Operaia interinale di 55 anni lasciata a casa dopo un tumore al seno: la denuncia della Cgil nel Milanese

  • Postato il 20 ottobre 2025
  • Lavoro
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Licenziata” pochi mesi dopo l’operazione per un carcinoma al seno, la terapia e il certificato dell’Inps che dà diritto a due ore di permesso al giorno. Quanto capitato a Rosaria Ferro, 55 anni, è potuto succedere perché non era una dipendente dell’azienda per cui lavorava, la Recuperator di Rescaldina (Milano), ma una “somministrata” dall’agenzia interinale. Come si dice nel gergo tecnico, era inviata in “missione” presso l’impresa, specializzata nella produzione di scambiatori di calore. Quindi tecnicamente questo non è il licenziamento di una lavoratrice che sta affrontando le conseguenze di una malattia, ma una interruzione della missione. Il caso è stato denunciato dalla Nidil Cgil Ticino Olona, sindacato di categoria dei lavoratori cosiddetti atipici, quindi i collaboratori, interinali e partite Iva. La donna ha un contratto a tempo indeterminato con l’agenzia di somministrazione, mentre il suo utilizzo presso la Recuperator è durato per 46 mesi, prima di concludersi a inizio settembre di quest’anno, dopo le prescrizioni dell’Inps. L’impresa ha parlato di un calo di lavoro, ma alla Nidil Cgil risultano assunzioni addirittura nello stesso reparto dell’addetta.

Rosaria è separata e ha un un figlio di 18 anni. Il suo impiego presso la Recuperator è iniziato a gennaio 2022, mentre la diagnosi del tumore è arrivata a gennaio del 2025. Il 13 marzo ha subito l’intervento e poi ha portato avanti la radioterapia. Dopo la convalescenza è quindi rientrata in azienda. Racconta di non aver preteso alcun trattamento particolare: una volta ritenuta idonea al lavoro dal medico competente, ha imbracciato nuovamente il trapano e il martello. “Non sto in un angolino”, ha spiegato. Eppure, al termine del contratto, non è stata rinnovata. La Recuperator fa parte del gruppo Carel, che ha ricevuto dal Corriere della Sera e dal portale Statista il riconoscimento “Italy’s Best Employers 2026“, venendo annoverata tra le imprese più apprezzate per la qualità dell’ambiente di lavoro, le opportunità di crescita e il benessere. Il continuo e reiterato ricorso alla somministrazione, anziché all’assunzione diretta, ha però permesso di non rinnovare Rosaria Ferro persino in una situazione come questa. Se fosse stata una loro dipendente, non avrebbero potuto licenziarla per la sopravvenuta malattia, a meno che non avessero dimostrato l’impossibilità di svolgere le sue mansioni e di adibirla ad altre.

Negli ultimi mesi il governo Meloni ha provato a rendere ancora meno rigide le maglie del cosiddetto staff leasing, cioè della somministrazione a tempo indeterminato. La norma era contenuta in un emendamento presentato a fine luglio, poi ritirato ma con promessa di essere riproposto. La Cisl era favorevole; Cgil e Uil hanno invece protestato. Allungando i tempi massimi di utilizzo di lavoratori in somministrazione, purché assunti a tempo indeterminato dall’agenzia interinale, si permette di fatto alle imprese di utilizzare precari – sotto diversa forma – per periodi più lunghi rispetto ai limiti imposti dal decreto Dignità, quindi 24 mesi.

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Il Fatto Quotidiano

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