Papa Francesco e lo sforzo per visitare il Congo. Ricordò Attanasio, Iacovacci e Milambo: “Seminatori di pace”
- Postato il 22 aprile 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Un ostinato pellegrino di pace nelle periferie più martoriate e trascurate del mondo. Per questo Papa Francesco aveva insistito e ottenuto – nonostante le già precarie condizioni di salute – di portare a compimento all’inizio del 2023 il viaggio in Repubblica Democratica del Congo e Sud Sudan. Quel Sud Sudan i cui leader hanno poi rinnegato e calpestato il clamoroso gesto di Francesco che, ricevendoli in Vaticano, si era inginocchiato fino a baciare loro i piedi. Quel Congo che – a dispetto delle tante promesse – ancora oggi ha perso la conta dei morti e degli stupri a causa di una guerra infinita per il controllo delle risorse minerarie e che ha bellamente ignorato le sferzanti parole del Papa contro la corruzione che “puzza”.
Un viaggio particolarmente difficile e delicato, dunque. Un viaggio inizialmente previsto dal 2 al 7 luglio 2022, a un anno e mezzo dall’uccisione a Goma dell’ambasciatore italiano Luca Attanasio, del carabiniere Vittorio Iacovacci e dell’autista congolese del Pam, Mustapha Milambo. E proprio nel capoluogo del Nord Kivu Francesco aveva testardamente voluto una tappa, pur essendo una zona estremamente instabile. Erano già iniziati i preparativi nella spianata che avrebbe dovuto ospitare una grande messa, proprio a nord-est della città, dopo l’aeroporto, verso quella route nationale 2 in cui si era tenuta l’imboscata.
Poi tutto era saltato: poco dopo l’annuncio della visita papale, il gruppo armato M23 – che era riapparso da pochi mesi sulla scena ma in modo molto marginale – aveva all’improvviso alzato il tiro. La situazione era divenuta incandescente nella già instabile regione del Nord Kivu. A ciò si erano aggiunti i problemi al ginocchio che rendevano per Francesco sempre più difficili gli spostamenti e di certo Kinshasa, Goma e Juba non erano tappe semplici per lui, anche a livello logistico. Così, il “pellegrinaggio di pace e riconciliazione” era stato annullato. In tanti avevano temuto che non avrebbe più avuto luogo. E invece, ancora una volta a sorpresa, nel dicembre successivo il Vaticano aveva annunciato l’imminente partenza. Con un’unica differenza: la tappa a Goma non era più in calendario. Certamente troppo pericolosa.
Durante il secondo giorno della visita a Kinshasa, il 1 febbraio 2023, papa Francesco aveva voluto ricordare l’esempio di Luca Attanasio, Vittorio Iacovacci e Mustapha Milambo. Mancavano pochi giorni al secondo anniversario della tragica imboscata: nella sede della Nunziatura, durante l’incontro con le vittime di guerra, il Papa aveva lanciato un forte appello alla pace e alla riconciliazione chiedendo che non ci si rassegni alle atrocità dei conflitti. “Oggi – aveva detto – ringrazio e benedico tutti i seminatori di pace che operano nel Paese. Le persone e le istituzioni che si prodigano nell’aiuto e nella lotta per le vittime della violenza, dello sfruttamento e dei disastri naturali, le donne e gli uomini che vengono qui animati dal desiderio di promuovere la dignità della gente. Alcuni – aveva sottolineato – hanno perso la vita mentre servivano la pace, come l’ambasciatore Luca Attanasio, il carabiniere Vittorio Iacovacci e l’autista Mustapha Milambo, assassinati due anni fa nell’Est del Paese. Erano seminatori di speranza e il loro sacrificio non andrà perduto”.
Pochi giorni prima dell’inizio del viaggio papale, Salvatore Attanasio, padre dell’ambasciatore, aveva scritto privatamente a Bergoglio per chiedergli di non dimenticare Luca, Vittorio e Mustapha durante l’imminente viaggio. E così era stato. Non solo: al ritorno, il Papa in persona aveva voluto rispondere alla lettera, con poche ma sentite parole di vicinanza alla famiglia (che qui riportiamo in esclusiva). Una lettera che ora è incorniciata e appesa in casa, in quella che fu la cameretta di Luca.
Ben prima di quello scambio, c’era già stato un incontro privato fra il Papa e i familiari di Luca Attanasio: era il 5 marzo 2022 quando la moglie Zakia Seddiki, con le tre figlie e i genitori Salvatore e Alida erano stati ricevuti a casa Santa Marta. Papà Salvatore ne ha un ricordo commosso: “Era arrivato da solo, nella saletta in cui aspettavamo, camminando col bastone. È stato un incontro fraterno, molto gradevole, lui era affabile, come incontrassimo un parente, un nonno. Aveva un pacchetto di cioccolatini per ciascuna delle bimbe. Ci ha detto che l’Italia ha tre fortune che altri paesi non hanno: il volontariato, gli oratori e i nonni, presenti nella crescita dei bambini come supporto ai genitori”.
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