Omicidio Vangeli, il fratello: «Mi dimetto da consigliere»
- Postato il 28 giugno 2025
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Il Quotidiano del Sud
Omicidio Vangeli, il fratello: «Mi dimetto da consigliere»
Il consigliere comunale di Filandari, Federico Vangeli commenta la sentenza della Cassazione per l’omicidio del fratello Francesco: «Una ferita sempre aperta. Mi dimetto da consigliere comunale».
FILANDARI – Non è solo una scelta personale, ma un atto di coscienza istituzionale e civile. Federico Vangeli, consigliere comunale di minoranza, ha scritto al prefetto di Vibo Valentia per comunicare la propria riflessione sulla possibilità di rimettere il mandato. Un gesto che arriva con il peso doloroso della recente sentenza della Corte di Cassazione sulla morte del fratello Francesco, vittima innocente di ’Ndrangheta.
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Parole asciutte, intrise di amarezza, ma anche di profondo senso delle istituzioni e rispetto per il ruolo che ricopre. «È una ferita che non si è mai chiusa – afferma Vangeli – e che oggi si intreccia con un sentimento di disillusione verso un sistema che, proprio nei momenti più delicati, dovrebbe saper dimostrare vicinanza e rispetto. Continuo a credere nello Stato di diritto, nei suoi principi e nella necessità di garantire un processo giusto per tutti. Ma è fondamentale che la giustizia sappia concentrarsi sul merito, senza diventare un esercizio formale che rischia di smarrire la sua funzione più profonda: quella di accertare la verità e garantire tutela, soprattutto per chi ha già pagato un prezzo altissimo».
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Il riferimento è chiaro: il dolore per una sentenza vissuta come una beffa, e la sensazione di solitudine che può colpire chi, pur avendo subito una tragedia, si ritrova a fare i conti con un sistema giudiziario percepito come distante. Ma nonostante tutto, Vangeli non si lascia andare al vittimismo. La sua resta una posizione lucida, consapevole, e in ogni parola traspare il conflitto interiore tra il senso del dovere e la frustrazione per un percorso di giustizia che, a suo dire, rischia di perdere la bussola morale.
Il consigliere non ha ancora formalizzato le dimissioni, ma lascia intendere che ogni scelta sarà valutata con responsabilità verso i cittadini. «Ho espresso gratitudine al mio gruppo consiliare per il sostegno umano e politico – scrive – e ribadisco che ogni valutazione definitiva sarà assunta nel massimo rispetto dei cittadini che mi hanno affidato il proprio mandato».
Parole che pesano. Perché in una terra dove spesso le istituzioni vengono vissute con diffidenza, un amministratore che decide di esporsi, riconoscere il proprio dolore e coinvolgere le autorità in modo trasparente, rappresenta un gesto tutt’altro che scontato. «Non chiedo privilegi – conclude – ma che la giustizia, anche nei suoi tempi più difficili, non dimentichi mai chi ha già pagato il prezzo più alto». Una voce ferita, ma ferma. Che chiama in causa non solo i meccanismi della giustizia, ma la capacità dello Stato di stare accanto, davvero, a chi ha vissuto sulla propria pelle l’attacco più brutale alla dignità e alla vita. In questo gesto c’è una domanda di attenzione, di ascolto, e forse anche di speranza. Perché la legalità non sia solo una parola, ma un percorso che includa empatia, memoria e umanità.
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