Ornella Vanoni: «Vi racconto tutti gli uomini della mia vita». L’intervista che rilasciò a Panorama (a 88 anni)

  • Postato il 22 novembre 2025
  • Di Panorama
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Nel 2022 la cantante, a 88 anni, stava per partire con un tour nei teatri. Si confessò, in una intervista esclusiva a con Panorama. Ecco cosa raccontò.
Dall’amicizia con Lucio Dalla e Renato Zero (che le ha composto una canzone), ma anche quella volta che è stata «rimbalzata» da David Bowie. E poi, le sfumature segrete sui suoi due grandi amori: Gino Paoli («all’inizio lui pensava io fossi lesbica e io lo credevo gay») e Giorgio Strehler («quello che mi ha amato di più, ma poi si è trasformato in stalker»).

«Tutti cantano e non si sa perché, tutti ballano, tutti scrivono… In questo tempo dove tutti fanno tutto si è perso il senso della bellezza. È come se ci fosse una frattura tra quelli che di mestiere, e sottolineo di mestiere, fanno gli artisti e quelli che sono artisti, che hanno qualità per essere definiti tali».

Parte forte Ornella Vanoni, oltre sessant’anni di carriera e successi e un tour teatrale in arrivo, Le Donne e la Musica, accompagnata sul palco da cinque eccellenti musiciste: «Il debutto era previsto a inizio novembre, ma sono caduta per strada e mi sono rotta il femore. Quindi le date sono state rinviate a fine mese» racconta. «I marciapiedi di Milano sono un gruviera. Per non parlare poi delle biciclette che viaggiano sul marciapiede, come se la figura del pedone non fosse più prevista» precisa indispettita prima di tuffarsi nel mare magnum dei ricordi di una vita trascorsa sul palco aggirando le paure scatenate da una timidezza cosmica.

«Nei due mesi che hanno preceduto il mio debutto a Milano non ho chiuso occhio. Per non pensare, cantavo per tutta la notte canzoni irlandesi (accenna un vocalizzo, ndr). Arriva il giorno del debutto e in sala c’è tutta la borghesia meneghina con un approccio del tipo «vediamo un po’ che cosa sa fare questa stronzetta». E io lì in scena, tremante, senza un filo di saliva, con un vestitino color polvere che mi aveva regalato Giorgio Strehler. Avrei dato qualsiasi cosa pur di non essere lì… Alla fine, tutto bene, ma è stato come scalare l’Everest» ricorda.

Ne ha visti tanti di debutti eccellenti la signora della canzone italiana, incluso quello di Lucio Dalla a Sanremo nel 1966. «Quando si presentò con una canzone intitolata Pafff… Bum! capii subito che era un genio. Poco dopo andai in Versilia a vedere un suo concerto e gli dissi: “Lucio guarda che tu ti diverti troppo, se non ti metti a fare sul serio non vai da nessuna parte”. Lui apprezzò la sincerità e aggiunse: “Le altre belle, quando mi guardano, si girano dall’altra parte”. Beh, io devo dire che per me Lucio non è mai stato brutto: perché la bellezza oltre che dal fisico viene anche da altre cose».

Questione di feeling, come quello che si instaurò subito con Gino Paoli nella sede di una casa discografica milanese: «Lo vidi passare tutto vestito di nero e lo trovai molto interessante. Iniziai a chiedere chi fosse e mi venne risposto che era un frocio che scriveva canzoni orribili. Pochi istanti dopo entra in una stanza e, suonando malissimo, intona Il cielo in una stanza. Pensai che in fondo non era così male come autore di canzoni… Anche lui mi notò e inizio a chiedere: “Chi è quella rossa vestita di nero?”. Gli dissero che ero un’interprete di canzoni della mala, che portavo sfiga ed ero lesbica. Così, io e Gino ci frequentammo per mesi, io convinta che lui fosse gay e lui certo che io fossi lesbica. Poi, ci siamo innamorati…».

Ma c’è un altro uomo fondamentale nella vita di Ornella Vanoni , quello che ha cambiato i suoi orizzonti, la sua carriera e la sua storia personale: «Giorgio Strehler mi ha inventano come donna, come attrice, come artista. Io ero una ragazza borghese mandata in collegio dalla famiglia per dieci anni. In Francia, Svizzera, Inghilterra. Mia madre aveva forse altre aspettative: io che arrivo a Milano, sposo un miliardario e, da lì in poi, la bella vita in giro per il mondo. Diciamo che ho virato in un’altra direzione…» sottolinea. «Giorgio è stato in assoluto l’uomo che mi ha amato di più, ma da un certo punto in poi io non ce l’ho più fatta a sopportare i suoi vizi. Lui, dopo la fine della nostra storia, mi ha stalkerato per anni sul telefono fisso: “Tu devi tornare con me, dove sei?” mi diceva». Sa raccontare e dare il giusto peso al passato Ornella Vanoni, ma quando si parla di musica volge lo sguardo al presente e al futuro con estrema chiarezza. «Visto e considerato che il cantautorato tradizionale non esiste più, trovo giusto che il Premio Tenco se lo aggiudichi Marracash. Io lo considero un rapper relativo perché in fondo ha un’anima molto rock. In ogni caso è naturale che ottenga dei riconoscimenti importanti perché è un poeta contemporaneo» ribadisce.

Da Sanremo a New York in un turbinio di aneddoti e ricordi che includono anche un incontro con David Bowie a Broadway: «Alla fine degli anni Settanta David decise di mettersi alla prova in teatro interpretando Elephant Man. Dopo lo show andai a trovarlo in camerino e gli dissi: perché non usciamo e andiamo a farci in giro? E lui: “Meglio di no, sono assediato dalle groupie”. In realtà fuori dal teatro non ne ce n’era nemmeno una… Un artista straordinario: il suo ultimo album, Blackstar (in cui senza dirlo esplicitamente fa riferimento alla propria morte, ndr) è stato un atto di coraggio incredibile, un colpo di genio».Ornella si nasce è il titolo di una canzone scritta per lei da Renato Zero, ma possiamo anche dire che Ornella si diventa? «Prima di risponderle mi faccia dire una cosa su Renato: l’ho conosciuto quando non era nessuno. L’ho trovato di una bellezza sconvolgente, un personaggio pasoliniano. Ornella si nasce o si diventa? Io sono nata con qualcosa dentro, con un talento che non riuscivo a esprimere. Strehler ha visto quel talento e mi ha spinto a tirarlo fuori. La nostra relazione fu uno scandalo enorme: avevo vent’anni e lui era sposato e non divorziato, anche se separato formalmente. Alla fine tagliai tutti i rapporti con l’ambiente della borghesia milanese. Vivevo di Giorgio al Piccolo Teatro. Maestro e allieva. Plagiata da Giorgio? Non lo so, ma affascinata di sicuro».

C’ è ancora il tempo per un excursus sulla Milano da bere, gli anni Ottanta e il rapporto con il partito socialista: «Anni in cui tutti credevamo di essere ricchi e felici. Bettino Craxi era un uomo carismatico, un carisma accentuato dal suo modo di parlare, lento con grandi pause. L’ho frequentato, abbiamo anche trascorso una vacanza insieme con la sua famiglia e altri amici. Detto questo, non ho mai voluto entrare in politica, nemmeno quando mi è stato offerto. Nulla ho chiesto e nulla mi è stato dato. Io, questo posso affermarlo con assoluta certezza. Altri non so…».

Autore
Panorama

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