è iniziata a metà gennaio proprio con la “gemella” della petroliera danneggiata a Savona: la Seacharm – entrambe di un gestore greco, Thenamaris, inserito in black list da Kiev e poi rimosso – ha subito danni a metà gennaio in acque turche mentre navigava verso Ceyhan. Quest’ultima petroliera era stata in Russia, a Novorossijsk, per l’ultima volta lo scorso 12 dicembre. Nello stesso porto aveva attraccato anche la Seajewel, ma un mese più tardi (16 gennaio). In entrambi i casi, le petroliere avevano fatto nuovi carichi di greggio prima delle esplosioni: difficilmente, insomma, trasportavano petrolio russo quando sono state colpite.
Le altre due imbarcazioni danneggiate sono la Koala e la Grace Ferrum. Entrambe avevano fatto tappa a Ust-Luga, porto del Mar Baltico nel distretto di Kingiseppsky, vicino al confine con l’Estonia. La Koala è stata danneggiata proprio mentre si trovava all’ancora in Russia, lo scorso 9 febbraio. Come riporta Bloomberg, le autorità locali hanno descritto l’esplosione del Koala come un “incidente provocato dall’uomo”. La Grace Ferrum, invece, aveva lasciato Ust-Luga il 12 gennaio e l’incidente a bordo si è verificato quando la petroliera è arrivata nelle acque libiche qualche settimana dopo, a inizio febbraio.
I casi, tra l’altro, di danneggiamenti non hanno riguardato solo le petroliere. Risale a fine dicembre l’affondamento della Ursa Major nelle acque spagnole del mar Mediterraneo. Il cargo russo dell’armatore Oboronlogistics, secondo la stessa società, ha subito tre esplosioni consecutive a tribordo. Il gruppo proprietario della Ursa Major – una delle più grandi navi da carico secco di tutto il Paese, con una capacità di 9.500 tonnellate – è noto per trasportare mezzi militari nel mondo per conto del ministero della Difesa russo.
La Seajewel, invece, era stata colpita nel mar Ligure lo scorso 14 febbraio. Sulla nave era stati piazzati due ordigni magnetici, incollati alla chiglia della petroliera arrivata poche ore prima dall’Algeria. Secondo gli artificieri che hanno perlustrato la nave e i fondali, la prima bomba piazzata sulla nave è esplosa provocando uno squarcio di 70 centimetri per 120 con le lamiere rivolte verso l’interno. La defibrillazione ha fatto staccare un secondo esplosivo, a sua volta detonato sul fondale provocando una moria di pesci. I primi indizi avevano subito lasciato pensare a un evento doloso, i sommozzatori del Comsubin e gli altri esperti intervenuti sulla scena hanno confermato: qualcuno ha piazzato due congegni esplosivi sulla Seajewel – alcuni frammenti sono stati ritrovati e saranno analizzati – con l’intento di danneggiarla.
Come aveva ricostruito Il Fatto Quotidiano, la pista privilegiata porta a guastatori ucraini: almeno questo ipotizzano gli investigatori, guidati dal comandante della capitaneria Simone Carafa e dalla dirigente della Digos Simona Truppo, coordinati dai pm Nicola Piacente e Monica Abbatecola che indagano per terrorismo. Tutto inizia sul lungomare di Vado Ligure, dove un uomo si introduce negli stabilimenti balneari San Pietro, di fronte all’area di imbarco prodotti petroliferi Ip. Ha una torcia in mano. La agita, come se stesse segnalando qualcosa verso il mare. Le telecamere dei bagni lo riprendono per un minuto e mezzo, fra le 22.53 e le 22.54. Poi si allontana come un fantasma. Negli stessi istanti riprende qualcosa anche una telecamera della polizia municipale. A 700 metri da lì, sulla spiaggia di Zinola, ci sono due uomini al telefonino. Passeggiano nervosi, guardano l’orizzonte, verso la petroliera Seajewel. Poco dopo, lo scoppio a bordo.
Insomma, il sospetto è quello di un attentato di servizi stranieri in acque italiane. Questo possibile movente dell’attentato viene preso molto sul serio dal comando centrale della capitaneria di porto, che in un’informativa segnala le anomalie della Seajewel: “In merito all’indice di rischio si segnala che la nave ha operato in Russia, ha presentato anomali Gap Ais in aree attenzionate”. Tradotto: la petroliera ha più volte spento i transponder in prossimità di porti russi, come Novorossysk, facendo perdere le proprie tracce satellitari nelle acque dove per l’Olaf (ufficio antifrode Ue) si concentrano i trasbordi di greggio della “flotta fantasma”.
Per gli inquirenti la Seajewel presenta anche “profili societari anomali”. Thenamaris è gestore della nave, ma l’armatore, il “register owner”, è la Realm navigation incorporated, con sede a Monrovia, in Liberia, al numero 80 di Broad street: “Presso lo stesso indirizzo sono registrate 50 compagnie, alcune delle quali sottoposte a sanzioni internazionali e altre monitorate da tempo dalla capitaneria per attività sospette”. Sono almeno 13 le navi in black list che condividono lo stesso indirizzo con la Seajewel, ora non più l’ultima petroliera a finire nel mirino dei guastatori che continuano a prendere di mira navi nel Mediterraneo.
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