Omicidio Gemona: la limonata, l’insulina e i lacci delle scarpe. I dettagli della confessione della madre di Alessandro Venier

  • Postato il 3 agosto 2025
  • Cronaca Nera
  • Di Il Fatto Quotidiano
  • 1 Visualizzazioni

Sarà l’esame tossicologico a confermare se Lorena Venier, 61 anni, infermiera di Gemona del Friuli ha detto la verità, ammettendo l’uccisione a sangue freddo e con premeditazione del figlio Alessandro di 35 anni. Ma quella che il difensore avvocato Giovanni De Nardo ha definito “una confessione piena”, appare sempre più verosimile, anche se manca la versione della compagna dell’uomo, la trentenne colombiana Mailyn Castro Monsalvo, che si è avvalsa della facoltà di non rispondere. Alessandro è stato intontito con una limonata contenente un farmaco narcotizzante. La madre gli ha anche praticato un’iniezione di insulina. Poi le due donne hanno cercato di strangolarlo. Siccome non moriva, è stato finito con un laccio per scarpe. Quindi il suo corpo è stato fatto a pezzi e chiuso in un bidone, nel garage, ricoperto di calce per impedire che i vicini sentissero l’odore della decomposizione.

La confessione – Lorena Venier – che aveva detto “ho fatto una cosa tremenda, ho ucciso mio figlio” – ha impiegato un’ora per ricostruire ciò che è accaduto la sera del 25 luglio nella casa in via dei Lotti 47, diventata la scena di una tragedia familiare nata dalla disperazione e dalla paura. Una prima ammissione l’aveva fatta ai carabinieri, una seconda volta rispondendo alle domande del pubblico ministero Claudia Danelon, infine ha raccontato tutto nell’interrogatorio di garanzia con il giudice delle indagini preliminari Mariarosa Persico, che ha confermato il fermo e per lei la detenzione in carcere. Mailyn è stata inviata a Venezia in una struttura di accoglienza sull’isola della Giudecca, la stessa dove ha sede il carcere femminile.

Il contesto familiare – La persona forte, nella famiglia, era Lorena, anche perché era l’unica a lavorare, visto che il figlio Alessandro viveva di occupazioni saltuarie e la sua compagna Mailyn è in permesso maternità da operatrice socio-sanitaria, avendo dato alla luce una bambina sei mesi fa. Il carattere violento dell’uomo sarebbe all’origine di quello che è accaduto, stando al racconto della madre. “La vita di Mailyn era in pericolo, non potevamo più attendere” ha detto. Se ne era convinta nel momento in cui Alessandro aveva deciso di partire con la compagna e la figlia perché in Colombia aveva degli affari e dei progetti. Lorena ha cominciato ad aver paura. Per la propria solitudine e per il fatto che non avrebbe più visto la nipotina e Mailyn a cui si è affezionata come una figlia. La coppia non stava trascorrendo un periodo facile. Dopo il parto la donna sudamericana ha avuto una depressione, era in crisi. Alessandro non ha capito la gravità del problema, anzi, secondo la versione della madre, rimproverava la compagna per le sue lamentele e a volte la picchiava. Una situazione insostenibile.

Le liti in casa – Le discussioni in casa erano all’ordine del giorno. Per questo Lorena Venier ha cominciato a temere che Alessandro, nel momento in cui fosse uscito dal suo controllo, avrebbe potuto fare del male a Mailyn. È stata quest’ultima a manifestare le sue paure, al punto da indurre la suocera ad aderire al piano di eliminare Alessandro. Questo comportamento, se confermato, le costerà anche l’accusa supplementare di aver indotto Lorena al concorso nell’omicidio premeditato che viene attribuito ad entrambe.

I biglietti per la Colombia e l’omicidio – Alessandro aveva comperato i biglietti per prendere l’aereo il 27 luglio, assieme alla compagna e alla figlia. Aveva chiesto alla madre di accompagnarli in aeroporto. Non aveva però colto l’entusiasmo e l’eccitazione per la partenza che si attendeva. Due giorni prima della partenza, venerdì 25 luglio la situazione è precipitata. Le due donne avevano ordinato un sacco di calce attraverso Amazon ed questa è la prova di un piano studiato a freddo. Quella sera Alessandro è tornato a casa, ha percepito un clima ostile, si è innervosito. Hanno litigato. Le due donne gli hanno offerto una limonata dove era stato sciolto un farmaco anestetizzante. L’uomo non ha sospettato nulla e ha bevuto, ma non si è addormentato. Così Lorenza gli ha praticato un’iniezione di insulina, sperando di ucciderlo. È solo riuscita a renderlo innocuo, ma ad un certo punto lui si è risvegliato. Allora le due donne hanno cercato di soffocarlo. Siccome non moriva, sarebbe stata Maylin ad usare un paio di lacci per scarpe fino a strozzarlo.

La seconda fase: il copro da nascondere – A quel punto è cominciata la seconda fase. Dovevano nascondere il corpo, fingere che Alessandro fosse partito per il Sud America, come aveva annunciato in paese. Erano certe che nessuno l’avrebbe cercato. Con un seghetto metallico hanno tagliato il cadavere in tre parti che hanno gettato in un bidone. Lo hanno ricoperto di calce e lasciato il bidone in garage. La finzione è durata cinque giorni, mentre nel frattempo Lorena è andata a lavorare in ospedale. Maylin, rimasta in casa con la bambina, non ha retto alla tensione. È lei, il mattino del 31 luglio, a telefonare ai carabinieri. Il piantone ha colto frasi sconnesse, ma ha capito che qualcosa non andava. Ha inviato subito una pattuglia all’indirizzo indicato. Poi la scoperta del corpo e il fermo delle due donne. La piccola è stata affidata ai servizi sociali del Comune di Gemona. Mentre Lorena ha confessato, Maylin è entrata in uno stato confusionale.

La condanna del 35enne – Alessandro aveva fretta di partire perché su di lui pendeva una condanna per lesioni personali gravi che stava diventando esecutiva, il che gli avrebbe impedito l’espatrio. “So cosa ho fatto e perché” ha detto la madre in lacrime al giudice, attribuendo alla disperazione e alla paura il movente di un omicidio feroce, con accuse da ergastolo.

L'articolo Omicidio Gemona: la limonata, l’insulina e i lacci delle scarpe. I dettagli della confessione della madre di Alessandro Venier proviene da Il Fatto Quotidiano.

Autore
Il Fatto Quotidiano

Potrebbero anche piacerti