Nuove prospettive di riarmo: ecco come la Nato – tramite un suo fondo – investe miliardi nelle start up militari
- Postato il 23 luglio 2025
- Economia
- Di Il Fatto Quotidiano
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La scalata in borsa delle aziende che smerciano armi non si ferma più: gli investitori stanno puntando tutto sull’industria della difesa. E di questi tempi c’è solo da guadagnarci. Ma non ne stanno beneficiando soltanto i grandi (e storici) produttori, come Rheinmetall o Leonardo e altri conglomerati del settore. Nuovi attori si stanno facendo strada in questo mercato, surfando sull’onda lunga dello sviluppo tecnologico. A partire dalle start-up impegnate nell’innovazione militare. Però in un mondo che si riarma bisogna moltiplicare esponenzialmente la produzione, nemmeno gli investitori privati bastano più. Ed è qui che entra in gioco la NATO: è tempo, per i paesi dell’alleanza, di avventurarsi nella selva della finanza globale. Facendosi strada a suon di milioni.
Il Nato Innovation Fund è un fondo di venture capital che investe in aziende tech. Non si tratta di un’articolazione dell’alleanza ma di un’organizzazione privata, domiciliata in Lussemburgo. Eppure gestisce anche soldi pubblici. Il NIF, infatti, è stato autorizzato ad adottare questa dicitura perché viene finanziato da 24 stati-membri dell’alleanza (tra cui l’Italia e la Germania; Francia e Usa, ad esempio, non hanno partecipato). E gli è stata assegnata una missione istituzionale: investire in settori strategici per i paesi coinvolti nel fondo. Ma è pur sempre una società a scopo di lucro e i managers, che agiscono in piena autonomia, ricevono una percentuale sugli utili. Da qui il potenziale cortocircuito: come verrebbe valutato un investimento potenzialmente proficuo ma senza benefici per la sicurezza degli stati-membri (e viceversa: un’opportunità strategica non particolarmente redditizia)? In teoria il braccio esecutivo del NIF è soggetto al controllo di un board – dove siedono i governi – che, per mandato, deve verificare che i fondi pubblici siano usati in modo coerente con la missione istituzionale. Ma il rappresentante italiano è Roberto Cingolani, che è anche amministratore delegato di Leonardo. E in seno all’organizzazione non sono emersi soltanto conflitti di interessi “potenziali”; la testata “Follow the Money”, infatti, ha rivelato che il presidente del NIF Klaus Hommels avrebbe investito privatamente in due start-up su cui, in parallelo, il fondo ha puntato soldi pubblici.
Il NIF avrà in dotazione un miliardo di euro: l’Italia coprirà 80 milioni (per ora, Crosetto ha stanziato 7,65 milioni l’anno). Oltre ad investire in altri fondi di venture capital l’istituzione ha già finanziato diverse start-up europee. A partire da Arx Robotics, il fiore all’occhiello dell’industria tecnologica tedesca: l’azienda, che sviluppa piattaforme cingolate a guida autonoma, è stata fondata nel 2022 da Marc Wietfeld, Maximilian Wied e Stefan Roebel, tre ex ufficiali della Bundeswehr.
I loro droni sfruttano una fitta rete di sensori (come telecamere, radar, GPS) per raccogliere dati, che vengono inviati e processati dal sistema operativo IA “Mithra OS”, installato nel robot. Il software funge da “cervello” della macchina, consentendogli di navigare in modo autonomo (ad esempio, il drone riconosce ed evita gli ostacoli). Già inquadrate in sei eserciti europei (tra cui quello ucraino), le piattaforme di ARX possono essere dispiegate sul campo per fornire supporto al personale militare. Il veicolo è in grado di caricare fino a 500 Kg di materiale, rilevare mine o tracciare il nemico. Poi c’è Space Forge, azienda gallese che produce componentistica in orbita, per sfruttare alcune condizioni presenti nello spazio. Tant’è che la start-up utilizza dei “forge-star” – “forni spaziali” – che partono da terra, raggiungono una certa altitudine, producono i materiali e tornano sul pianeta con l’ausilio di un miniscudo termico.
Isar Aerospace (Germania), invece, produce “razzi vettori” in grado di trainare piccoli e medi satelliti in orbita, per poi deflagrare, a debita distanza. Infine vale la pena citare Tekever: è l’unica, tra le aziende presenti nel portafoglio del NIF, ad aver ottenuto il titolo di “unicorno”, che è riservato alle start-up che raggiungono una valutazione di mercato di almeno un miliardo di dollari (oggi la società portoghese ne vale 1,2). L’azienda produce droni e sistemi aerei a lungo raggio, senza pilota, per sorveglianza marittima, ricognizione e militare ed operazioni di soccorso. I robot di Tekever sono già stati impiegati dalla marina britannica e dall’esercito ucraino, totalizzando 10.000 ore di volo e distruggendo asset militari russi per un valore stimato superiore a 3 miliardi di sterline. Tekever e Arx Robotics sono le due società più importanti e strategiche in cui ha investito il NIF: i droni (terrestri/aerei) fabbricati da queste start-up, difatti, hanno già avuto il loro battesimo del fuoco. E sul fronte ad est, in Ucraina: il più caldo della “guerra mondiale a pezzi” di cui parlava Papa Francesco.
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