Paris, Texas: un road movie senza tempo
- Postato il 8 luglio 2025
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Il Quotidiano del Sud
Paris, Texas: un road movie senza tempo
Un road movie senza tempo Paris, Texas; ma anche “il film più calmo, più sobrio che Wim Wenders abbia mai diretto”
Per lo scrittore e regista francese Emmanuel Carrère Paris, Texas è “il film più calmo, più sobrio che Wim Wenders abbia mai diretto”. Sicuramente è l’opera che ha definitivamente consacrato il regista tedesco tra i grandi autori del cinema mondiale, vincendo la Palma d’oro a Cannes come miglior film nel 1984. Chi ha avuto la fortuna di ri/vederlo nella nuova, smagliante versione distribuita dalla Cineteca di Bologna in occasione del quarantesimo anniversario dalla sua uscita, non potrà che dargli ragione.
L’ultimo film del periodo americano di Wenders, scritto dal drammaturgo Sam Shepard, è un road movie libero e disperato, un omaggio ai luoghi del western, una rilettura umanissima dei generi hollywoodiani. All’epoca, Wenders è già un regista affermato con alle spalle film come Alice nelle città, Falso movimento, Nel corso del tempo, Lo stato delle cose. Con Paris, Texas prova a realizzare due desideri: affermarsi come regista di fama internazionale e rendere omaggio all’America, alla sua periferia, attraverso la sua sensibilità europea.
Il lungometraggio inizia con Walt che riceve una strana telefonata: lo informano che suo fratello maggiore Travis, dato per scomparso da quattro anni, si trova in stato confusionale in un piccolo ospedale di un paesino del Texas del Sud. Parte per riportarlo a casa ma lo trova chiuso in un mutismo assoluto. Durante il lungo viaggio di ritorno Travis ritrova finalmente la parola e dice di aver comprato anni prima un lotto di terreno a Paris in Texas, luogo dove la madre gli rivelò di essere stato concepito. Giunti a casa di Walt, Travis incontra suo figlio Hunter, ormai di otto anni: il piccolo, nonostante chiami mamma e papà i suoi zii, sa bene chi sia il suo vero genitore.
Dopo aver scoperto dove potrebbe risiedere la mamma del bambino, anch’essa sparita da quella notte di quattro anni prima, Travis decide di condurre Hunter con sé alla ricerca della donna. Un padre che invecchia sotto il cappello da baseball e un figlio bambino attraversano, dunque, il Texas su un pick-up, in cerca di una moglie e mamma perduta. Parlano di teoria del big bang e del perché lei se ne sia andata. L’uomo, che aveva chiuso nel silenzio colpe e sconfitte, riscopre la parola e il senso delle relazioni umane. Li riscopre così bene che quando infine trovano la donna, in una specie di sex club dove le ragazze parlano ai clienti attraverso un vetro, senza vederli, Travis nascondendo la sua identità le racconta una storia, la loro storia d’amore.
Paris, Texas è una potente dichiarazione sulla scoperta di sé, sulla perdita, sulla redenzione e sui legami indissolubili dell’amore; un viaggio geografico ma anche interiore alla scoperta della solitudine, dell’abbandono, del perdono, della redenzione. Un film in cui, come dice lo stesso Wenders, tutto si incastra alla perfezione contribuendo a renderlo un capolavoro fuori dal tempo: Sam Shepard, all’epoca, era lo scrittore più quotato in America; il direttore della fotografia Robby Müller era al culmine della sua arte, capace di raccontare la disillusione, il fallimento del sogno americano attraverso i colori e le immagini; Ry Cooder era già una leggenda vivente, e anche se Paris, Texas è stata praticamente la sua prima colonna sonora, non si può pensare al film senza la musica, né alla musica senza il film.
Per non dire delle straordinarie interpretazioni dei protagonisti: Harry Dean Stanton, una vera rivelazione nel suo primo ruolo da protagonista, e Nastassja Kinski che il caschetto biondo ed il vestito in mohair color cremisi hanno trasformato in una superba ed indimenticabile icona pop.
Il Quotidiano del Sud.
Paris, Texas: un road movie senza tempo