Obesità, il vero colpevole è nel piatto: la dieta incide più della sedentarietà

  • Postato il 3 agosto 2025
  • Lifestyle
  • Di Blitz
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L’epidemia globale di obesità continua a crescere, tanto da essere ormai considerata una delle emergenze sanitarie più pressanti del nostro tempo. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, oltre un miliardo di persone nel mondo sono in sovrappeso o obese. Ma da dove nasce davvero questo aumento di peso generalizzato? È colpa della sedentarietà oppure bisogna guardare più a fondo, nel piatto?

Un nuovo studio condotto dalla Duke University, pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences, riapre il dibattito con una conclusione netta: è la dieta il fattore dominante nell’aumento dell’obesità, molto più della ridotta attività fisica nelle società industrializzate.

Il punto di partenza: davvero bruciamo meno calorie?

Uno degli assunti più comuni è che, nelle società moderne, si brucino meno calorie rispetto al passato, a causa di una vita sempre più sedentaria. Eppure, secondo i dati raccolti dai ricercatori americani, questa differenza è reale ma non sufficiente a spiegare l’aumento vertiginoso dell’obesità.

Gli studiosi hanno esaminato il dispendio energetico in 34 gruppi umani in tutto il mondo, confrontando persone che vivono in contesti rurali, spesso legati a uno stile di vita fisicamente impegnativo, con individui residenti in aree urbane e industrializzate. Utilizzando una tecnica chiamata “acqua doppiamente marcata”, che consente di tracciare con precisione il consumo calorico attraverso isotopi stabili, è stato calcolato il totale delle calorie bruciate quotidianamente.

Il metabolismo non è cambiato così tanto

I risultati sono stati sorprendenti: le persone che vivono in società moderne non consumano molto meno di chi ha una vita più fisicamente attiva. Ad esempio, gli individui appartenenti alla comunità Tuvan, in Siberia, hanno mostrato un consumo calorico più elevato, ma non in modo drastico rispetto agli americani medi. Le differenze, una volta corrette per età, sesso e massa corporea, sono risultate relativamente contenute.

Questo porta a un’osservazione cruciale: l’apporto calorico, e non il dispendio, è la vera variabile fuori scala. In altre parole, non stiamo ingrassando perché ci muoviamo poco, ma perché introduciamo molta più energia di quella che ci serve.

Le calorie in eccesso vengono dal cibo, non dalla sedentarietà

La conclusione principale dello studio è che il 90% del rapporto tra obesità e sviluppo economico è spiegabile con l’alimentazione, mentre solo il 10% può essere attribuito a un minore dispendio energetico. Questo rovescia l’idea, ancora molto diffusa, che una maggiore attività fisica da sola possa contrastare efficacemente l’aumento di peso.

Ovviamente ciò non significa che muoversi sia inutile: al contrario, l’esercizio fisico è fondamentale per la salute cardiovascolare, muscolare e mentale. Tuttavia, quando si parla di obesità, è più efficace agire sulla qualità e quantità del cibo assunto.

Ma quali cibi fanno davvero ingrassare?

Anche se lo studio non ha raccolto dati specifici sulle abitudini alimentari dei partecipanti, è ormai ben documentato che l’eccesso di cibi ultra-processati, ricchi di zuccheri semplici, grassi saturi e calorie vuote rappresenti il maggiore fattore di rischio per l’aumento di peso.

Questi alimenti, spesso presenti in snack confezionati, bevande zuccherate, prodotti da forno industriali e piatti pronti, stimolano eccessivamente l’appetito, alterano il metabolismo e generano un continuo surplus calorico. Inoltre, mancano di fibra e micronutrienti, riducendo il senso di sazietà.

La conferma da un secondo studio: è questione di qualità

A supporto di questa tesi, anche una ricerca pubblicata su Cell Metabolism mostra che i partecipanti sottoposti a una dieta a base di alimenti ultra-processati tendevano a mangiare in media 500 calorie in più al giorno rispetto a chi seguiva un’alimentazione con cibi freschi e minimamente lavorati, nonostante il contenuto nutrizionale dei pasti fosse teoricamente simile.

Questo dimostra che la qualità del cibo ha un impatto diretto sull’assunzione calorica e, di conseguenza, sul peso corporeo. Non si tratta solo di “quante calorie” si assumono, ma soprattutto “da dove provengono”.

Il falso mito delle calorie bruciate in palestra

ragazze fanno sport in palestra
Il falso mito delle calorie bruciate in palestra (blitzquotidiano.it)

Molti credono che un’ora di esercizio intenso in palestra possa bilanciare uno sgarro alimentare. In realtà, il corpo consuma relativamente poche calorie con l’attività fisica rispetto a quelle assunte facilmente con uno snack ipercalorico.

Per esempio, servono circa 40 minuti di corsa per bruciare le calorie contenute in una porzione di patatine fritte o in una fetta di torta. E questo senza considerare che l’attività fisica può aumentare la fame, spingendo a mangiare di più.

Perché è difficile accettare questa verità?

L’idea che sia “più facile muoversi di più” piuttosto che “mangiare di meno” è molto radicata. Ma i dati scientifici suggeriscono il contrario: intervenire sulla dieta è più efficace e sostenibile, sia per perdere peso che per mantenerlo nel lungo periodo.

Le industrie alimentari, tuttavia, spesso enfatizzano il ruolo dell’attività fisica per spostare l’attenzione dalle proprie responsabilità nella produzione e commercializzazione di cibi ipercalorici e poco sani.

Un problema di salute pubblica (non solo individuale)

L’obesità non è solo una questione estetica o di forza di volontà. È una condizione complessa, influenzata da fattori ambientali, socioeconomici e culturali. Il facile accesso a cibi economici e calorici, il marketing aggressivo e la mancanza di educazione alimentare rendono difficile fare scelte salutari.

Servono interventi strutturali: etichettature più chiare, regolamentazione della pubblicità alimentare, tassazione sui prodotti dannosi, promozione di diete equilibrate. E soprattutto una nuova narrazione pubblica che metta in luce il vero nemico: l’alimentazione sbagliata.

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Blitz

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