Open Arms, la Procura impugna l’assoluzione di Salvini: «Difendere i confini non è un reato»
- Postato il 18 luglio 2025
- Di Panorama
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A sette mesi dall’assoluzione di Matteo Salvini nel processo Open Arms, la vicenda giudiziaria si riapre con un colpo di scena. La Procura della Repubblica di Palermo ha presentato ricorso diretto alla Corte di Cassazione contro la sentenza con cui il Tribunale aveva assolto l’attuale vicepremier e ministro dei Trasporti dalle accuse di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio per i fatti dell’agosto 2019.
Al centro del procedimento, il divieto di sbarco imposto alla nave della ONG spagnola Open Arms con 147 migranti a bordo, soccorsi in mare e poi rimasti bloccati al largo di Lampedusa. Salvini, all’epoca ministro dell’Interno nel governo Conte I, difese la linea del rigore invocando la necessità di tutelare i confini nazionali. Una strategia giudicata lecita dal Tribunale, che il 20 dicembre 2024 lo ha assolto con formula piena: «Il fatto non sussiste».
Ricorso per saltum: la mossa insolita della Procura
La Procura palermitana ha scelto una via inusuale, se non inedita: il ricorso per saltum, che consente di bypassare l’appello e portare il caso direttamente all’attenzione della Suprema Corte. A firmare l’iniziativa, il procuratore Maurizio De Lucia, l’aggiunto Marzia Sabella e la sostituta Giorgia Righi.
L’impianto dell’accusa poggia su una contestazione di tipo giuridico: secondo i magistrati, il Tribunale avrebbe erroneamente interpretato le norme nazionali e internazionali sul soccorso in mare, ignorando l’obbligo di assegnazione di un porto sicuro (il cosiddetto Pos) da parte dello Stato competente.
Le motivazioni del Tribunale e la sentenza sul caso Diciotti
Nelle motivazioni depositate lo scorso 19 giugno, il collegio giudicante aveva sostenuto che le leggi in materia fossero “precarie, inaffidabili, incompiute” e caratterizzate da “molte aree grigie”. Un quadro normativo incerto, che a giudizio dei giudici escludeva l’obbligo per l’Italia di accogliere la nave Open Arms.
I pubblici ministeri, invece, avevano sostenuto l’esistenza di un preciso obbligo giuridico in capo al ministro dell’Interno. Obligo che, secondo la Procura, trova ulteriore conferma in una recente sentenza delle Sezioni Unite Civili della Cassazione sul caso Diciotti.
In quella pronuncia – relativa al blocco dello sbarco della nave militare italiana con migranti a bordo, sempre nell’estate 2018 e sempre con Salvini ministro – i giudici supremi hanno scritto che “l’assenza di regole chiare” sull’individuazione dello Stato responsabile del salvataggio è “destituita di fondamento”.
I contenuti del ricorso: “Norme ignorate, libertà personale violata”
Nel ricorso, i magistrati di Palermo sostengono che “la sentenza in esame si rivela manifestamente viziata per l’inosservanza di quella serie di norme integratrici, quali quelle sulla libertà personale e le Convenzioni sottoscritte dall’Italia per il soccorso in mare”. Di fatto, l’accusa afferma che i fatti sono stati accertati, ma che il Tribunale ha sbagliato ad applicare il diritto.
Se la Cassazione dovesse respingere il ricorso, il processo si chiuderebbe in via definitiva. Se invece i giudici del Palazzaccio dovessero accogliere l’istanza, il caso verrebbe rinviato in Appello per riesaminare la questione esclusivamente sul piano giuridico.
Salvini: “Qualcuno non si rassegna”. Meloni: “Accanimento surreale”
“Ho fatto più di trenta udienze – ha dichiarato Salvini – il Tribunale mi ha assolto perché il fatto non sussiste, riconoscendo che difendere i confini non è un reato. Evidentemente qualcuno non si rassegna. Andiamo avanti, non mi preoccupo”.
Sui social è intervenuta anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni: “È surreale questo accanimento, dopo un fallimentare processo di tre anni – a un ministro che voleva far rispettare la legge – concluso con un’assoluzione piena. Mi chiedo cosa pensino gli italiani di tutte queste energie e risorse spese così, mentre migliaia di cittadini onesti attendono giustizia”.
Piantedosi: “Mi sento moralmente imputabile anch’io”
Solidarietà a Salvini anche da parte del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, all’epoca capo di gabinetto al Viminale. “Mi ha colpito molto questa notizia, anche umanamente e professionalmente. Rivendico l’azione che fu fatta per contrastare l’immigrazione illegale, che non è molto diversa dalle mafie. Se ci fosse una responsabilità morale, mi ritengo imputabile anch’io”, ha dichiarato.
Il contesto politico e il precedente del caso Diciotti
La vicenda Open Arms è stata possibile anche grazie all’autorizzazione a procedere concessa dal Parlamento nel 2020, dopo la fine dell’alleanza di governo tra Lega e Movimento 5 Stelle. In precedenza, infatti, lo stesso Parlamento aveva negato l’autorizzazione per l’analogo caso Diciotti, evitando il processo a Salvini.
Con Open Arms, invece, la richiesta fu accolta dopo che il Tribunale dei Ministri aveva riconosciuto la sussistenza degli estremi di reato, aprendo la strada al rinvio a giudizio richiesto dalla Procura guidata, all’epoca, da Franco Lo Voi.
Prossima tappa: la Cassazione decide il destino del processo
Il caso giudiziario ha seguito un percorso irregolare ma rapido: richiesta di condanna a sei anni, assoluzione a dicembre, e ora il ricorso diretto in Cassazione. La Suprema Corte sarà chiamata a stabilire se davvero “difendere i confini” possa essere considerato lecito anche alla luce del diritto internazionale.
Una decisione che potrebbe chiudere definitivamente uno dei processi più discussi della recente storia italiana — oppure riaprirlo, con nuovi riflessi sulla giustizia, sulla politica e sul governo stesso.